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Principi della luce, denaro e Vaticano S. p. A.

Libro davvero interessante questo “Vaticano S.p.A.”: leggere per credere (www.chiarelettere.it).

Prima di passare alla recensione mi sembra giusto sottolineare che “questo non è un libro contro il Vaticano; è un libro che racconta fatti commessi da uomini che hanno goduto di fiducia mal riposta. Nella prima parte si ricostruisce la gestione delle finanze vaticane a partire dalle carte segrete di monsignor Renato Nardozzi (1922-2003). Nella seconda parte del libro si raccontano spregiudicate operazioni finanziarie (con fatti e testimonianze inedite) che avrebbero portato monsignori e prelati a sostenere la nascita di un grande partito di centro dopo la caduta della Democrazia cristiana, e perfino a riciclare i soldi della mafia” (Prefazione). Infatti lo IOR ha funzionato e può funzionare anche da “lavatrice di denaro sporco” e non dimentichiamo poi i “finanziamenti al sindacato Solidarnosc e ai regimi totalitari sudamericani” (p. 255).

Forse il giornalista Gianluigi Nuzzi è riuscito a scrivere uno dei libri più pericolosi per i delicati equilibri della penisola italiana. Basta questo dato per farvi capire l’entità e l’importanza della cosa: “gli accrediti sul conto (di monsignor de Bonis presso la Banca Vaticana), sono in crescendo fino a quando Tangentopoli non assume rilievo nazionale. Dal 14 luglio 1987 a fine 1988 vengono accreditati 2,5 miliardi in contanti, nel biennio 1989-90 la cifra quadruplica schizzando a quasi 10 miliardi, mentre nel solo 1991 vengono depositati altri 9,3 miliardi in contanti. Nel 1992 c’è un crollo delle operazioni: poco più di 4 miliardi in banconote. I liquidi non arrivano più allo IOR” (Gianluigi Nuzzi, p. 43). Naturalmente “Il Vaticano non restituirà mai nulla del denaro trovato sui conti o dei soldi attribuiti a Donato de Bonis. Soltanto una modesta percentuale delle tangenti viene recuperata (p. 136). Questo è avvenuto perché i Patti Lateranensi e gli accordi con lo Stato italiano garantiscono la piena immunità alle alte cariche dello Stato del Vaticano. Oltretutto, a quanto pare, il sistema offshore di monsignor Donato de Bonis si alimentava anche dei soldi lasciati dai fedeli durante le Messe in memoria dei defunti (p. 58) e, talvolta, delle eredità di facoltosi cattolici lasciate con la clausola della devoluzione in opere di beneficienza (p. 62).

Alla luce di questi fatti e di molti precedenti accadimenti, si potrebbe comprendere l’altrimenti inspiegabile morte prematura di Giovanni Paolo I, il 29 settembre 1978, dopo soli 33 giorni di pontificato. Anche se il referto ufficiale parla di arresto cardiaco alcuni storici affermano che potrebbe essere stato avvelenato poiché ci sono sostanze in grado di dare questo tipo di morte senza lasciare tracce sospette (David A. Yallop, In nome di Dio. La morte di papa Luciani, Tullio Pironti Editore, Napoli, 1997). Anche la rocambolesca morte sotto il ponte di Roberto Calvi a Londra nel 1982 e quella da film d’autore di Michele Sindona, avvelenato in carcere nel 1986, sono indiscutibilmente intrecciate a tutta questa vicenda dei conti e dei “principi della luce” vaticani.

Certo che S. Pietro aveva capito tutto quando ha affermato che la carità copre una moltitudine di peccati (Prima lettera di S. Pietro, capitolo 4.8). In questo modo molte persone possono pensare di potersela cavare nell’aldilà, con i soldi goduti o sottratti nell’aldiquà. Comunque secondo me Donato de Bonis ha colto lo spirito dei tempi quando ha affermato che “La Chiesa deve scegliere: o sta con san Francesco (e Gesù) o col business” (p. 37). E invece ora il Papa è l’unico sovrano che elegge il proprio Parlamento (insieme al sultano del Brunei) ed è l’uomo più ricco del mondo. O almeno lo è a livello immobiliare, dato che possiede innumerevoli edifici, terreni e attività varie (ospizi, ospedali, istituzioni sociali, ecc.), in tutti i continenti del mondo, dall’Europa all’Oceania.

P.S. – La Chiesa sta divenendo per molti l’ostacolo principale alla fede. Non riescono più a vedere in essa altro che l’ambizione umana al potere (Joseph Ratzinger nel 1977, quando non era Papa).

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