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Nucleare: perché dico sì

L'incidente di Fukushima ha messo in luce i rischi delle centrali atomiche. Ma il nucleare non vuole dire solo rischi, ma anche una grande opportunità.

D'accordo, l'incidente di Fukushima ha messo paura un po' a tutti, ma presto la situazione dell'eterno problema dell'approvvigionamento energetico tornerà a ronzare nelle nostre teste. Un problema che ci trasciniamo da troppo tempo, per via dell'ostinazione a guardare al futuro con la tecnologia del passato.

La pianificazione energetica di un Paese va decisa con razionalità, non con istinto. Basterebbe riflettere su due aspetti per riconsiderare sotto un'altra luce la scelta che abbiamo fatto con il referendum di 25 anni fa.

Primo. Quando abbiamo votato contro il nucleare ci avevano promesso un futuro fatto di energia pulita e sicura, proveniente dal sole, dal vento o dalle viscere della Terra. Invece oggi siamo il Paese più tossicodipendente dal petrolio, più inquinato e con le bollette energetiche più care. Non esattamente quel panorama roseo che ci era stato annunciato.

Secondo. Politici ed esperti vari continuano a ripetere che in occasione del referendum gli italiani hanno manifestato la loro volontà contraria all'energia nucleare, ma. Da allora è passato un quarto di secolo, e la sicurezza delle centrali è maggiore rispetto ai tempi di Chernobyl. Quel reattore si incendiò perché era impiegato sia per scopi civili che per scopi militari, mentre tutti gli esperti possono confermare che i reattori nucleari devono essere deputati ad un'unica destinazione, e non due. Dunque fu l'uso improprio a provocare il disastro. Più in generale, se esaminiamo i casi di incidenti nucleari scopriamo che quasi sempre sono dovuti all'errore umano. Il caso di Fukushima, invece, è dovuto alla concomitanza di due eventi (terremoto e maremoto) del tutto imprevedibili, e non certo dalle deficienze della centrale in questione.

Se avessimo saputo che il nostro futuro sarebbe stato questo, avremmo comunque votato per la rinuncia al nucleare?

Tutti parlano dei rischi di questa scelta, ma proviamo un po' ad esaminare i vantaggi:

  • petrolio e gas emettono anidride carbonica, inquinando l'ambiente. Inoltre hanno bisogno di una quantità incredibile di investimenti in infrastrutture di supporto, come condutture lunghe migliaia di chilometri, piattaforme e petroliere. Il caso del Golfo del Messico e i naufragi avvenuti nel corso degli anni dimostrano quanti danni il petrolio può causare all'ambiente.

  • Le energie solare, eolica e geotermica sono tutte fornitori di secondo piano e non sono sperimentate su larga scala. Queste tecnologie sono adattabili solo a determinate zone, in funzione rispettivamente dell'illuminazione, della pressione atmosferica e dell'attività fisica del pianeta.

  • Un ipotetico impianto solare da 1000 megawatt richiederebbe 259 chilometri quadrati di estensione e circa un migliaio di volte il materiale necessario per costruire una centrale nucleare della stessa capacità.

  • Una libbra di uranio produce l'energia equivalente ottenuta con 35 barili di petrolio. Una tonnellata di uranio produce più energia di diversi milioni di tonnellate di carbone e petrolio, e i costi di trasporto del carburante sono notevolmente inferiori e c'è meno impatto sull'ambiente dalle attività estrattive rispetto a quelle richieste dagli idrocarburi.

  • L'energia nucleare è l'unica tecnologia collaudata in grado di fornire energia elettrica di base su larga scala, 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana, indipendentemente dal tempo atmosferico, senza produrre emissioni di anidride carbonica.

  • Il gas naturale rappresenta l'80% del costo per produrre energia da una centrale elettrica, mentre l'uranio incide sul prezzo finale solo per il 5% -10%.

L'uranio è il combustibile del futuro, e l'energia nucleare è la soluzione al problema della domanda crescente su scala globale. Chi si dichiara contrario non è stato finora in grado di offrire alcuna alternativa alle potenzialità dell'atomo. Senza contare il problema della dipendenza energetica che ci rende schiavi delle vicissitudini interne dei Paesi esteri – Libia docet.

Per tutte queste ragioni dico sì al nucleare.

So che molti non saranno d'accordo, ma prima o poi tutti dovremo fare i conti con la realtà che entro pochi anni la fornitura energetica diventerà una priorità per tutti i Paesi del mondo. Siamo vicini all'esaurimento dei giacimenti dei combustibili fossili e il nucleare rimane l'unica soluzione praticabile. 

I commenti più votati

  • Di Mauro Miccolis (---.---.---.6) 24 marzo 2011 14:32
    Mauro Miccolis
    Tornare oggi al nucleare in Italia è sbagliato; i motivi sono numerosi: costi economici, costi ambientali, problemi dell’industria nucleare in altri paesi come Francia e Finlandia e, naturalmente, la gestione delle scorie, ed anche il fatto che il combustibile nucleare è in esaurimento; per non parlare della sicurezza: le centrali nucleari sono un obiettivo di possibili attacchi terroristici. 
    Permettetemi di riportare 

    Lettera aperta all’on. Pierluigi Bersani “Perché l’Italia non deve tornare al nucleare e deve invece sviluppare le energie rinnovabili
    14 maggio 2010

    Perché l’Italia
    non deve tornare al nucleare
    e deve invece sviluppare le energie rinnovabili

    Lettera Aperta
    All’on. Pierluigi Bersani, segretario del Partito Democratico

    Siamo un gruppo di docenti e ricercatori di Università e Centri di ricerca. In virtù della conoscenza acquisita con i nostri studi e la quotidiana consultazione della letteratura scientifica internazionale, abbiamo già da tempo sentito il dovere di esprimere la nostra opinione sul problema energetico con l’appello riportato sul sito: www.energiaperilfuturo.it.
    Di fronte ad un argomento complesso come quello delle scelte nella politica energetica, l’opinione pubblica oggi è frastornata dalla faciloneria di taluni ambienti governativi ed industriali che danno già per acquisito il ritorno dell’Italia al nucleare, dal rifiuto di quasi tutte le Regioni di ospitare centrali nucleari e da un proliferare di appelli da parte di gruppi più o meno politicamente caratterizzati. In questa situazione confusa, il nostro gruppo di ricercatori e scienziati si rivolge a Lei, segretario di un importante partito politico nel quale in questi giorni ferve il dibattito sul nucleare, per illustrare i motivi in base ai quali riteniamo, in scienza e coscienza, che il ritorno dell’Italia al nucleare sia una scelta strategicamente sbagliata e ogni sforzo debba invece essere concentrato sullo sviluppo delle energie rinnovabili.
    Una corretta politica energetica deve basarsi anzitutto sulla riduzione dei consumi mediante l’eliminazione degli sprechi e l’aumento dell’efficienza energetica, poi sullo sviluppo dell’energia solare e delle altre energie rinnovabili. La direttiva europea 28/2009 obbliga l’Italia, entro il 2020, a ridurre i consumi, ridurre le emissioni di CO2 e a coprire il 17% dei consumi finali con energie rinnovabili. E’ un percorso virtuoso, nel quale non c’è spazio per il nucleare.
    Mentre i costi delle energie rinnovabili scenderanno certamente nei prossimi 10 anni, i costi del nucleare sono per loro natura non ben definiti e destinati ad aumentare, tanto che probabilmente la costruzione delle centrali, se mai inizierà, dovrà essere molto probabilmente sospesa perché fra dieci anni il nucleare non sarà più economicamente conveniente.
    In molti paesi d’Europa, Germania in testa, è in atto una silenziosa rivoluzione basata su una filiera che parte dalle attività di ricerca nelle Università, negli enti pubblici e nelle aziende e si estende alla produzione di materiali, alla sperimentazione di impianti su larga scala e all’installazione diffusa di impianti domestici. L’idea di un abbattimento sostanziale delle emissioni di CO2 e di una forte indipendenza energetica sta, in quei paesi, uscendo dalla dimensione del sogno utopico e entrando in quella di un concreto fattore di sviluppo che traina l’economia e produce posti di lavoro. L’enorme ulteriore vantaggio di una scelta in favore delle energie rinnovabili sta nel fatto che un euro di investimento oggi può cominciare a produrre energia e a contribuire all’indipendenza energetica in pochi mesi. Nel caso del nucleare, invece gli enormi investimenti di oggi porteranno a produrre nuova energia nel migliore dei casi tra dieci o quindici anni.
    Una politica rivolta allo sfruttamento delle potenzialità del solare e delle altre fonti rinnovabili e alla riduzione razionale dei consumi sarà un motore importante per una nuova fase di sviluppo nel nostro paese.
    Nel documento allegato vengono esaminati in dettaglio i motivi per un no al nucleare. Il nostro appello sulle scelte energetiche pubblicato sul sito www.energiaperilfuturo.it, è già stato firmato da più di 2000 docenti e ricercatori e da oltre 8000 cittadini.
    Siamo disponibili a discutere con Lei e con chiunque rappresenti le istituzioni e la società civile per approfondire il problema nelle sedi opportune.

