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Per alcuni tutto è come sembra

Si sa che il sabato è per eccellenza il giorno dei negozianti, che spremono il via vai del weekend per rifinire l'andamento settimanale delle proprie casse. E sabato scorso è stato un successone. Tant'è che verso l'ora di chiusura, senza attendere la riapertura del lunedì, molti punti vendita hanno dato vita ad una trovata degna delle più esperte arti commerciali: in saldo nientepopodimenoche il costume da "esperto di piazza". Con circa cinque mesi d'anticipo sul calendario. 

Ed è qui che si esplica l'estrosità di chi ha la stoffa per gli affari. Decine e decine di acquirenti hanno intasato le casse e costretto le povere commesse a qualche ora di straordinario. I clienti dal canto loro bramavano di poter sfoggiare l'acquisto per cena e per la passeggiata della domenica. E così è stato.

In questi giorni abbiamo assistito ad un sold-out senza scampo di salotti, tribune, antibagni e camere da letto in cui ognuno con orgoglio, esperienza e competenza esibiva la nuova tenuta senza considerare che i suoi interlocutori, addobbati in egual maniera, toglievano loro l'originalità della mise.

Il consumismo compulsivo offusca le menti e disorienta chi, proprio quel sabato, aveva optato per la passeggiata delle passeggiate. Ci siamo ritrovati di fronte a signori che, sciogliendo lo zucchero nel the col cucchiaino, spiegavano dall'alto dei loro sgabelli come ci si debba comportare in talune circostanze a giovani affannati per la camminata appena conclusa; a personaggi ornati di tutto punto che, mescolando le carte, si lanciavano in approfondite analisi tra una mano e l'altra; a gentiluomini che, guardando alcune facce segnate dal giretto capitolino, supponevano come migliore questo comportamento piuttosto che quello.

Qualche ragazzo avrebbe voluto spiegare loro, con pallottoliere alla mano, che per la legge dei grandi numeri se 100-120 mila persone (facciamo di più? di meno? fate voi) si incontrano nello stesso luogo alla stessa ora diventa alquanto arduo mettere d'accordo tutti e coordinarsi (nell'ipotesi più positiva, e cioè quella in cui si voglia remare tutti nella stessa direzione).

Aggiungiamoci che all'improvviso (neanche tanto, per lo meno non per tutti) alcune di queste persone siano state avvicinate da individui decisi ad anticipare la festa di Halloween e, di nero vestiti, (con tanto di casco e scopa befaneschi) si siano fatti largo tra la folla per iniziare la trafila dei "dolcetto o scherzetto". Non avranno voluto, quei signori impegnati in giochi da tavolo, che ci si fosse impegnati nel rovinargli la festa, costringendoli a pazientare altre due settimane (i temerari che ci hanno provato, onore a loro, probabilmente hanno chiuso la giornata con una controllatina dal medico). Metteteci pure che qualche travestito in fondo in fondo schifasse la festa di Ognissanti, non capendo perché si sarebbe dovuta festeggiare così in anticipo, ma veniva convinto a parteciparvi in cambio di un sacchetto pieno di caramelle.

Qualche ragazzo a questo punto si sarebbe potuto anche impegnare, insieme alle mamme con le carrozzine, agli anziani e alle famiglie, nel proseguire con la scampagnata tanto attesa ma la sua forza non sarebbe riuscita ad abbattere la loro forza. Come quando si giocava a pallone in cortile e c'era sempre un bambino che alzava troppo le gambe e allargava troppo i gomiti: non bastava gridargli "tu non giochi più" o "vai via dalla nostra partita" perché con un carattere così impertinente spesso le minacce e le parole non bastavano; bisognava mettersi al suo livello e allontanarlo in modo altrettanto scortese (con il rischio non tanto velato di diventare un suo simile agli occhi degli altri amichetti). E nel peggiore dei casi riusciva a trovare qualcuno che, affascinato dalla sua slealtà e dal suo coraggio nell'"uno contro tutti" si metteva dalla sua parte ingarbugliando la partita e i rapporti. Chi si trovava di fronte a questi fatti per la prima volta, o non ne era troppo abituato, esternava la sua perplessità (magari con le femminucce o di nascosto). Le regole del gioco del pallone le si doveva imparare sul campo, sporcandosi (non solo) le ginocchia.

Sabato qualche ragazzo avrebbe voluto spiegare ai suoi sapienti interlocutori che gareggiavano per sbraitare più forte possibile nel suo auricolare, che le dinamiche di piazza sono sì complesse e articolate ma sono altrettanto compensibili e decifrabili se le si vive in prima persona, se qualche partita a pallone l'hai giocata, se qualche volta le ginocchia (e non solo) te le sei sbucciate.

Avrebbe voluto spiegare loro che le leggi della strada, delle contestazioni, del disappunto, della rivolta non hanno niente a che fare con quelle del mescolamento dello zucchero nel the o del gioco delle carte.

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