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Oltre il barcone - intervista con Andrea Serge

Oltre il barcone di disperati in mezzo al mare, cosa accade? Non è una posizione ideologica, politica, buonista. La curiosità dovrebbe spingerci ad informarci, a comprendere il mondo che ci circonda. La curiosità di essere umano in mezzo ad altri esseri umani. Chi sono quelle persone, perché stanno su un barcone nel bel mezzo del mare, da dove vengono, perché e soprattutto che strada hanno fatto? Il documentario Come un uomo sulla terra di Andrea Segre risponde a queste domande. E forse sono risposte che non avrei mai voluto ascoltare. Somali, eritrei che devono scappare da luoghi dove la morte è rito quotidiano di violenza e soprusi. Scappano, sì, per giungere in Europa. Per trovare una vita che abbia dignità di essere vissuta. E cosa accade? Sulla strada si incontra la Libia. Stato sovrano e indipendente, pieno di risorse energetiche, paese a cui sia Berlusconi, sia Prodi hanno concesso denaro per contrastare l’immigrazione clandestina.

E i libici cosa fanno? Torturano gli uomini, stuprano le donne, poi li vendono ai mercanti di schiavi che li rivendono a loro volta alla polizia. Migranti come bestie. Senza acqua nel deserto. Andrea Segre con grande lucidità mette in risalto la nostra complicità, i nostri aiuti, i nostri soldi sporchi di sangue. Anche mille sacche per morti abbiamo regalato ai libici. Ecco cosa si nasconde dietro i volti dei neri sui barconi che tanto affollano i nostri TG estivi. Una strage continua. Le inchieste in Italia ci sono, le fanno i libri e i documentari. Le risposte ci sono, ma non si vuole che la gente ascolti. Gheddafi atterra a Roma con la sua ridicola foto attaccata al petto, nessuno lo guarda in faccia chiedendogli spiegazione delle torture, degli abusi oltre il disumano messi in atto contro i migranti. Se la visione del mondo è triste, misera, si penserà solo al gas che ci deve vendere. Cosa sarà mai un nero morto nel deserto? Segre, giustamente, pone l’accento sul fatto che etica e politica da molto tempo non sono più la stessa cosa. Ecco perché la gente continua a morire. Perché qualcuno pensa di essere detentore della real politik. Ma, ripeto, la gente continua a morire.    

 


Come un uomo sulla terra
di Andrea Segre è il documentario che svela cosa succede ai migranti prima di essere un’immagine in televisione, prima di essere un barcone in preda alle voglie del mare e alle voglie della politica italiana e libica. Un documentario che alza il velo sulla natura dei nostri aiuti a Gheddafi e l’impotenza dell’Unione Europa.  Un documentario che ci pone gravi domande sul nostro essere uomini civili.  

 

 

Qual è la cosa più orribile che hai visto durante la realizzazione del documentario?

“Oltre ciò che ho visto concretamente, è orribile l’accettazione che via siano mondi nettamente separati. E’ normale ciò che accade, la tortura e la morte dei migranti, sia dal punto di vista nostro che quello dei migranti stessi. E’ accettato che si possa morire o essere torturati, venduti come schiavi e ricomprati. E’ ordinario. E questo è orribile per davvero”.

 

Se fosse proiettato in prima serata il tuo documentario, cambierebbe qualcosa?

“Se fosse proiettato stasera, qualcosa sarebbe già cambiato! Il film subisce una certa censura, non ha un reale respiro mediatico ed è facile indovinare il perché. Rai Doc ha trasmesso con coraggio il documentario, ma la RAI ha in mano un documento di cui tutti parlano in questi giorni, di cui si parla in Europa. Mostra ciò che accade per davvero ai migranti prima di giungere sulle nostre coste. Perché non mostrarlo a quante più persone possibili? E’ un documento giornalistico unico. Ma dobbiamo anche ricordarci che un anno fa oltre l’80% dei deputati era a favore di una accordo con la Libia per contrastare il fenomeno dell’immigrazione. Mi rendo conto che possa essere scomodo un documento di questo genere. Ma è altresì chiaro che la politica non ha più nulla a che fare con l’etica. Da molto tempo, ormai”.

 

Perché libri, documentari sostituiscono l’opera di denuncia che dovrebbe essere della politica e del giornalismo?

“La politica e il giornalismo hanno un rapporto con la notizia di consumo veloce. Si approfondisce, per così dire, la notizia che ha il maggior impatto e con la vita più breve. Non c’è il tempo per una reale analisi, che richiede tempi e studi più lunghi. Io provo ad applicare i tempi del cinema al giornalismo. Questa e la visione buona. Perché, in malafede, si può dire anche che molti centri di potere non hanno nessun interesse a diffondere o ad approfondire determinate notizie”.

 

Il tuo prossimo lavoro?

“Un documentario sullo sviluppo urbano di Roma. Dai quartieri anni ’50 alle periferie fantasma dei giorni nostri, attraverso gli occhi di una donna. Un viaggio nelle paure e nelle incertezze legate allo sviluppo urbano”.

 

Maggiori informazioni:

http://andreasegre.blogspot.com/

http://comeunuomosullaterra.blogspot.com/

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