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Obama, nuovo aggregatore per la politica e la socialità via Internet

L’elezione di Barack Obama ha riesumato, fra gli altri, inevitabili commenti sul connubio tra Internet e politica - in Italia assai più che in USA, come accaduto altre volte. Certo, innegabile l’utilizzo sagace del web e dei social tool che ha contraddistinto l’intera campagna. Eppure l’uso accorto di Internet guadagna poco più che una menzione nelle analisi americane, al contrario di certi trionfalismi tutti nostrani. Meglio cioé non farsi prendere dall’ennesima tentazione di cedere all’esaltazione tecnologica, travalicando una realtà assai meno virtuale - che nel nostro caso significa sostanzialmente organizzazione impeccabile e corporation-style, strategia mirata a creare un’ampia coalizione di sostenitori, e ovviamente un travolgente carisma personale. Oltre a un budget superiore a 600 milioni di dollari, cifra-record nella storia delle Presidenziali USA, solo in parte arrivati tramite piccoli contributi online.

E pur se è facile rifarsi a certo cyber-attivismo capitanato da Howard Dean, possiamo forse dimenticarne le evidenti falle? Candidato democratico nel 2004, in un’estate bruciò ogni tappa online, dall’attivismo dei meet-up all’allora record di milioni raccolti via web. Per poi fallire miseramente sul campo, ancora nelle primarie - mettendo, in pratica, il carro davanti ai buoi. Né si può dire che invece stavolta la tecnologia dispiegata abbia rivelato un maggior livello di maturità. C’è ancora molta strada da fare perché il matrimonio tra Rete e politica produca frutti concreti, o perché “incida nel vivo del potere”. Particolarmente in Italia, dove prima di tutto occorre tenersi ben all’erta per garantire massima libertà, innovazione e diversità della Rete.

D’altronde il “miracolo-Obama” non può non dare adito a speranze diffuse, finanche all’auspicio di un “Obama italiano” capace di creare un’analoga opportunità per ’svoltare’ o a invocazioni tipo: “Se davvero c’è un Obama in Italia, che si faccia vedere!!!”. Battute tra il (molto) serio e il (poco) faceto espresse da parecchia gente nel mondo in queste ore e giorni, c’è da scommetterlo.

Eppure, sarà scontato ricordarlo, ma non esistono scorciatoie per attuare possibili innesti tra new media e politica. Costruire un’analoga coalizione trasversale e una strategia talmente articolata (di cui Internet, di nuovo, è solo un tassello) richiede un rapporto dinamico e continuato che va ben oltre la gadget-mania o l’adrenalina da social network che ci circondano. Più che dilettarsi in ‘blog generation’ o ammiccare all’auto-referenzialità continua, forse converrebbe darsi alla concretezza del citizen journalism come, ad esempio, i tantissimi e impegnatissimi volontari che danno vita al circuito di Global Voices e che l’altra notte hanno condiviso rilanci e news da ogni parte del mondo in diretta. Quanti italiani ho incontrato lì? Zero. Oppure dare man forte a interessanti esperimenti tipo AgoraVox, che pure stentano non poco a decollare. E ancora, contribuire a utili trovate come il rolling continuo attivato da Twitter sempre nella lunga Election Day & Night di ieri. Anche lì, quanti gli italiani partecipi? Vedi sopra.

Ecco allora che il “fenomeno Obama” diviene metafora e ispirazione per questi piccoli grandi gesti di coinvolgimento in prima persona verso il cambiamento, qui e ora. Non lo sterile copiare certe pratiche d’oltreoceano, né chiedersi (o chiedere alle “autorità”) se e quando anche in Italia si applicheranno gli ultimi gadget o certo software al processo politico, quanto piuttosto crearlo e smuoverlo tale processo, dal basso e orizzontalmente. Che poi è il corrispettivo, nel “mondo reale”, del raccogliere per terra qualche cartaccia gettata da altri o evitare che una piccola prepotenza ne innesti potenzialmente un’altra. Facendo così tesoro delle qualità migliori proprio del lifestyle americano, responsabilità individuale e generosità, evitando il cinismo e la delega ben noti. Basta forse dirsi e dire che un popolo ha il governo o il Presidente che si merita? O lamentarsi in attesa di un “Obama italiano”? No di certo. Si invece, e con forza, a opportunità e spazi per il cambiamento, dalla partecipazione in Rete ai convegni, dalle pressioni sui policy-maker al supporto ai media indipendenti.

Obama come musa ispiratrice e stimolo, dunque, che l’uomo finirà certamente per deludere questi o quelli della sua attuale coalizione politica. Un “people aggregator” e spunto propositivo per mobilitare e organizzare la società civile in senso più ampio, applicando al meglio l’intelligenza collettiva della Rete e il comune buon senso. Yes, we can.

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