    Il Comitato energiaperilfuturo.it

    Vincenzo Balzani (Presidente), Università di Bologna
    Vincenzo Aquilanti, Università di Perugia
    Nicola Armaroli, Consiglio Nazionale delle Ricerche di Bologna
    Ugo Bardi, Università di Firenze
    Salvatore Califano, Università di Firenze
    Sebastiano Campagna, Università di Messina
    Marco Cervino, Consiglio Nazionale delle Ricerche di Bologna
    Luigi Fabbrizzi, Università di Pavia
    Michele Floriano, Università di Palermo
    Giovanni Giacometti, Università di Padova
    Elio Giamello, Università di Torino
    Nazareno Gottardi, già ricercatore dell’EURATOM (Commissione Europea)
    Giuseppe Grazzini, Università di Firenze
    Francesco Lelj Garolla, Università della Basilicata
    Luigi Mandolini, Università “La Sapienza”, Roma
    Giovanni Natile, Università di Bari
    Giorgio Nebbia, Università di Bari
    Gianfranco Pacchioni, Università Milano-Bicocca
    Giorgio Parisi, Università “La Sapienza”, Roma
    Paolo Rognini, Università di Pisa
    Renzo Rosei, Università di Trieste
    Leonardo Setti, Università di Bologna
    Franco Scandola, Università di Ferrara
    Rocco Ungaro, Università di Parma

    Allegato
    I motivi del no al nucleare

    Come è noto, il Governo centrale spinge per il ritorno dell’Italia al nucleare e l’ENEL ha stipulato un accordo preliminare con la ditta francese AREVA per l’acquisto di quattro centrali di tipo EPR da 1650 MW. Per dar ragione di questa scelta si fa ricorso ad argomentazioni che a prima vista possono apparire fondate (si veda, ad esempio, l’opuscolo propagandistico pro-nucleare distribuito dall’ENEL), ma che in realtà sono facilmente confutabili sulla base di dati ampiamente disponibili nella letteratura scientifica ed economica internazionale.
    Si sostiene che l’energia nucleare è in forte espansione in tutto il mondo, ma si tratta di un’informazione smentita dai fatti. Da vent’anni il numero di centrali nel mondo è di circa 440 unità e nei prossimi anni le centrali nucleari che saranno spente per ragioni tecniche od economiche sono in numero maggiore di quelle che entreranno in funzione. In Europa il contributo del nucleare alla potenza elettrica installata è sceso dal 24% del 1995 al 16% del 2008. L’energia elettrica prodotta col nucleare nel mondo è diminuita di 60 TWh dal 2006 al 2008. In realtà, quindi, il nucleare è in declino, semplicemente perché non è economicamente conveniente in un regime di libero mercato. Se lo Stato non si fa carico dei costi nascosti (sistemazione delle scorie, dismissione degli impianti, assicurazioni), oppure non garantisce ai produttori di energia nucleare consumi e prezzi alti, il tutto ovviamente a svantaggio dei cittadini, nessuna impresa privata è disposta ad investire in progetti che presentano alti rischi finanziari di vario tipo, a cominciare dalla incertezza sui tempi di realizzazione. Negli Stati Uniti, dove non si costruiscono centrali nucleari dal 1978, il Presidente Obama, nel suo discorso di insediamento ha detto: “utilizzeremo l’energia del sole, del vento e della terra per alimentare le nostre automobili e per far funzionare le nostre industrie”. La recente decisione del Governo americano di concedere 8,3 miliardi di dollari come prestito garantito ad un’impresa che intenderebbe costruire due reattori nucleari non modifica sostanzialmente la situazione. Obama è evidentemente condizionato dalla fortissima lobby nucleare americana, capeggiata dalla Westinghouse che, volendo vendere all’estero i suoi reattori, deve costruirne almeno qualcuno in patria. La notizia, peraltro, conferma la necessità per il nucleare di ricevere aiuti statali ed è accompagnata (si veda Chem. Eng. News 2010, 88(8), p. 8, February 22, on line February 18) da due interessanti informazioni: la Commissione di sicurezza ha riscontrato difetti nei progetti della Westinghouse e non ha dato il suo benestare alla costruzione dei reattori in oggetto, e l’Ufficio del Bilancio del Congresso ha manifestato preoccupazione perché c’è un’alta probabilità che il progetto fallisca e vadano così perduti gli 8,3 miliardi di dollari dei contribuenti.
    Si sostiene che lo sviluppo dell’energia nucleare è un passo verso l’indipendenza energetica del nostro Paese, ma anche questa è una notizia falsa, semplicemente perché l’Italia non ha uranio. Quindi, nella misura in cui il settore elettrico si volesse liberare dalla dipendenza dei combustibili fossili utilizzando energia nucleare, finirebbe per entrare in un’altra dipendenza, quella dall’uranio, anch’esso da importare e anch’esso in via di esaurimento.
    Si sostiene che con l’uso dell’energia nucleare si salva il clima perché non si producono gas serra. In realtà le centrali nucleari, per essere costruite, alimentate con uranio, liberate dalle scorie che producono e, infine, smantellate, richiedono un forte investimento energetico basato sui combustibili fossili. In ogni caso, le centrali nucleari che si intenderebbe installare in Italia non entreranno in funzione prima del 2020 e quindi non potranno contribuire a farci rispettare i parametri dettati dall’Unione Europea (riduzione della produzione di CO2 del 17% per il 2020).
    Si afferma anche che la Francia, grazie al nucleare, è energeticamente indipendente e dispone di energia elettrica a basso prezzo. In realtà la Francia, nonostante le sue 58 centrali nucleari, importa addirittura più petrolio dell’Italia. E’ vero che importa il 40% in meno di gas rispetto all’Italia, ma è anche vero che è costretta ad importare uranio. Che poi l’energia nucleare non sia il toccasana per risolvere i problemi energetici, lo dimostra una notizia pubblicata su Le Monde del 17 novembre scorso e passata sotto silenzio in Italia: pur avendo 58 reattori nucleari, la Francia attualmente importa energia elettrica.
    Secondo voci ufficiali, la costruzione (si noti, solo la costruzione) delle quattro centrali EPR AREVA che si vorrebbero installare in Italia, costerebbe complessivamente 12-15 miliardi di €, ma la costruzione in Finlandia di un reattore dello stesso tipo si è rivelata un’impresa disastrosa. Il contratto prevedeva la consegna del reattore nel settembre 2009, al costo di 3 miliardi di €: a tale data, i lavori erano in ritardo di 3,5 anni ed il costo era aumentato di 1,7 miliardi di €; ma non è finita, perché in novembre le autorità per la sicurezza nucleare di Finlandia e Francia hanno chiesto drastiche modifiche nei sistemi di controllo del reattore, cosa che da una parte causerà ulteriori spese e ritardi e dall’altra conferma che il problema della sicurezza non è facile da risolvere.
    L’Italia non solo non ha uranio, ma non ha neppure la filiera che porta, con operazioni di una certa complessità, dall’uranio grezzo estratto dalle miniere all’uranio arricchito utilizzato nei reattori. Per il combustibile dipenderemo quindi totalmente da paesi stranieri, seppure amici come la Francia. Non bisogna però dimenticare che la Francia a sua volta non ha uranio e che per far funzionare i suoi reattori ne importa il 30% da una nazione politicamente instabile come il Niger.
    C’è poi il problema dello smaltimento delle scorie, radioattive per decine o centinaia di migliaia di anni, che neppure negli USA ha finora trovato una soluzione. E c’è il problema dello smantellamento delle centrali nucleari a fine ciclo, operazione complessa, pericolosa e molto costosa, che in genere viene rimandata (di 100 anni in Gran Bretagna), in attesa che la radioattività diminuisca e nella speranza che gli sviluppi della tecnologia rendano più facili le operazioni. Si tratta di due fardelli che passano sulle spalle delle ignare ed incolpevoli future generazioni!
    Il rientro nel nucleare, quindi, è un’avventura piena di incognite. A causa dei lunghi tempi per il rilascio dei permessi e l’individuazione dei siti (3-5 anni), la costruzione delle centrali (5-10 anni), il periodo di funzionamento per ammortizzare gli impianti (40-60 anni), i tempi per lo smantellamento alla fine della operatività (100 anni), la radioattività del combustibile esausto (decine o centinaia di migliaia di anni), il nucleare è una scommessa che si protende nel lontano futuro, con un rischio difficilmente valutabile in termini economici e sociali.
    Di fronte ad una domanda di energia sempre crescente,fino ad oggi la politica adottata in Italia e negli altri Paesi sviluppati è stata quella di aumentarne le importazioni. Continuare in questo modo significa correre verso un collasso economico, ambientale e sociale. Oggi la prima cosa da fare è mettere in atto provvedimenti mirati a consumare di meno, cioè a risparmiare energia e ad usarla in modo più efficiente. Autorevoli studi mostrano che nei paesi sviluppati circa il 50% dell’energia primaria viene sprecata e che l’aumento dei consumi energetici non porta ad un aumento del benessere, ma semmai causa nuovi problemi: in Europa nel 2008 gli incidenti stradali causati dall’eccessivo uso dell’automobile hanno provocato 39 mila morti e 1.700.000 feriti. E’ possibile diminuire i consumi energetici in modo sostanziale con opportuni interventi quali l’isolamento degli edifici, il potenziamento del trasporto pubblico, lo spostamento del traffico merci su rotaia e via mare, l’uso di apparecchiature elettriche più efficienti, l’ottimizzazione degli usi energetici finali. Anche in sede Europea, la strategia principale adottata per limitare la produzione di gas serra consiste nel ridurre il consumo di energia (20% in meno entro il 2020).
    Quanto alle fonti di energia, l’Italia non ha petrolio, non ha metano, non ha carbone e non ha neppure uranio. La sua unica, grande risorsa è il Sole, una fonte di energia che durerà per 4 miliardi di anni, una stazione di servizio sempre aperta che invia su tutti i luoghi della Terra un’immensa quantità di energia, 10.000 volte quella che l’umanità intera consuma. Una corretta politica energetica deve basarsi sulla riduzione degli sprechi e dei consumi e sullo sviluppo dell’energia solare e delle altre energie rinnovabili. Come è già accaduto in altri paesi europei, una diffusa applicazione delle energie rinnovabili creerebbe in tempi brevi nuove imprese industriali ed artigianali e nuovi posti di lavoro.
    Bisogna anche sottolineare che l’eventuale rientro nel nucleare, proprio a causa dei gravi problemi che pone e dei tempi che ipotecano largamente il futuro, non può avvenire senza il consenso politico della grande maggioranza del Parlamento e delle Regioni, alle quali spetta la competenza dell’uso del territorio.
    L’espansione del nucleare non è una strada auspicabile neppure a livello mondiale in quanto si tratta di una tecnologia per vari aspetti pericolosa. C’è infatti una stretta connessione dal punto di vista tecnico, oltre che una forte sinergia sul piano economico, fra nucleare civile e nucleare militare, come è dimostrato dalle continue discussioni per lo sviluppo del nucleare in Iran. Una generalizzata diffusione del nucleare civile porterebbe inevitabilmente alla proliferazione di armi nucleari e quindi a forti tensioni fra gli Stati, aumentando anche la probabilità di furti di materiale radioattivo che potrebbe essere utilizzato per devastanti attacchi terroristici.
    Infine, è evidente che, a causa del suo altissimo contenuto tecnologico, l’energia nucleare aumenta la disuguaglianza fra le nazioni. Risolvere il problema energetico su scala globale mediante l’espansione del nucleare porterebbe inevitabilmente ad una nuova forma di colonizzazione: quella dei paesi tecnologicamente più avanzati su quelli meno sviluppati.

