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 Home page > Tribuna Libera > Precari, concorsi e insegnanti cui nessuno insegna ad insegnare

Precari, concorsi e insegnanti cui nessuno insegna ad insegnare

Le cattedre, in futuro, dovrebbero essere assegnate solo per concorso, ha detto il ministro Profumo, nel corso di un’intervista rilasciata alla Repubblica. 

L’affermazione ha subito scatenato le reazioni di chi teme che così verrebbero a perdere i meriti fin qui accumulati, i precari che in questi anni si sono fatti carico di mandare avanti le nostre scuole; sono insorti i sindacati, insomma, e a loro, nell’affermare che “con Monti nulla è cambiato” si sono aggiunti gli studenti.

Che i ragazzi non si curino di precisare dove andrebbero recuperate le risorse per “finanziamenti per scuole, università, edilizia scolastica e diritto allo studio" è cosa assolutamente lecita, che non lo facciano neppure i sindacalisti, incapaci di individuare una sola area di spreco dentro il pubblico dove fare dei tagli per reperire i fondi da investire in istruzione, fa sorridere, seppure amaramente. Dovrebbe far infuriare, invece, chiunque abbia ancora un minimo di buonsenso, il fatto che neppure una parola sia spesa, tanto dal ministro sostenitore dei concorsi quanto da chi vorrebbe il rispetto delle graduatorie esistenti, sulla capacità dei nostri insegnanti, comunque siano stati assunti, di fare il loro mestiere.

Una capacità, o meglio un’incapacità, che trova puntuale riscontro nei risultati dei test internazionali, che ritraggono la nostra scuola come mediocre al nord e assai scarsa nel meridione, o, se non vi fidate di queste cose, che si può verificare ascoltando i nostri ragazzi massacrare l’inglese e costatare leggendo le righe sgrammaticate d’universitari, e ne conosco personalmente più d’uno, che sono passati attraverso la scuola superiore senza aver imparato neppure l’italiano. Non sto mettendo in dubbio la conoscenza che i nostri docenti hanno degli argomenti che sono chiamati ad insegnare (anche se sentire la lingua di Shakespeare sulla bocca d’alcuni professori d’inglese, per continuare con l’esempio dell’unica materia in cui ho una certa comeptenza, fa cedere le braccia ed altro), intendiamoci, quanto la loro perizia nel farlo.

Una perizia che nessuno verifica prima di affidare ad un laureato, magari con voti brillantissimi, una classe. Nessuno si sognerebbe di far riparare il proprio water ad un idraulico che non abbia completato un lungo tirocinio, come nessuno porterebbe la propria automobile da un meccanico che aprisse una propria officina senza prima aver lavorato a lungo alle dipendenza di un suo collega più esperto. Sono considerazioni che facciamo per qualunque mestiere, ma pare che insegnare sia diverso; un'attività più ordinaria, banale, che sistemare un tubo di scarico o regolare un’iniezione: basta procurarsi una laurea e si è pronti ad esercitarla.

Non la pensano così in Finlandia, paese i cui studenti si dimostrano da sempre tra i più preparati al mondo; da quelle parti, prima di vedersi assegnata una cattedra bisogna fare sei anni d’apprendistato, affiancando gli insegnati considerati più competenti.

Una questione secondaria? Sarà, ma contrariamente a Mimmo Pantaleo, segretario generale Flc Cgil, che ritiene che la priorità sia quella di “risolvere la situazione dei duecentomila docenti già in graduatoria che sono precari da anni”, resto convinto che la scuola non abbia come compito primario quello di fornire posti di lavoro, a vincitori di concorso o primi in graduatoria, ma quello di dare ai giovani gli strumenti indispensabili per essere, domani, cittadini, a tutti gli effetti.

Un compito che ben difficilmente potrà assolvere bene se, come oggi, nessuno si cura che gli insegnanti, prima d’ogni altra cosa, sappiano insegnare.

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