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Pressione fiscale al 45%, Iva al 23%. Cos’altro ci attende?

Le tasse stanno strozzando sempre più il ceto produttivo del Paese. Si prospetta anche l'aumento dell'Iva ad ottobre che ridurrà ancor di più i già flebili consumi

Se dalle parole di molti ministri sentiamo spesso dire che “eravamo (?) ad un passo dal fallimento” o che “stiamo tenendo i conti in ordine”, potremmo tranquillamente rispondergli che stanno prendendo un grande abbaglio. E’ vero, il temutissimo spread sta lentamente tornando su dei livelli più accettabili e non quelli spaventosi del periodo agosto-ottobre, ma non è il solo indicatore della situazione economica di un determinato Paese. Da ricordare che la pressione fiscale per l’anno corrente è attesa intorno al 45%, e farà sentire tutti i suoi effetti con l’arrivo dell’Imu. Questo potrebbe inoltre essere uno dei mali minori, visto che a ottobre non è affatto escluso un ulteriore aumento dell’Iva al 23%, ed aumentarla di 3 punti percentuali in un anno significherà dare il colpo di grazia ai consumi, che inevitabilmente si contrarranno ancor di più.

Non bisogna allora affatto meravigliarsi allora che la CGIA di Mestre pubblichi delle relazioni le quali riportano che, nel solo 2011, è stato toccato il record, tutt’altro che positivo, del numero di aziende che hanno chiuso per fallimento: 11mila piccoli imprenditori hanno dovuto portare i libri contabili in tribunale, di cui 2.600 nella sola Lombardia, ed oltre un migliaio sia nel Lazio (1215) che in Veneto (1122), come in Campania (1008). Di conseguenza, oltre ai titolari delle ditte, anche migliaia e migliaia (si stima intorno ai 50mila) di lavoratori si son trovati senza stipendio.

E non mi venga a scrivere sulle pagine del Corriere Pietro Ichino, pensando di lanciare una notizia bomba, sul fatto che in Italia vi è poco lavoro specializzato e molte persone ignorano questo dato, che potrebbe, sempre secondo il senatore, rilanciare l’occupazione italiana. Sono sempre più numerosi coloro che si prestano a corsi di formazione, specializzazioni varie e dedicano tanto tempo alla ricerca di un lavoro per il quale ritengono di avere i requisiti necessari. Ma fino a quando ci sarà questa congiuntura sfavorevole, unita ad una visione di brevissimo raggio di una classe dirigenziale che pensa di tenere il saldo statale attivo solo al prezzo di nuove imposte è normalissimo che si allarghi sempre più la schiera dei disoccupati.

Favorendo sempre più la delocalizzazione delle imprese, non facendo nulla per impedire una fuga dei talenti diventata ormai inarrestabile, non aprirsi alle nuove frontiere, in particolare delle energie rinnovabili e del web, ovvero i due settori che hanno fatto registrare i migliori progressi in termini di investimento; senza operare qualche taglio di spesa superflua e applicando una patrimoniale che ha del ridicolo, è assolutamente ovvio che questo sistema sarà destinato a fare harakiri, e che come dice un mio caro amico, nonché maestro di vita, non si assisterà più allo scippo della borsetta bensì allo scippo della borsa alimentare.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.189) 14 aprile 2012 22:55

    non si puo’ creare sviluppo sulla martoriata italia,perche’ in 40 anni di manovre e finanziarie e con l’entrata dell’euro siamo sulla soglia della poverta’gli stipendi da terzo mondo riconosciuti da tutti hanno messo in ginocchio i dipendenti e pensionati,invece l’ottimismo di monti e del ministro terzi che ha detto che adesso l’italia E UN PAESE CHE ATTIRA GLI INVESTITORI,ma chi viene a investire in italia con una pressione fiscale da regime feudale??’ Non ha visto lui e i suoi professori che molte aziende o sono andati in serbia chi in albania pur di sfuggire alle cesoie del fisco e delle tasse,e che sono propio queste che impediscono lo sviluppo ??

    No secondo me ci stanno prendendo in giro ,non era meglio dire ai signori europei guardate che io i miei connazzionali non posso tassarli di piu’,perche’ gia’ stanno pagando a furia di accise sulla benzina e quant’altro!!!

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