Commenti all'articolo

  • Di paolo (---.---.---.23) 24 marzo 2011 12:16

    Per avere affermato quello che tu dici ,anche dettagliando a sostegno delle mie affermazioni , mi sono beccato dagli " ecointolleranti " che infestano tutti i siti , con scarsa o nulla cognizione di quello che dicono e anche con qualche sospetto di interessi poco chiari , mi sono beccato , dicevo , tutte le offese possibili ed immaginabili . Soprattutto mi hanno catalogato come " un disturbatore " . Ovviamente non ho mai avuto il piacere di una smentita documentata . Il metodo è quello di prendere la dichiarazione del primo tizio di turno in giro per il mondo (volendo se ne trovano a bizzeffe anche con requisiti di prim’ordine ) e farla diventare "parola di Dio" . I santoni sono Tozzi ,geologo televisivo, Bonelli ,presidente dei Verdi , Di Pietro (che ho votato !),i radicali di Pannella ed una qualsiasi delle circa 17 associazioni ecologiste presenti nel paese che non si sa bene di cosa vivano . Ma basta anche la parola della sora Cesira per farli scattare all’unisono .Su Legambiente , a leggere sui siti , qualche grana grossa sta piovendo ,sono curioso di vedere come va a finire.

    Non sono un’entusiasta acritico del nucleare , lo ripeto alla noia ,se qualcuno mi dimostra che esiste una soluzione "praticabile" con le fonti rinnovabili ,che sia il sole ,la terra il cielo ed il mare che risolve il problema energetico (siamo l’unico paese al mondo senza un programma definito), voto si al referendum .Comunque invito alla massima partecipazione referendaria,è giusto che gli italiani si assumano le proprie responsabilità ,anche se in un paese serio dovrebbe essere la classe dirigente a farlo .Ma noi siamo il paese del Bunga bunga .
    Finora dagli ecointolleranti ho sentito solo chiacchere, racconti , stupidaggini tecniche e scientifiche e poco di più con rarissime eccezioni.
    Vediamo se anche a te riservano lo stesso trattamento -ciao 
    • Di (---.---.---.64) 5 aprile 2011 21:55

      Non c’e molto da dire: basta uscire dal concetto di "Centrale" e adottare il concetto di distribuzione territoriale- Tanti impianti solari, sia termici che fotovoltaici, su ogni tetto disponibile. L’energia viene sfruttata in loco, senza perdite (e costi) per trasportarla a a centinaia di chilometri. L’immissione sul mercato delle tecnologie già disponibili per produrre utenze ad elevato rendimento, ed è tutto risolto. L’eolico sta dimostrando potenzialità interessantissime per il futuro prossimo. Anche le auto elettriche con prestazioni ed autonomia paragonabili a quelle con motore a a scoppio esistono da anni. Come pure le cognizioni tecniche per far sì che i motori a scoppio consumino molto meno. Il problema non è sul piano tecnico, ma sul piano della politica, delle logiche di potere, degli interessi economici.

  • Di Simone Gobbi (---.---.---.84) 24 marzo 2011 12:32
    Simone Gobbi

    Anche il nucleare è una tecnologia vecchia con cui guardiamo al futuro

  • Di claudio (---.---.---.99) 24 marzo 2011 14:25

    Quante bugie!
    1. Non siamo il paese più dipendente dal petrolio: nel 2008 abbiamo prodotto il 18,71 dell’energia consumata da fonti rinnovabili (debbo ricordarti che l’idroelettrico è fonte rinnovabile e ne facciamo ampio ricorso?)
    2. A Fukushima si sono omessi i controlli sui generatori tanto che la IEA (Agenzia Internazionale per l’Energia aveva ammonito ad effettuarli entro giugno). Tanto che i generatori sono entrati in funzione,ma con un’ora di ritardo, permettendo il surriscaldamento dei reattori (significa che non sono stati danneggiati dallo tsunami). Tu non lo chiami errore umano? E tieni conto che gli operai cono rimasti lì tutto il tempo necessario a cercare di tamponare la situazione: non so se in Italia andrebbe così. Tieni conto che il Giappone è una nazione avanzata nella ricerca scientifica, mentre dall’Italia i "cervelli" fuggono
    3. Petrolio e gas inquinano secondo te; anche secondo me. Mentre le scorie nucleari che emettono radiazioni letali per 24.000 anni tu forse le paragoni alla panna montata: io no
    4 L’uranio sarebbe il combustibile del futuro: non ti ha detto nessuno che la sua disponibilità residua in termini di tempo è pari a quella del petrolio? Si vede che per te la fine del mondo è molto prossima se nella tua prospettiva il futuro si estende per qualche decina di anni appena
    5. Secondo te perché negli Statii Uniti non si sono più costruite centrali nucleari dopo il 1979 (32 anni fa)? Perché gli USA al futuro non ci pensano? No! Anche loro investono sulle fonti energetiche rinnovabili, sulle quali nenache entro in discussione con te perché da quanto scrivi non le conosci per nulla

  • Di Mauro Miccolis (---.---.---.6) 24 marzo 2011 14:32
    Mauro Miccolis
    Tornare oggi al nucleare in Italia è sbagliato; i motivi sono numerosi: costi economici, costi ambientali, problemi dell’industria nucleare in altri paesi come Francia e Finlandia e, naturalmente, la gestione delle scorie, ed anche il fatto che il combustibile nucleare è in esaurimento; per non parlare della sicurezza: le centrali nucleari sono un obiettivo di possibili attacchi terroristici. 
    Permettetemi di riportare 

    Lettera aperta all’on. Pierluigi Bersani “Perché l’Italia non deve tornare al nucleare e deve invece sviluppare le energie rinnovabili
    14 maggio 2010

    Perché l’Italia
    non deve tornare al nucleare
    e deve invece sviluppare le energie rinnovabili

