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P3. Un pogrom come quello subito da chi condusse l’inchiesta Why Not?

Ieri è toccato a Verdini, oggi a Dell’Utri. Accelerazione estiva delle inchieste prima della pausa estiva? Oppure mutato clima politico? E intanto è sempre più evidente l’intreccio fra la cosiddetta P3 e le inchieste sia sui Grandi Eventi che sugli appalti legati al terremoto in Abruzzo. Se osserviamo con attenzione i movimenti e il clima interni alla maggioranza di governo e parlamentare, con i finiani che non sembrano più essere disposti a fare sconti a Berlusconi e a suoi e con la Lega che non sembra più disposta a posticipare “il saldo” che ritiene esserle dovuto dalla “fedeltà” all’uomo dei miracoli, diventa perfettamente comprensibile che si siano aperti degli spazi che rendono più agevole la manovra da parte della magistratura nelle inchieste di “rango” che coinvolgono esponenti di riguardo sia politici che della magistratura e del mondo imprenditoriale.

Niente più il folclore tamarro emerso dalle inchieste baresi su Tarantini e la sua corte di escort, festaioli e politici blanditi da donne e adulazioni. L’inchiesta su Tarantini, senza sottovalutare la sua gravità, al confronto di quello che sta emergendo dalle inchieste delle procure di Roma, Firenze e Perugia sembra quasi una vicenda di solo malcostume. Oggi appaiono le ombre della massoneria “coperta”, dei servizi deviati, degli apparati infedeli dello Stato, delle imprese corrotte e di uomini dello Stato collusi. E ancora, quel legame inscindibile con la criminalità organizzata e con quelle pagine buie della nostra storia repubblicana incarnate dal nuovo protagonismo del faccendiere Flavio Carboni, che dalla lettura delle ordinanze dell’inchiesta dei pm romani risulta essere tutt’altro che “un pensionato rincoglionito”.

Leggendo gli atti delle procure viene quasi nostalgia degli intrecci fra politica e affari emersi dall’inchiesta Mani Pulite. Il livello raggiunto oggi da questi nuovi comitati d’affari sembra essere sempre più uno Stato nello Stato, o meglio una simulazione di Stato senza regole e controlli. Un regime.

Che ci fosse un coinvolgimento diffuso da parte di settori della magistratura nel “coprire” certi affari e movimenti era già diventato evidente a molti alcuni anni fa davanti alla liquidazione di inchieste (e delle persone che le conducevano) come Why Not, Poseidone, Toghe Lucane. La coincidenza di nomi, scenari, affari e soggetti è davvero inquietante. Ma esistono oggi gli anticorpi per evitare (come evocato dal presidente Napolitano) che si ripeta la liquidazione di interi filoni di inchiesta e di gruppi di lavoro come già avvenne fra Catanzaro e Salerno? La questione, e non è piccola, è tutta qua. Siamo davanti solo a una tempesta estiva che poi sarà mediaticamente (e oggettivamente) insabbiata? Oppure, almeno questa volta, si andrà fino in fondo nelle inchieste quali che siano i risultati? 

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