• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Società > Perché ci piacciono tanto le teorie del complotto?

Perché ci piacciono tanto le teorie del complotto?

E’ tornata la strategia della tensione. Il terremoto in Emilia è stato causato dalle trivellazioni. La crisi economica è stata pianificata a tavolino dal gruppo Bilderberg.

Queste affermazioni rimbalzate da un sito all’altro come un tam tam senza sosta, sono solo le più recenti ipotesi complottiste, che si sono affiancate alle notizie di cronaca ed agli approfondimenti nei vari media. Dopo l’attentato di Brindisi in tanti nel web (e non solo) si sono abbandonati a veloci conclusioni, rievocando episodi passati, denunciando il ritorno dello stragismo, puntando il dito contro quello e quell’altro ed annunciando persino l’approvazione di leggi speciali.

Non è la prima volta che un evento eclatante e tragico provoca reazioni emotive di questo genere, le quali a loro volta si trasformano in teorie che precedono l’osservazione dei fatti. Lo stesso si è ripetuto in questi giorni con il terremoto che ha colpito l’Emilia, che ha provocato devastazioni, 350 feriti e 17 morti oltre a tante, tantissime polemiche. Insieme alle polemiche è partita una caccia al colpevole sfociata nella diffusione delle teorie sul fracking, l’ultimo grido della facile dietrologia.

Il tratto comune di queste ipotesi a caldo è la domanda che sta alla base: “A chi conviene quello che sta accadendo?”. Nel caso di Brindisi, quando non si sapeva ancora bene cosa stesse accadendo (quanti ordigni, quanti morti, quanti feriti, quale è stata la dinamica e così via), già ci si chiedeva chi c’era dietro.

Il “cui prodest?” (a chi giova un determinato fatto), è il punto cardine della dietrologia, intesa come l’analisi che tende alla ricerca di motivazioni nascoste e che parte dal presupposto che i vari accadimenti abbiano come causa ultima una cospirazione o un complotto o comunque siamo riconducibili alla volontà di un individuo o un gruppo di individui che perseguono razionalmente i propri fini rimanendo volutamente nell’ombra.

E’ un approccio che piace e che, perciò, vende. Ha però diversi limiti, due dei quali palesi:

  • Il primo è che partire dalla domanda “a chi giova” presuppone che gli avvenimenti siano tutti causati dall’azione umana e per di più da un’azione umana razionale. Vengono quindi escluse tutte le altre forme di comportamento umano osservabili oltre a quelli razionali, come i comportamenti affettivi, quelli tradizionali o quelli orientati ai valori e non ad un obiettivo da raggiungere.
  • Il secondo grande limite dell’approccio dietrologico è quello di considerare il segreto sempre come qualcosa di voluto da chi compie l’azione, escludendo tutti gli altri casi in cui il segreto è dovuto ad altro, come il segreto d’ufficio, la protezione della privacy, per non parlare di tutti quei casi nei quali determinate informazioni non sono state tenute segrete, ma chi era tenuto a trovarle e fornirle non ne è stato capace, oppure quei casi in cui una data notizie non è stata divulgata perché ritenuta, a ragione o a torto, non rilevante per l’opinione pubblica, senza che per questo ci fosse alcun intento malevolo.

La tendenza al complottismo, può essere, poi, vista da due prospettive: la tendenza a dare spiegazioni di questo tipo e la tendenza a credere a teorie di questo tipo. Nel primo caso, minore è la consapevolezza dei metodi utilizzati da chi, per ruolo, deve dare spiegazioni all’opinione pubblica (cronisti, giornalisti, uomini di cultura a vario titolo), maggiore è la tentazione di ripiegare su un approccio dietrologico che tutto spiega e tutti accontenta. Nel secondo caso, quello relativo all’opinione pubblica, la domanda è ancor più stimolante. Perché la dietrologia piace? Cosa spinge i fruitori di informazioni a credere alle teorie del complotto?

Una spiegazione plausibile viene dal mondo della psicologia. L’approccio dietrologico ha diversi aspetti in comune con quella forma di pensiero primitivo chiamata anche “pensiero magico”: la tendenza ad ingrandire la portata di azioni e avvenimenti, l’interpretazione arbitraria delle relazioni tra individui e gruppi e la sopravvalutazione di coincidenze e somiglianze.