    Lettera Aperta
    All’on. Pierluigi Bersani, segretario del Partito Democratico

    Siamo un gruppo di docenti e ricercatori di Università e Centri di ricerca. In virtù della conoscenza acquisita con i nostri studi e la quotidiana consultazione della letteratura scientifica internazionale, abbiamo già da tempo sentito il dovere di esprimere la nostra opinione sul problema energetico con l’appello riportato sul sito: www.energiaperilfuturo.it.
    Di fronte ad un argomento complesso come quello delle scelte nella politica energetica, l’opinione pubblica oggi è frastornata dalla faciloneria di taluni ambienti governativi ed industriali che danno già per acquisito il ritorno dell’Italia al nucleare, dal rifiuto di quasi tutte le Regioni di ospitare centrali nucleari e da un proliferare di appelli da parte di gruppi più o meno politicamente caratterizzati. In questa situazione confusa, il nostro gruppo di ricercatori e scienziati si rivolge a Lei, segretario di un importante partito politico nel quale in questi giorni ferve il dibattito sul nucleare, per illustrare i motivi in base ai quali riteniamo, in scienza e coscienza, che il ritorno dell’Italia al nucleare sia una scelta strategicamente sbagliata e ogni sforzo debba invece essere concentrato sullo sviluppo delle energie rinnovabili.
    Una corretta politica energetica deve basarsi anzitutto sulla riduzione dei consumi mediante l’eliminazione degli sprechi e l’aumento dell’efficienza energetica, poi sullo sviluppo dell’energia solare e delle altre energie rinnovabili. La direttiva europea 28/2009 obbliga l’Italia, entro il 2020, a ridurre i consumi, ridurre le emissioni di CO2 e a coprire il 17% dei consumi finali con energie rinnovabili. E’ un percorso virtuoso, nel quale non c’è spazio per il nucleare.
    Mentre i costi delle energie rinnovabili scenderanno certamente nei prossimi 10 anni, i costi del nucleare sono per loro natura non ben definiti e destinati ad aumentare, tanto che probabilmente la costruzione delle centrali, se mai inizierà, dovrà essere molto probabilmente sospesa perché fra dieci anni il nucleare non sarà più economicamente conveniente.
    In molti paesi d’Europa, Germania in testa, è in atto una silenziosa rivoluzione basata su una filiera che parte dalle attività di ricerca nelle Università, negli enti pubblici e nelle aziende e si estende alla produzione di materiali, alla sperimentazione di impianti su larga scala e all’installazione diffusa di impianti domestici. L’idea di un abbattimento sostanziale delle emissioni di CO2 e di una forte indipendenza energetica sta, in quei paesi, uscendo dalla dimensione del sogno utopico e entrando in quella di un concreto fattore di sviluppo che traina l’economia e produce posti di lavoro. L’enorme ulteriore vantaggio di una scelta in favore delle energie rinnovabili sta nel fatto che un euro di investimento oggi può cominciare a produrre energia e a contribuire all’indipendenza energetica in pochi mesi. Nel caso del nucleare, invece gli enormi investimenti di oggi porteranno a produrre nuova energia nel migliore dei casi tra dieci o quindici anni.
    Una politica rivolta allo sfruttamento delle potenzialità del solare e delle altre fonti rinnovabili e alla riduzione razionale dei consumi sarà un motore importante per una nuova fase di sviluppo nel nostro paese.
    Nel documento allegato vengono esaminati in dettaglio i motivi per un no al nucleare. Il nostro appello sulle scelte energetiche pubblicato sul sito www.energiaperilfuturo.it, è già stato firmato da più di 2000 docenti e ricercatori e da oltre 8000 cittadini.
    Siamo disponibili a discutere con Lei e con chiunque rappresenti le istituzioni e la società civile per approfondire il problema nelle sedi opportune.

    Il Comitato energiaperilfuturo.it

    Vincenzo Balzani (Presidente), Università di Bologna
    Vincenzo Aquilanti, Università di Perugia
    Nicola Armaroli, Consiglio Nazionale delle Ricerche di Bologna
    Ugo Bardi, Università di Firenze
    Salvatore Califano, Università di Firenze
    Sebastiano Campagna, Università di Messina
    Marco Cervino, Consiglio Nazionale delle Ricerche di Bologna
    Luigi Fabbrizzi, Università di Pavia
    Michele Floriano, Università di Palermo
    Giovanni Giacometti, Università di Padova
    Elio Giamello, Università di Torino
    Nazareno Gottardi, già ricercatore dell’EURATOM (Commissione Europea)
    Giuseppe Grazzini, Università di Firenze
    Francesco Lelj Garolla, Università della Basilicata
    Luigi Mandolini, Università “La Sapienza”, Roma
    Giovanni Natile, Università di Bari
    Giorgio Nebbia, Università di Bari
    Gianfranco Pacchioni, Università Milano-Bicocca
    Giorgio Parisi, Università “La Sapienza”, Roma
    Paolo Rognini, Università di Pisa
    Renzo Rosei, Università di Trieste
    Leonardo Setti, Università di Bologna
    Franco Scandola, Università di Ferrara
    Rocco Ungaro, Università di Parma

    Allegato
    I motivi del no al nucleare

    Come è noto, il Governo centrale spinge per il ritorno dell’Italia al nucleare e l’ENEL ha stipulato un accordo preliminare con la ditta francese AREVA per l’acquisto di quattro centrali di tipo EPR da 1650 MW. Per dar ragione di questa scelta si fa ricorso ad argomentazioni che a prima vista possono apparire fondate (si veda, ad esempio, l’opuscolo propagandistico pro-nucleare distribuito dall’ENEL), ma che in realtà sono facilmente confutabili sulla base di dati ampiamente disponibili nella letteratura scientifica ed economica internazionale.
    Si sostiene che l’energia nucleare è in forte espansione in tutto il mondo, ma si tratta di un’informazione smentita dai fatti. Da vent’anni il numero di centrali nel mondo è di circa 440 unità e nei prossimi anni le centrali nucleari che saranno spente per ragioni tecniche od economiche sono in numero maggiore di quelle che entreranno in funzione. In Europa il contributo del nucleare alla potenza elettrica installata è sceso dal 24% del 1995 al 16% del 2008. L’energia elettrica prodotta col nucleare nel mondo è diminuita di 60 TWh dal 2006 al 2008. In realtà, quindi, il nucleare è in declino, semplicemente perché non è economicamente conveniente in un regime di libero mercato. Se lo Stato non si fa carico dei costi nascosti (sistemazione delle scorie, dismissione degli impianti, assicurazioni), oppure non garantisce ai produttori di energia nucleare consumi e prezzi alti, il tutto ovviamente a svantaggio dei cittadini, nessuna impresa privata è disposta ad investire in progetti che presentano alti rischi finanziari di vario tipo, a cominciare dalla incertezza sui tempi di realizzazione. Negli Stati Uniti, dove non si costruiscono centrali nucleari dal 1978, il Presidente Obama, nel suo discorso di insediamento ha detto: “utilizzeremo l’energia del sole, del vento e della terra per alimentare le nostre automobili e per far funzionare le nostre industrie”. La recente decisione del Governo americano di concedere 8,3 miliardi di dollari come prestito garantito ad un’impresa che intenderebbe costruire due reattori nucleari non modifica sostanzialmente la situazione. Obama è evidentemente condizionato dalla fortissima lobby nucleare americana, capeggiata dalla Westinghouse che, volendo vendere all’estero i suoi reattori, deve costruirne almeno qualcuno in patria. La notizia, peraltro, conferma la necessità per il nucleare di ricevere aiuti statali ed è accompagnata (si veda Chem. Eng. News 2010, 88(8), p. 8, February 22, on line February 18) da due interessanti informazioni: la Commissione di sicurezza ha riscontrato difetti nei progetti della Westinghouse e non ha dato il suo benestare alla costruzione dei reattori in oggetto, e l’Ufficio del Bilancio del Congresso ha manifestato preoccupazione perché c’è un’alta probabilità che il progetto fallisca e vadano così perduti gli 8,3 miliardi di dollari dei contribuenti.
    Si sostiene che lo sviluppo dell’energia nucleare è un passo verso l’indipendenza energetica del nostro Paese, ma anche questa è una notizia falsa, semplicemente perché l’Italia non ha uranio. Quindi, nella misura in cui il settore elettrico si volesse liberare dalla dipendenza dei combustibili fossili utilizzando energia nucleare, finirebbe per entrare in un’altra dipendenza, quella dall’uranio, anch’esso da importare e anch’esso in via di esaurimento.
    Si sostiene che con l’uso dell’energia nucleare si salva il clima perché non si producono gas serra. In realtà le centrali nucleari, per essere costruite, alimentate con uranio, liberate dalle scorie che producono e, infine, smantellate, richiedono un forte investimento energetico basato sui combustibili fossili. In ogni caso, le centrali nucleari che si intenderebbe installare in Italia non entreranno in funzione prima del 2020 e quindi non potranno contribuire a farci rispettare i parametri dettati dall’Unione Europea (riduzione della produzione di CO2 del 17% per il 2020).
    Si afferma anche che la Francia, grazie al nucleare, è energeticamente indipendente e dispone di energia elettrica a basso prezzo. In realtà la Francia, nonostante le sue 58 centrali nucleari, importa addirittura più petrolio dell’Italia. E’ vero che importa il 40% in meno di gas rispetto all’Italia, ma è anche vero che è costretta ad importare uranio. Che poi l’energia nucleare non sia il toccasana per risolvere i problemi energetici, lo dimostra una notizia pubblicata su Le Monde del 17 novembre scorso e passata sotto silenzio in Italia: pur avendo 58 reattori nucleari, la Francia attualmente importa energia elettrica.
    Secondo voci ufficiali, la costruzione (si noti, solo la costruzione) delle quattro centrali EPR AREVA che si vorrebbero installare in Italia, costerebbe complessivamente 12-15 miliardi di €, ma la costruzione in Finlandia di un reattore dello stesso tipo si è rivelata un’impresa disastrosa. Il contratto prevedeva la consegna del reattore nel settembre 2009, al costo di 3 miliardi di €: a tale data, i lavori erano in ritardo di 3,5 anni ed il costo era aumentato di 1,7 miliardi di €; ma non è finita, perché in novembre le autorità per la sicurezza nucleare di Finlandia e Francia hanno chiesto drastiche modifiche nei sistemi di controllo del reattore, cosa che da una parte causerà ulteriori spese e ritardi e dall’altra conferma che il problema della sicurezza non è facile da risolvere.
    L’Italia non solo non ha uranio, ma non ha neppure la filiera che porta, con operazioni di una certa complessità, dall’uranio grezzo estratto dalle miniere all’uranio arricchito utilizzato nei reattori. Per il combustibile dipenderemo quindi totalmente da paesi stranieri, seppure amici come la Francia. Non bisogna però dimenticare che la Francia a sua volta non ha uranio e che per far funzionare i suoi reattori ne importa il 30% da una nazione politicamente instabile come il Niger.
    C’è poi il problema dello smaltimento delle scorie, radioattive per decine o centinaia di migliaia di anni, che neppure negli USA ha finora trovato una soluzione. E c’è il problema dello smantellamento delle centrali nucleari a fine ciclo, operazione complessa, pericolosa e molto costosa, che in genere viene rimandata (di 100 anni in Gran Bretagna), in attesa che la radioattività diminuisca e nella speranza che gli sviluppi della tecnologia rendano più facili le operazioni. Si tratta di due fardelli che passano sulle spalle delle ignare ed incolpevoli future generazioni!
    Il rientro nel nucleare, quindi, è un’avventura piena di incognite. A causa dei lunghi tempi per il rilascio dei permessi e l’individuazione dei siti (3-5 anni), la costruzione delle centrali (5-10 anni), il periodo di funzionamento per ammortizzare gli impianti (40-60 anni), i tempi per lo smantellamento alla fine della operatività (100 anni), la radioattività del combustibile esausto (decine o centinaia di migliaia di anni), il nucleare è una scommessa che si protende nel lontano futuro, con un rischio difficilmente valutabile in termini economici e sociali.
    Di fronte ad una domanda di energia sempre crescente,fino ad oggi la politica adottata in Italia e negli altri Paesi sviluppati è stata quella di aumentarne le importazioni. Continuare in questo modo significa correre verso un collasso economico, ambientale e sociale. Oggi la prima cosa da fare è mettere in atto provvedimenti mirati a consumare di meno, cioè a risparmiare energia e ad usarla in modo più efficiente. Autorevoli studi mostrano che nei paesi sviluppati circa il 50% dell’energia primaria viene sprecata e che l’aumento dei consumi energetici non porta ad un aumento del benessere, ma semmai causa nuovi problemi: in Europa nel 2008 gli incidenti stradali causati dall’eccessivo uso dell’automobile hanno provocato 39 mila morti e 1.700.000 feriti. E’ possibile diminuire i consumi energetici in modo sostanziale con opportuni interventi quali l’isolamento degli edifici, il potenziamento del trasporto pubblico, lo spostamento del traffico merci su rotaia e via mare, l’uso di apparecchiature elettriche più efficienti, l’ottimizzazione degli usi energetici finali. Anche in sede Europea, la strategia principale adottata per limitare la produzione di gas serra consiste nel ridurre il consumo di energia (20% in meno entro il 2020).
    Quanto alle fonti di energia, l’Italia non ha petrolio, non ha metano, non ha carbone e non ha neppure uranio. La sua unica, grande risorsa è il Sole, una fonte di energia che durerà per 4 miliardi di anni, una stazione di servizio sempre aperta che invia su tutti i luoghi della Terra un’immensa quantità di energia, 10.000 volte quella che l’umanità intera consuma. Una corretta politica energetica deve basarsi sulla riduzione degli sprechi e dei consumi e sullo sviluppo dell’energia solare e delle altre energie rinnovabili. Come è già accaduto in altri paesi europei, una diffusa applicazione delle energie rinnovabili creerebbe in tempi brevi nuove imprese industriali ed artigianali e nuovi posti di lavoro.
    Bisogna anche sottolineare che l’eventuale rientro nel nucleare, proprio a causa dei gravi problemi che pone e dei tempi che ipotecano largamente il futuro, non può avvenire senza il consenso politico della grande maggioranza del Parlamento e delle Regioni, alle quali spetta la competenza dell’uso del territorio.
    L’espansione del nucleare non è una strada auspicabile neppure a livello mondiale in quanto si tratta di una tecnologia per vari aspetti pericolosa. C’è infatti una stretta connessione dal punto di vista tecnico, oltre che una forte sinergia sul piano economico, fra nucleare civile e nucleare militare, come è dimostrato dalle continue discussioni per lo sviluppo del nucleare in Iran. Una generalizzata diffusione del nucleare civile porterebbe inevitabilmente alla proliferazione di armi nucleari e quindi a forti tensioni fra gli Stati, aumentando anche la probabilità di furti di materiale radioattivo che potrebbe essere utilizzato per devastanti attacchi terroristici.
    Infine, è evidente che, a causa del suo altissimo contenuto tecnologico, l’energia nucleare aumenta la disuguaglianza fra le nazioni. Risolvere il problema energetico su scala globale mediante l’espansione del nucleare porterebbe inevitabilmente ad una nuova forma di colonizzazione: quella dei paesi tecnologicamente più avanzati su quelli meno sviluppati.
  • Di NICOLA (---.---.---.163) 24 marzo 2011 17:55

