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Ospedali psichiatrici giudiziari: 6.000 sterilizzazioni forzate dal 1985 al 1999

Circa il 40% delle donne con disabilità, a livello europeo, subisce una qualche forma di violenza. Lo ha sostenuto in un’intervista Silvia Cutrera, presidente dell’Avi (Agenzia per la vita indipendente) di Roma e membro dell’Edf (European disability forum). E secondo Silvia Cutrera, dal 1985 al 1998, si sono praticate circa 6.000 sterilizzazioni forzate negli ospedali psichiatrici giudiziari italiani.

Per la verità le condizioni dei pazienti ricoverati negli ospedali psichiatrici giudiziari italiani, nel corso degli anni, sono state spesso pessime.

E tale situazione, almeno in alcuni di questi ospedali, è rimasta la stessa, del tutto inaccettabile, anche negli ultimi anni. Tanto che, recentemente, il Parlamento ha deciso di provvedere alla chiusura dei cosiddetti Opg, pur se le polemiche non si sono placate, perché le strutture alternative che dovrebbero sorgere in quasi tutte le regioni sono state oggetto di critiche piuttosto forti da parte di alcuni psichiatri.

Nell’intervista, concessa alla agenzia “Redattore sociale” in occasione dell’audizione di Silvia Cutrera presso il Parlamento europeo, dedicata alla violenza sulle donne disabili, sono contenute anche altre informazioni molto interessanti anche se decisamente preoccupanti.

Secondo Silvia Cutrera, riferendosi ovviamente alle donne disabili, ha dichiarato: “La violenza più aberrante è quella sessuale, ma la violazione più diffusa è quella dei diritti umani: diritto alle cure sanitarie (specialmente quelle di diagnostica preventiva), diritto alla formazione, al lavoro, alla sessualità”.

Silvia Cutrera si è anche occupata nell’intervista del cosiddetto caso Gauer. Di cosa si tratta?

Così si è espressa Silvia Cutrera:

“Il 10 dicembre 2008, presso la V Sezione della Corte di giustizia francese, è stato depositato il ricorso di Joelle Gauer ed altre donne disabili contro la Francia, nel quale le ricorrenti denunciavano di essere state sterilizzate senza il loro consenso. I fatti risalgono agli anni 1995-1998, quando alle giovani donne con disabilità viene praticata la legatura delle tube come metodo contraccettivo, senza il loro consenso e senza che fossero informate della natura dell’intervento”.

Dopo alcune sentenze di Tribunali diversi, in base alle quali si decise il non luogo a procedere.

Cutrera ha aggiunto:

“Le parti civili ricorrono in Cassazione, che nel giugno del 2008 dichiara il ricorso irricevibile ai sensi dell’articolo 575 del codice di procedura penale che prevedeva requisiti restrittivi per permettere alle parti civili di ricorrere in appello contro le sentenze della Camera istruttoria.

Sollevata la questione di legittimità costituzionale, lo stesso articolo 575 viene dichiarato incostituzionale e abrogato il 23 luglio 2010.

Invocando l’art. 6 della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, i ricorrenti denunciano che le giovani donne fin dall’inizio della procedura giudiziale non hanno potuto essere rappresentate, che non era stato nominato un amministratore ad hoc, che l’associazione che si era costituita parte civile è stata considerata priva dei presupposti per stare in giudizio.

Invocano anche l’articolo 3, per contestare l’attacco alla loro integrità fisica, visto che sono state sterilizzate senza consenso; gli articoli 8 e 12, perché non è stato rispettato il diritto alla loro vita privata ed è stata impedita la formazione di una famiglia e infine l’articolo 14 per contestare la discriminazione subita in quanto persone con disabilità.

Nell’agosto del 2011 il caso Bauer è approdato alla Corte europea dei Diritti umani e ma ci vorranno alcuni anni per conoscere la pronuncia”.

Comunque al di là dell’esito finale della vicenda giudiziaria relativa a quanto avvenuto in Francia, la pratica delle sterilizzazione, anche se sembra, almeno per l’Europa, riguardare il passato e non il presente, non può che essere considerata inaccettabile e spero che, effettivamente, non si verifichi più. Sono altrettanto inaccettabili però le altre forme di violenza nei confronti delle donne disabili che, invece, continuano e che dovrebbero essere combattute con maggiore impegno.

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