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PdL, in nome dell’unità la Brambilla spacca Lecco e fa rinviare il congresso


Il 4 marzo a Lecco non ci sarà il previsto congresso del Popolo delle Libertà. Da Roma è arrivata una lettera, chiara, inequivocabile, senza appello: quel congresso non si ha da fare. Non in quel giorno, almeno. Tutto, infatti, viene rimandato di una settimana. Ma come mai? Cosa è successo?

Ecco la situazione. A Lecco il partito, come un po’ in tutta Italia, è profondamente diviso nelle sue anime essenziali: gli ex di An e gli ex di Forza Italia. Da una parte c’è Michela Brambilla, ex Ministro del governo Berlusconi, che voleva a tutti i costi arrivare ad una lista unica al congresso ma che, nei fatti, si è rivelato un percorso pieno di troppi ostacoli. Dall’altra parte gli ex di Alleanza Nazionale e CL.

Capita l’impossibilità di non riuscire ad arrivare ad una lista unica, e soprattutto vista la prevedibile sconfitta nella “conta” dei voti, la Brambilla avrebbe fatto pressioni a Roma per ottenere una settimana di tempo extra. I sostenitori dell’ex Ministro sostengono che è stata l’altra parte a far saltare un accordo (quasi) già raggiunto, e ribadiscono la necessità di una “unità del partito, necessaria per dare risposte agli elettori”.

Ma l’unità del partito, cara Brambilla, non si cerca imponendo una lista unica o un candidato unico. E soprattutto non si rende un partito unito, sul territorio, facendo pressioni a Roma. E se è vera la voce di un probabile commissariamento allora la situazione potrebbe seriamente precipitare.

Accordo o meno sulla lista unica, il rinvio del congresso è inconcepibile. E’ un po’ come se durante una partita di calcio, sul più bello, una delle due squadra portasse via il pallone. A questo punto tanto valeva spostare il congresso a Bettolle. Non si fa.

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