    Perche nessuno parla delle centrali al Torio?

  • Di fulviob55 (---.---.---.49) 24 marzo 2011 17:59

    Non riesco ad essere pregiudizialmente contro il nucleare ma non riesco ancora a non pensare a quanto è successo in Giappone, pur con la consapevolezza che tutto è stato dovuto alla comunione dello tsunami e di un sisma di una potenza che, penso, non sarebbe possibile in Italia visto che non siamo alla confluenza di quattro placche tettoniche.
    Dico penso non essendo un geologo.
    Ma sono anche convinto che il solare, il fotovoltaico e le turbine che sfruttino il movimento delle maree non potrebbero essere la soluzione finale visto quanto dipendono dalle condizioni meteorologiche. Una parte della soluzione, con il geotermico e le centrali idroelettriche, ma non la finale.
    Un mix di tutto potrebbe essere la soluzione ma mi fa paura il pensiero del nucleare gestito all’italiana, purtroppo.
    Per quanto riguarda l’uranio come combustibile del futuro, cerchiamo di non dire inesattezze visto che non è affatto infinito.

  • Di Ettore Trozzi (---.---.---.241) 24 marzo 2011 19:04
    Ettore Trozzi

    1. Le centrali epr non sono sicure

    2. E’ scientificamente provato che le leucemie infantili a 10 km dalle centrali sono il 120% più frequenti che nelle altre zone. (KIKK-Studie)
    3. L’uranio non è il combustibile del futuro, non è una risorsa rinnovabile! Le scorte di uranio finiranno tra 50-70 anni 
    4. Proprio oggi Greenpeace ha pubblicato un rapporto su come le rinnovabili da sole possano fornire l’energia che le nazioni hanno bisogno. http://www.greenpeace.org/italy/it/...
    5. I costi per produrre energia elettrica da una centrale nucleare sono alti, parliamo di 95$ megawattora, poiché oltre al prezzo dell’uranio incidono altre cose tra cui l’ammortizzamento dei TASSI DI INTERESSE (10%) dei debiti bancari che le aziende dovranno appunto ripagare. 

  • Di Ettore Trozzi (---.---.---.241) 24 marzo 2011 19:05
    Ettore Trozzi

    "dipendenza energetica che ci rende schiavi delle vicissitudini interne dei Paesi esteri – Libia docet." 


    Perché l’uranio dove lo prendi? Dall’estero, non ci sono scorte d’uranio in Italia!
  • Di paolo (---.---.---.101) 24 marzo 2011 22:33

    Mi risulta che il KIKK-Studie , abbia monitorato dati in un raggio di 5Km dalla centrale ,non 10 e che non sia esente da critiche.

    Comunque , secondo il recente rapporto "Childrens Health and the environment in Europe :a Baseline Assessment" realizzato dalla Organizzazione Mondiale della Sanità , l’Italia risulta di gran lunga il paese in Europa con il maggior numero di casi di leucemia infantile per anno .
    In Italia non ci sono centrali termonucleari ,tanto che qualche buontempone ha concluso che le centrali termonucleari sono radiologicamente utili per ridurre la malattia . La ritengo una idiozia , ma chi è che mi da una spiegazione ? 
    Me la spieghi tu Trozzi ?

    ciao
  • Di paolo (---.---.---.101) 24 marzo 2011 22:52

    Trozzi ,voglio essere ancora più chiaro nel senso del dato che ho riportato . Tu pensi che le malattie polmonari o anche i tumori da sostanze cancerogene siano percentualmente identici in chi vive nelle vicinanze di un impianto petrochimico ,una centrale a carbone , un’industria siderurgica ,ecc. rispetto a chi vive sul litorale di Forte dei Marmi ? Non ho sottomano alcun rapporto ma ritengo che la risposta sia scontata .

    E’ evidente che chi vive nelle adiacenze di insediamenti industriali è clinicamente più svantaggiato di chi vive in campagna o sulle Dolomiti . Concordi ? 

    Comunque stiamo discutendo del nulla : Il nucleare in Italia non ci sarà . Punto .

    di nuovo ciao a tutti (anche a Miccolis che non accuso nè di troll nè di copia incolla)
  • Di Ettore Trozzi (---.---.---.206) 24 marzo 2011 23:44
    Ettore Trozzi

    Paolo, 


    io il KIKK-Studie l’ho letto. Si parla del doppio delle leucemie infantili nel raggio di 5 km, ma anche a 10 è possibile notare un incremento rispetto alle zone lontani da centrali nucleari. Il KIKK-Studie ha preso come riferimento la leucemia infantile e ha comparato dati con le altre zone della Germania. Non c’entra nulla quello che dici tu. Perché tirare in ballo l’Italia? Lo studio scientifico voleva capire la correlazione tra leucemie infantili e centrali nucleari IN Germania. Ai fini della scientificità di un test, questo in ogni disciplina, bisogna studiare la variabile dipendente che si crede possa agire nella zona sperimentale paragonandola a una zona di controllo che sia simile alla sperimentale tranne, ovviamente, per la variabile dipendente.
    Ovvero: il ricercatore vuole capire che correlazione c’è tra centrali nucleari e leucemia infantile. Quindi studia i casi di leucemia infantile di persone che abitano vicino alle centrali nucleari. Vede che si verificano tot casi. Ora tramite una condizione di controllo, in questo caso un’altra zona della Germania lontana dalle centrali nucleari, cerca di capire se a parità di fattori indipendenti ci siano meno o più casi di leucemia infantile. Come potrai capire bene non avrebbe senso paragonare la zona sperimentale a un’altra nazione perché la ricerca non sarebbe scientifica. La zona di controllo deve, infatti, assomigliare il più possibile alla zona sperimentale (devono esserci pressapoco lo stesso numero di bambini, le condizioni socioeconomiche devono essere le stesse, il sistema sanitario anche e così via). La ricerca ha chiaramente evidenziato che allontanandosi dalle centrali il numero di leucemie infantili è minore (il grafico scende maggiori i km che intercorrono dalla centrale: puoi vederlo a pagina 18 della ricerca). 

    In questo caso è stato scientificamente provato che per quanto riguarda la Germania che 1) le leucemie infantili sono più frequenti nelle zone vicine alle centrali nucleari e che 2) il rischio di contrarre la leucemia infantile è quindi più elevato nelle zone appena citate. 

    Non vedo il nesso con l’Italia. Quello che hai scritto (sul numero delle leucemie infantili in Italia) semmai fa riflettere: il governo italiano dovrebbe impegnarsi (come ha fatto il governo tedesco con il KIKK-Studie) a capire la causa di così tante leucemie e quindi eliminarla dove possibile. La soluzione non è certo quella di aumentare il rischio costruendo centrali nucleari. 

    La prima parte del mio commento ha risposto anche alla tua affermazione quando dici "E’ evidente che chi vive nelle adiacenze di insediamenti industriali è clinicamente più svantaggiato di chi vive in campagna o sulle Dolomiti . Concordi ? ". Infatti la ricerca non utilizza una condizione di controllo diversa da quella delle centrali (tranne per la variabile dipendente: la vicinanza alla centrale appunto). Non si fa una ricerca scientifica in questo modo. 

    Io sono sempre pronto al dialogo Paolo. Non guardo la televisione o ripeto quello che ho sentito dire en-passant, ma cerco di capire e studiare ricerche scientifiche, studi e rapporti in merito. E spero di essere ricambiato non con chiacchiere da bar. 

    Buonaserata a tutti.
  • Di Mr. Hubbert (---.---.---.176) 25 marzo 2011 00:54

    ehhh quando la gente parla solo per sentito dire senza informarsi...
    1....l’uranio ha gia’ raggunto il picco di estrazione, nel mondo si sono gia’ intaccate le riserve strategiche.
    questo significa che, visto che l’italia è un paese totalmente in mano alle mafie, è ipotizzabile che una centrale, partendo anche domani nel costruirla, non possa venire pronta prima di 15 anni, il che vuol dire che l’uranio con cui alimentarla potra’ essere gia’ molto raro e comunque a disposizioni di paesi molto piu’ ’muscolari’ del nostro, notoriamente gia’ con le pezze al deretano e ad altissima possibilita’, direi certa’ di implosione economica e sociale, ergo non avremo i soldi per finirla.
    Faccio presente che USA e Russia gia’ stanno ricorrendo all’uranio recuperato dalle testate nucleari, se vi leggeste qualche volta i dati di estrazione, vedrete che la produzione è sempre in rosso rispetto alla domanda..e le centrali nel mondo sono molto poche, penso che chiunque sia in grado di estrapolare il significato da cio’.

    2......l’energia nucleare, dato del dipartimento dell’energia USA, è la fonte energetica piu’ costosa, considerando i costi di stoccaggio delle scorie, la costruzione della centrale ed il suo smantellamento, che puo’ superare di moltissimo il costo della sua costruzione.
    In italia paghiamo in bolletta ancora i costi di smantellamento delle centrali, e non è ancora finita(altroche’ incentivi per il fotovoltaico, svegliaaaaaaa una volta per tutte!).

    3......la costruzione di centrali sarebbe impossibile, per qualsiasi stato, senza la diretta partecipazione del governo e quindi dei cittadini(il governo paga ed i privati incassano),
    vedrete che salasso per il governo francese quando sara’ costretto ad affrontare gli smantellamenti, i cittadini restituiranno a caro prezzo quello che non hanno pagato prima, senza contare che non avranno lo spazio per stoccare i materiali contaminati(..altroche’ incentivi per il fotovoltaico bis!)

    4....Un incidente ad una centrale provoca danni incalcolabili, fatti di malattie, trasferimento della popolazione (dove? a lampedusa? in altri stati?..siamo un paese grande come un fazzoletto, ed il lavoro per quelle persone?), sottrazione dei terreni alla produzione agricola(visto che le risorse di cibo abbondano nel mondo!), e l’acqua, chi se la beve? i nuclearisti?(se sono coerenti dovrebbero).

    5....L’italia e un paese tra i piu’ corrotti al mondo, non mi meraviglierei se per la sabbia per il cemento si utilizzasse sabbia di mare(gia’ esperimenteta), la maggioranza delle imprese di costruzioni sono in odore di mafia.
    Senza contare il rischio sismico, alla fine le regioni che potrebbero accogliere una centrale sono 3 o quattro, un’altra discriminazione?

    6....la centrale nucleare perfetta non esiste, un solo guasto nella sua vita ed è una catastrofe non piu’ recuperabile.

    7.....alternative? molte....fotovoltaico obbligatorio sopra i tetti delle case e capannoni, e gia’ il civile verrebbe coperto( un cliente produce 250 KWH solo con i pannelli del suo capannone, abbastanza per 25 famiglie) Costa? andatevi a vedere i casi di smantelllamento di centrali nucleari e poi capirete cosa vuol dire costo.
    Abbiamo mandato via a calci nel didietro un certo Rubbia( non è un politico lo stupidotto!), progettista del solare termodinamico.
    La Spagna gliene ha commissionate 11......dove le mettiamo? i deserti africani non sono lontani, produrrebbero energia tutto l’anno, darebbero sviluppo a quelle regioni(energia=vita, energia= no conflitti), come si costruiscono gli oleodotti si costruiscono anche gli elettrodotti.

    8........e comunque una maggiore disponibilita’ di energia non ci salverebbe dal nostro destino, giusto per capire di cosa stiamo parlando.
    Il petrolio rappresenta solo il 55% dell’energia, il resto serve per produrre fertilizzanti e quindi agricoltura intensiva(e ancora è ampiamente insufficente alla popolazione mondiale), farmaceutici, materiali high tech, trasporti( un airbus 380 a energia solare la vedo dura).
    All’inizio secolo eravamo 2 miliardi, con il petrolio siamo diventati 7 in meno di 100 anni.
    Infine, il picco di estrazione del petrolio, dati ufficiali IEA, è arrivato nel 2006, quindi vuol dire che siamo gia’ in fase calante, qindi vuol dire che non c’eè piu’ tempo di fare niente, quindi vuol dire che quando Hubbert profetizzo ,nel 1954, il picco per i pozzi usa nel 1970, si sarebbe dovuto, invece di scatenare guerre in giro per il globo per la supremazia energetica, cominciare ad investire gia’ da allora in energie alternative.
    Dulcis in fundo, la IEA ci dice che nei prossimi 4/5 il mondo si trovera’ a fronteggiare una crisi energetica strutturale, a cui sara’ ben difficile rimediare...

  • Di Gianluca Bracca (---.---.---.102) 25 marzo 2011 02:09

    Intervista al prof. Luigi Sertorio, docente di Ecofisica a Torino (allievo di Amaldi, per anni consultant a Los Alamos, direttore scientifico per la NATO, autore di 90 pubblicazioni e diversi saggi sul tema del nucleare...):


    In un passaggio il professore dice "qualcuno dovrebbe dirmi non i luoghi, ma i nomi e cognomi di coloro che al mondo sono in grado di processare l’uranio per farne le famose barre di combustibile...": una risposta a questa domanda sarebbe d’uopo prima di imbarcarci in qualsiasi avventura di cui non si conoscono i "navigatori"...

    Altra considerazione: per coprire il 25% del fabbisogno energetico italiano, occorrerebbero circa 25 centrali (fonte: prof. Luigi Sertorio, Gaia n. 40). E’ noto che una centrale termonucleare necessita di enormi quantità d’acqua, quindi iniziamo la prima ’scrematura’ sui siti su cui costruirle; per qualche chilometro di raggio, la zona attorno ad una centrale termonucleare, non deve essere abitata: seconda ’scrematura’; la zona di costruzione deve essere geologicamente stabile -in Italia quasi un ossimoro- e siamo alla terza ’scrematura’. Cosa rimane? Alcune zone alle foci di corsi d’acqua, più o meno densamente abitate, in prevalenza turistiche... Il turismo, in quei luoghi finirà d’esistere. Gli abitanti dovranno spostarsi con tutte le conseguenze del caso sulle economie locali, le acque saranno più malsane di quanto non lo sono già... Escludendo incidenti, non mi sembra un grande affare per un 25% di energia elettrica quando questo paese è affamato di energia per autotrazione (di quella elettrica ne abbiamo installata già oltre le reali richieste -vedi rapporti Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas-, il fatto che la paghiamo a prezzi scandalosi è dovuto intanto ad un 7% che finanzia non fonti rinnovabili, ma cosiddette ’assimilate’ -inceneritori, biomasse, scarti petroliferi,...- noto come CIP6, poi per una liberalizzazione tutta all’italiana che decide bello e cattivo tempo, infine per gli enormi sprechi di una struttura distributiva antica e inefficiente).

    L’Italia, non possiede alcun know-how per progettare, costruire e mantenere in esercizio questo genere di impianti: siamo in mani francesi per adesso. Il combustibile nucleare, la sua lavorazione e preparazione per la fissione, è prettamente in mani militari e non bene individuate e individuabili: se per petrolio, carbone e gas, oltre a metterci una ’zampa’ nel ciclo di produzione, siamo ben coscienti su chi siano produttori e trasformatori/raffinatori della materia prima, per l’uranio (o il mox, o altro per fissione) c’è il buio più totale, il che non è certo il massimo per stabilità e sicurezza, visto che si parla di cicli di vita pluridecennali.

    Il ciclo del nucleare termoelettrico non si è mai chiuso per nessuna centrale, a livello economico intendo, perché finché anche l’ultimo grammo di materiale fissile e l’ultimo grammo di cemento contaminato derivante dal decomissioning non sarà posto in sicurezza e reso inerte, non si può parlare di chiusura economica del ciclo, che avverrà in tempi non prevedibili e a carico delle generazioni future.

    Anche se non si vuol dare ascolto ai "fastidiosi" ambientalisti (quasi che i "non ambientalisti" in questo Ambiente non ci vivano anche loro), due conti seri, una solo minima dose di buon senso e responsabilità, dovrebbero più che bastare per concludere che il nucleare altro non è che un costosissimo vicolo cieco.

    Ridurre i consumi elettrici a tutti i livelli è la via principale, immediata, fattibile e realistica per rendere disponibile l’enorme spreco attuale alle produzioni industriali più energivore e necessarie. 
    Un sistema di produzione d’energia civile ad uso abitativo basata sullo scambio e sul concetto di smart grid, oltre che tagliare le gambe alle potenti e distruttive lobby accentratrici, potrebbe essere realizzato con le sole energie realmente rinnovabili e senza la necessità, molto ambita dalla criminalità organizzata, di ulteriori enormi impianti come già avviene in Puglia, Calabria e Sicilia. 
    Dirottare i fondi CIP6 alla loro destinazione naturale (ricerca e sviluppo di fonti rinnovabili e non "assimilate"), aprirebbe mercati fin’ora tenuti sotto la cenere, dalle potenzialità occupazionali e ’sociali’ di grande portata, dando respiro a cittadini sempre più costretti a respirare i "fumi" dello sviluppo e della crescita senza fine.

    Continuare a perseverare sulla via dei consumi crescenti e senza freno, da alimentare con quanto di più incompatibile con i cicli della natura ci si possa inventare, è chiudersi in ragionamenti da archeologia mentale.

  • Di (---.---.---.115) 25 marzo 2011 04:06

    brutto che 6!!!!

    nun lo voglio il tuo nucleare 
    non e’ che me lo puoi imporre perche’ pensi che le centrali so piu’ sicure .... +sicure di che?? non c’e’ niente di sicuro forse l’ unica cosa sicura e’ che l’ uranio sta’ finendo...
     e poi stiamo parlando dell’ Italia, figurati che nun riusciamo a buttare nemmanco la munnezza pensa con le scorie radioattive che ci facciamo di bello ......senza pensare a tutti i possibili intrallazzi impicci e imbrogli che c’inventeremo in fase di costruzione ......
    che fai controlli tu?
    e se facciamo ridere perche’ come dici tu dipendiamo dal petrolio e non siamo in grado di pianificare una politica energetica PULITA , indipendente e veramente moderna cosa proponi? il nucleare ????
    bravo sei un genio del male 
    guarda mi auguro che se mai dovessero fare una centrale nucleare la facciano vicino a casa tua cosi’ sarai contento te la guardi respiri quella bella arietta senza co2 e te godi la tua televisione 
    io la corrente me la produco da solo con il sole e sto’ anche cercando mettere insieme un generatore a magneti 
    le soluzioni per produrre energia esistono 
    quello che manca e’ la volonta’ di liberarci dalla schiavitu’ di pochi produttori energetici che cosi ci vessano con le loro maledette bollette
    vattene a fa un giro in giappone e magari apri l’ occhi su quello che veramente sta’ succedendo laggiu’

    viva l’indipendenza energetica quella vera pero’!!!


  • Di paolo (---.---.---.101) 25 marzo 2011 09:06

    Quindi Trozzi il rapporto che ho citato sono chiacchere da bar . Vedo che cambiano le persone ma non cambia lo stile . E bravo Ettore.

    In Francia ci sono circa 56 centrali , in Germania poco meno ecc... ,può essere che ci sia un rapporto da 1 a 3 con L’Italia ?. Non vedi nessun nesso . E allora a che serve il dato che ci fornisci ? .
    Se vado a 5 o 10 Km dal petrolchimico di Marghera ,sicuramente l’incidenza dei tumori alle vie repiratorie è nettamente superiore alla media nazionale ,e allora? .Perchè non eliminiamo il petrolchimico? ( Io ci starei ,vallo a dire a chi ci lavora e che prende lo stipendio).

    Mi sembrava di avere ben specificato che i rischi per la salute aumentano in prossimità di impianti di produzione ,qualunque essi siano , è questo sarebbe un motivo per eventualmente non mettere le centrali a ridosso dei centri abitati Vale anche per il nucleare o almeno nessuno lo può escludere a priori .
    Ho l’impressione che dopo una ventina di articoli ,discussioni con "esperti" di tutti i tipi ,dotati di certezze incrollabili ,siamo ritornati al punto di partenza . 

    ciao


    • Di (---.---.---.99) 25 marzo 2011 12:49

      mi pare che fai un po’ di confusione. Hai dei dati scientifici più attendibili di quelli che ti sono stati forniti e che sono confermati da ricerche condotte anche nel Regno Unito? Portando avanti il discorso che fai tu bisogna eliminare tutti i motori a scoppio e diesel, i forni a microonde e molto, molto di più. Mi sembra un atteggiamento disfattista. Dato che invece sembri concordare sulla stupidità della via nucleare unisciti a chi la vuole contrastare con il referendum, unico strumento che ci rimane per contrastare l’indifferenza, la stupidità e la corruzione (che attende alimento dall’enorme flusso di denaro connesso alla realizzazione delle centrali atomiche). 

  • Di Ettore Trozzi (---.---.---.206) 25 marzo 2011 11:12
    Ettore Trozzi

    Paolo, 


    non sto parlando del numero di leucemie in Italia, ma quando parli di Italia riferendoti al KIKK-Studie ti sbagli, non è scientifico. E ti ho spiegato come mai. Quella è una ricerca scientifica, i paragoni che fai tu non reggono. Probabilmente le leucemie infantili in Italia AUMENTEREBBERO ancora di più, non importa il numero di partenza. Dal tuo ragionamento mi sembra leggere un discorso del tipo "tanto si muore lo stesso". 

    Ti ripeto quello che considero chiacchiere da bar è il paragone che fai in Italia, che nulla ha a che fare con la ricerca. Ti ho spiegato come mai. Io sinceramente sono per non aumentare i rischi. 
  • Di Sergio (---.---.---.173) 25 marzo 2011 12:03

    Cara Helen,
    non condivido la tua posizione, ma la rispetto.
    Ti chiedo di rispettare la posizione della maggioranza andando a votare al referendum.
    Così sapremo se gli italiani hanno cambiato davvero idea rispetto all’87

  • Di (---.---.---.113) 25 marzo 2011 12:21

    lkplòklmjklmjjkjmkklòlklò

  • Di paolo (---.---.---.101) 25 marzo 2011 16:58

    Ragazzi ,devo dire che a ragionare con voi ci vuole della calma e gesso .No so chi me lo fa fare .

    Non sto neanche prendendo le difese d’ufficio del nucleare di cui ,detto tra di noi ,me ne può fregare di meno .E’ una questione di corretta informazione .
    Stavo solo dicendo che un ricerca di incidenze di malattie tumorali nell’intorno di un qualsiasi impianto produttivo ,inevitabilmente comporta un’aumento statistico dei casi .però siccome in Francia ci sono 56 o giù di li centrali ,di cui molte a breve distanza dai centri cittadini , ci si dovrebbe aspettare un’aumento percentuale sensibile dei casi , rispetto ai dati storici . Mentre invece il dato che ho citato che ha come fonte L’Organizzazione Mondiale della Sanità (pagina 74,75,76 ) , aggiornato al 1999(le centrali c’erano già tutte da decenni) , sembrerebbe dimostrare ,ai fini delle incidenze di leucemia infantile ,esattamente il contrario ..A pagina 76 della relazione : " ....and children living near to nuclear power plants do not have an increased risk of childhood leukaemia .... " . Piuttosto le ricerche (scientifiche come tutte le ricerche ),commissionate a tutti i maggiori istituti di ricerca nella sanità di tutti i paesi ,nella stessa relazione , individuano nei campi elettromagnetici i maggiori responsabili . Trozzi contesta l’organizzazione mondiale della sanità , fatti sentire , ma non dirgli che fanno discorsi da bar.
    A meno che qualcuno non mi venga a dire che anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità e tutti gli istituti di ricerca che ne fanno parte sono sotto schiaffo delle lobby del nucleare .Siete capaci anche di questo.
    Il rapporto KIKK è inoltre contraddetto da recenti indagini commissionate dal ministero della Sanità Tedesco (2008) che è coerente con una indagine del nostro ministero dell’ambiente .
    Non si può prendere un’argomento che fa comodo e farlo diventare il Vangelo . 

    ciao 



     


  • Di (---.---.---.135) 25 marzo 2011 18:01

    Paolo Mazzanti.

    Evito le diatribe interpersonali fra i commentatori, alcuni dei quali riconosco esperti, altri no. Fra questi ultimi mi spiace aggiungere l’autrice del l’articolo. Infatti non sa sono gli impianti CSP (centrali solari a concentrazione). Le consiglio di informarsi su internet alla voce "Desertec". Il progetto, usa lo 0,3% del deserto del sahara, entro il 2050 fornirà da 500 a 700 twh/anno di energia, ovviamente pulita, che sarà usata per i paesi nordafricani coinvolti sia come energia elettrica, che per fornire acqua dolce. Il tutto con un costo inferiore a 0,05 centEuro/kWh e con una erogazione sia di giorno che di notte. Ovviamente tramite linee di trasporto a CC sottomarine porterà la gran parte restante di energia all’Europa (si stima il 15 % del consumo attuale). Non è un sogno, dato che partecipano al progetto Siemens, EOn, Deutsche Bank, Munich Re, e guarda caso ENEL Green Power, Terna ed altri.

  • Di paolo (---.---.---.101) 25 marzo 2011 18:39

    Caro Mazzanti 

    Il progetto Desertec ,padrino Carlo Rubbia , lo sottoscrivo ,lo condivido e lo sostengo . Solare termodinamico . Benissimo lo sostengo da mesi su questo sito .
    Come ci arriviamo al 2050 ? E sei sicuro con l’aria che tira da quelle parti ? 

    Suggerimento ,evitare di dare il patentino di esperto o meno, mai salire in cattedra , è un dialogo , non una diatriba , di cui ognuno può condividere o meno ciò che si dice . Anzi qualsiasi apporto di informazione è gradito da qualunque parte venga .
    Anche se devo ammettere che sei stato piuttosto garbato , ci sono altri che hanno avuto decisamente meno stile.

    ciao
  • Di Luca Troiano (---.---.---.3) 25 marzo 2011 19:01

    Helen prima di definire l’uranio come il "combustibile del futuro" avresti potuto leggere il mio articolo " Entro il 2050 l’uranio sarà esaurito", pubblicato non più tardi di quattro giorni fa.
    E comunque, il piatto dei tuoi pro non basta a bilanciare quello dei contro.

  • Di Ettore Trozzi (---.---.---.206) 25 marzo 2011 19:52
    Ettore Trozzi

    Paolo, 


    anche per l’Uranio però siamo dipendenti dall’estero. In Europa, come ben sai, la "produzione" di Uranio è alquanto basso (parliamo del 2-3% della produzione mondiale). Quindi dovremo importare Uranio dall’estero: il 39% proverrebbe da paesi stabili (Australia e Canada), mentre il resto da paesi non tanto democratici e stabili: Russia, Niger (il 10% della produzione mondiale) Kazakistan (9%), Uzbekistan (a proposito di U., vi invito a leggere il mio articolo sulla schiavitù minorile e i profitti delle aziende europee). Permettimi di nutrire qualche dubbio sulla stabilità di Niger, Uzbekistan e Kazakistan. 

    Poi c’è il fatto del brevetto, le centrali Epr sarebbero costruite, almeno in parte, dall’Areva che è francese. Certo la Francia è stabile, ma saremo comunque dipendenti da questa multinazionale. A proposito: credo sarai d’accordo con me nel dire che dovremmo impegnarci ad incentivare l’industria italiana a lavorare su molti settori che spesso vengono abbandonati in mani straniere, ma questa è un’altra storia. 
    Ciao.
  • Di paolo (---.---.---.101) 26 marzo 2011 00:32

    Ettore non volevo criticare tutti gli argomenti che portano ad una scelta contro il nucleare .

    Volevo solo precisare che quello relativo alle leucemie infantili nel rapporto KIKK non è un’argomento valido o ,quantomeno ,è molto dissonante dai riferimenti molto autorevoli che ho fatto.
    Poi ci sono almeno una decina di argomenti validi per contrastare il nucleare .Per esempio quelli della tecnologia brevettata e delle risorse di combustibile fissile che hai citato sono due argomenti validissimi .Mi guardo bene dal contestarlo.

    ciao
  • Di Renzo Riva (---.---.---.53) 26 marzo 2011 19:23
    Renzo Riva

    http://www.agoravox.it/Entro-il-205...

    Avevo già scritto dell’Uranio fissile U235 0,7% e dell’Uranio fertile U238 99,3%; del Torio Th232 fertile anche.
    Ma qua si nasce già "imparati".


    L’ing Giorgio Prinzi del C.I.R.N.-Comitato italiano Rilancio Nucleare
    http://www.ilmovimentodopinione.it/...

    SODDISFACIMENTO DEI FABBISOGNI FUTURI CON LA FONTE NUCLEARE
    Reattori provati
    Con le attuali tecnologie che utilizzano l’isotopo fissile 235 dell’Uranio, che rappresenta in media lo 0,7% dell’elemento presente in natura, la fonte nucleare è in grado di soddisfare gli attuali ritmi di domanda per alcune decine di anni, con una durata omologa a quella prevista per gli idrocarburi.
    Reattori veloci autofertilizzanti
    Utilizzando anche la rimanente aliquota dell’Uranio, l’isotopo fertile 238 che nei reattori surgeneratori si trasforma in plutonio fissile per cattura neutronica, sarebbe possibile soddisfare gli attuali ritmi della domanda energetica per un periodo valutato in ventimila anni. Vi sono già potenziali riserve di plutonio derivanti dal riconfezionamento delle testate nucleari in grado di soddisfare, se destinate ad usi civili di elettrogenerazione, i fabbisogni di alcuni secoli.
    Tecnologia del Torio
    Utilizzando come combustibile nucleare il "Torio", un elemento fertile che per cattura neutronica si trasforma nell’isotopo fissile "233" dell’Uranio la domanda energetica potrebbe venire soddisfatta per un tempo classificabile come infinito nella dimensione umana. Il Torio si trova infatti in natura con un’abbondanza relativa simile a quella del piombo.

    Ed ora saputelli mettetevi il peak sapete dove?

  • Di Gianluca Bracca (---.---.---.81) 28 marzo 2011 22:52

    La TV franco-tedesca ARTE e la TV svizzera RSI hanno trasmesso nel 2010 questo inquietante documentario sui rifiuti dell’industria e degli armamenti nucleari.

    Nella speranza che le TV italiane non siano da meno, prendiamone visione e diffondiamo questa rigorosa inchiesta di Eric Guèret e Laure Noualhat, dal titolo "Scorie radioattive, l’incubo del nucleare".
    Stando agli esperti, le scorie nucleari ipotecheranno il futuro dell’umanità per i prossimi 200 mila anni.
    L’inchiesta è stata realizzata nel 2009 e condotta negli Stati Uniti, in Francia e in Russia: dal primo incidente nucleare USA (1942) al disastro di Chernobyl (1986). In meno di 50 anni negli oceani sono state scaricate più di centomila tonnellate di scorie radioattive, quali conseguenze per l’uomo e l’ambiente?

    «Un documentario d’effetto, riguardante uno dei più grandi taboo della nostra società: le scorie radioattive, la faccia nascosta del nucleare. Una verità scomoda. In un periodo caratterizzato dalla presa di coscienza sulle minacce del riscaldamento globale, mentre le industrie e taluni politici descrivono l’energia nucleare come un’energia pulita, monitorata e priva di impatto ambientale e sulla salute, gli autori partono alla volta di una verità scomoda. 
    Le scorie sono il tallone d’Achille del nucleare, il suo incubo peggiore. La popolazione le teme, gli scienziati non trovano alcuna soluzione accettabile, gli industriali cercano di rassicurarci e i politici evitano di affrontare il problema. Ma cosa sappiamo esattamente? Com’è possibile avere una visione chiara riguardo ad un tema da sempre coperto da segreto? Chi decide? Che si tratti della Francia, della Germania, degli Stati Uniti o della Russia, questa inchiesta scientifica e politica affronta il tema taboo del nucleare dal suo lato peggiore.
    Gli scienziati della Criirad (Commissione di ricerca e di informazione indipendente sulla radioattività) ci accompagnano sui siti nucleari. Grazie alle misurazioni e ai prelievi che essi effettuano sul terreno, alle analisi e agli incontri con gli addetti al settore nucleare e con chi ad esso si oppone, tentiamo di rispondere agli interrogativi che tutto il mondo si pone: le scorie sono pericolose? Come sono state gestite fin dalle origini del nucleare? Esiste una soluzione al problema delle scorie? Incontreremo sia esponenti politici (Corinne Lepage, ex ministro dell’ambiente, Robert Alvarez, ex consigliere per l’energia nell’amministrazione Clinton) che industriali (Areva, EDF) per cercare di rispondere ad altri interrogativi: la popolazione è informata sui pericoli delle scorie? Può il nucleare essere democratico? Chi detiene realmente il potere? Qual è la reale posta in gioco per la politica e l’industria? Le scorie minacciano l’avvenire del nucleare? Il documentario ambisce a fornire a ciascuno la chiave di lettura per comprendere le scelte che pesano sul futuro dell’umanità.»

    VIDEO IN ITALIANO (97min):

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