Il pensiero magico è una delle strutture mentali, insieme al pensiero razionale, presenti della mente adulta dell’individuo, la cui peculiarità è quella di far percepire una relazione tra fenomeni inesistente e non reale. Si tratta di un pensiero predominante nell’infanzia, ma ha anche delle funzioni che ne giustificano la presenza in età adulta: viene infatti avviato in particolari condizioni in cui il pensiero logico non ha a disposizione tutti i dati necessari per operare. In una situazione di incertezza ed in un contesto dove prevale la mancanza di informazioni come potrebbe essere considerato anche il sistema sociale attuale, è quindi naturale che ci si affidi al pensiero magico e quindi alla dietrologia, che compensa la frustrazione del gap tra quello che si sa e quello che si vorrebbe sapere.

Oltre alla prevalenza del pensiero magico nelle persone in situazioni di difficoltà ed elevata incertezza, uno studio condotto da Ted Geortzel e pubblicato nel 1994 sulla rivista Political Psychology mostra come la tendenza a credere alla cospirazione è correlata a fattori quali l’anomia, intesa come la situazione in cui le norme sociali risultano inadeguate o inefficaci (e dove l’individuo è colpito da forte alienazione e disaffezione dal sistema), la mancanza di fiducia tra gli individui e l’incertezza per il proprio futuro lavorativo. La ricerca mostra anche come l’appartenenza ad un gruppo minoritario ed in minor misura la giovane età siano condizioni che influenzano la tendenza a credere delle teorie del complotto, mentre pare che non siano rilevanti in questo senso il sesso, il livello di formazione e quello occupazionale.

La credenza delle teorie del complotto era alla base del pensiero anti-semita e dei regimi autoritari, ma nel mondo della ricerca non si è andati oltre alle evidenze storiche e non ci sono teorizzazioni e analisi psico-sociali sul tema. Date queste mancanze gli studi finora condotti avevano come obiettivo solo quello di indagare l’esistenza di una tendenza generalizzata a credere nella dietrologia. I risultati sostengono con forza l’ipotesi che la dietrologia sia una dimensione ideologica generalizzata.

Lo studioso Volkan suggerisce che durante periodi di insicurezza e scontentezza le persone spesso necessitano di un nemico tangibile verso il quale esternalizzare i propri sentimenti di rabbia. Le teorie del complotto forniscono in questi casi un parafulmine sul quale scaricare frustrazione e un nemico al quale imputare tutti quei problemi che sarebbero altrimenti percepiti come inspiegabili ed astratti.

Non tutte le teorie del complotto, comunque, sono false. Diverse teorie hanno trovato conferme fattuali, come ad esempio il caso del Watergate citato dello studio di Goertzel ed un pensatore dietrologico ma aperto al confronto sarà pronto ad abbandonare una teoria del complotto in mancanza di prove chiare, invece di rispondere con un copione ideologico. Il pensatore “monologico”, secondo i risultati della ricerca americana, tenderà invece a portare la stessa spiegazione per ogni evento (è colpa degli ebrei, dei comunisti, dell’establishment, dei banchieri internazionali etc) nonché le stesse prove come valide per tutti gli eventi.

La tendenza alla ricerca delle verità nascoste, alla risoluzione dei misteri, getta fumo verso la semplice constatazione che un’informazione di qualità si basa sulla conoscenza di fatti osservabili, sistemi studiabili e contesti comprensibili attraverso fonti di mediamente facile accesso e metodi sperimentati ed ancora validi.

Diversi scritti recenti, tra il quali uno studio dell’associazione RENA sulla mancanza di dati statistici validi nell’informazione italiana, hanno messo in risalto come il contesto italiano sia un contesto informativo non sufficientemente scientifico, dove il lettore medio non è in grado di valutare velocemente la plausibilità di una stima, la verosimiglianza di una notizia e quindi di scansare le bufale.

Tale terreno risulta particolarmente fertile per i semi della dietrologia, se poi si tengono in conto il momento di crisi, la frammentazione dell’informazione e il generale clima di incertezza, la frittata è fatta! Un tappeto rosso alle scie chimiche, all’HAARP e a tutte le commissioni trilaterali del mondo!

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares