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Piove sul Monte dei Paschi

Crisi del Monte Dei paschi di Siena.

“L'intervento del governo potrebbe garantire l'autonomia del gruppo scongiurando aggregazioni e soprattutto lascerebbe la direzione dell'Istituto a Siena. Un'azienda con 300 filiali, 30 mila dipendenti e con più di 600 anni di storia, essenziale per l'economia della Toscana, non può finire così”, questo l’appello di Enrico Rossi, Governatore della Toscana.

Ma è condivisibile?

Governatore Rossi: prima di chiedere aiuto sarebbe opportuno fare chiarezza. Se 30.000 posti di lavoro (che in realtà sono poco più di 20.000), 300 filiali e 600 anni di storia rischiano di svanire, la colpa non è del lupo capitalista perché, con tutti i suoi difetti, il capitalismo non ha niente a che vedere con questo disastro.

La colpa, questa volta, è di cappuccetto rosso.

Le colpe del partito politico che ha condizionato la gestione del MPS non possono ricadere sulle spalle dei contribuenti e comunque non prima di una serena ammissione di responsabilità.

Si potrebbe sostenere che dei danni provocati dal partito di cui fa parte il presidente Rossi se ne dovrebbe far carico il PD. Se ciò non è possibile, e se il danno deve ricadere su tutti, sarebbe quantomeno auspicabile che uno dei responsabili del danno, prima di chiedere aiuto, avesse il coraggio di riconoscere le proprie colpe

In un mondo in cui il comunismo non esiste più e senza arrivare agli accessi di cui godeva nel comunismo reale sia maoista che sovietico, un po' di sana autocritica non sarebbe sgradita. Prima di chiedere aiuto alle istituzioni si abbia il coraggio di riconoscere i propri errori, analizzare e riconoscere pubblicamente che la causa del disastro è da attribuire alla dottrina politica o alla linea del partito a cui si appartiene, partito che ha dolosamente tentato di trarre vantaggi dall’uso politico di un grande attore economico, mettendo in difficoltà prima di tutto la Toscana, e poi l’economia dell’Italia intera.

Lo Stato è già intervenuto in sostegno di MPS, ma evidentemente il danno era troppo grande; il recente crollo di borsa della quotazione del titolo sembra dimostrare che il mercato non si fida di MPS.

Ma allora è necessario che la politica faccia un ulteriore passo indietro e lasci che la banca subisca il ridimensionamento che il mercato le impone e che inizi ad operare sul mercato come una qualsiasi azienda, secondo le regole della buona gestione finalizzate al mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario della banca, e non come organo di partito.

Prima della richiesta dell’ennesimo aiuto di Stato per il MPS, da parte del governatore avremmo gradito ascoltare una critica rivolta a sé stesso, al proprio operato, del proprio partito e dei propri compagni. Il perdono comporta quanto meno una confessione, un “mea culpa” con relativa riflessione sulle cause del disastro. L’aver trascinato sull’orlo del fallimento il MPS non è cosa da poco. Un riconoscimento degli errori e delle deviazioni, una riflessione personale approfondita, sarebbero doverose.

Altrimenti la richiesta perde di autorevolezza, diventa squallida.

A livello di una richiesta d’elemosina.

 

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