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Pentagono e Disordini interni

Il dipartimento della Difesa americana è da tempo impegnato in un processo di ripensamento strategico per fronteggiare le nuove sfide che l’11 settembre ha reso non più eludibili.

 

La mole di studi è davvero impressionante. Di recente Nathan Freier (professore di Strategia ed ex tenente colonnello in pensione) ha scritto un saggio, Known Unknowns, per uno dei centri di ricerca geostrategiche più influenti d’America[i], in cui afferma chiaramente alcuni concetti controversi da tempo discussi nei corridoi di Washington.

L’ ex colonnello richiama l’attenzione su due macro errori nella pianificazione strategica.

Il primo riguarda la poca immaginazione, che comporta l’impossibilità della prevenzione e l’incapacità di organizzare preventivamente un’adeguata risposta.

Il secondo, l’errata enfasi su minacce intenzionali, portate volontariamente da qualcuno, invece di focalizzarsi su quelle contestuali che emergono dall’ambiente, senza un ben preciso disegno soggiacente.

Il colonnello tra le altre cose afferma chiaramente la necessità per il Dipertimento della Difesa di preparsi ad un possibile uso della forza su suolo Americano, qualora le autorità locali, nazionali o federali si dimostrassero incapaci di ristabilire l’ordine in presenza di «disordini interni», che potrebbero essere causati dall’impiego deliberato d’armi di distruzione di massa, da un imprevedibile collasso economico, dal venir meno dell’ordine politico o legale, da una volontaria insorgenza della popolazione, da emergenze sanitarie o catastrofi naturali. Il Dipartimento della Difesa, per l’autore, dovrebbe, nel caso, riempire il vuoto di potere.

 


[i] Strategic Studies Institute dell’ United States Army War College (http://www.carlisle.army.mil/), la più antica delle accademie militari statunitensi, attualmente frequentata da militari già affermati (l’età media degli alunni è di 45 anni)

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