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Nucleare e yuan, destini incrociati

Nucleare e yuan, destini incrociati

Obama e Medvedev hanno siglato a Praga lo Start-2 – il trattato che riduce a un massimo di 1550 le testate nucleari di Usa e Urss – e intanto il segretario al Tesoro Timothy Geithner vola a Pechino per dicutere di rivalutazione dello yuan.
Grande attivismo della diplomazia Usa sull’asse Russia-Cina in vista del summit sulla sicurezza nucleare in programma a Washington la prossima settimana.

La Cina conferma la presenza di Hu Jintao negli Usa mentre un editoriale di China Daily fa le pulci alla svolta “antinucleare” di Obama che era già stata annunciata lunedì e che contiene due elementi forti: la rinuncia a sviluppare nuove armi nucleari; l’impegno a non utilizzare quelle già disponibili contro Stati che abbiano aderito al trattato di non proliferazione, anche qualora questi ultimi aggredissero gli Usa con armi chimiche, batteriologiche o con un attacco informatico.

La Cina è una delle potenze atomiche “riconosciute” oltre a Usa e Russia. Le altre sono Francia e Gran Bretagna. Poi ci sono Israele, India e Pakistan che sono “Paesi nucleari” di fatto.
L’Iran, che nello scacchiere mediorientale-centroasiatico è di fatto l’unico Stato senza bomba, è il dossier aperto, dato che sta dotandosi di impianti per l’arricchimento dell’uranio. Nell’ambito dell’accordo Usa-Urss se ne è parlato molto e Medvedev ha preso le distanze dall’ex protegé, sposando la linea dura Usa.

Il Dragone è anche l’economia a più rapida crescita e a detta di molti il futuro antagonista globale degli Stati Uniti. Anche Pechino sta facendo pressioni sull’Iran, ma in via riservata, secondo la propria tradizione diplomatica.
Ultimamente, tra Cina e Stati Uniti non sono mancate le tensioni: mancato accordo sul clima, caso Google, continue schermaglie sul commercio internazionale, diversi approcci delle due diplomazie proprio verso l’Iran, armi Usa a Taiwan.

I destini incrociati di armi (nucleari) e soldi (lo yuan) vanno visti in questo quadro così complesso, in cui una concessione su un certo dossier non può che avere ripercussioni altrove.

L’editoriale (“Le armi nucleari sono sempre pronte all’uso“), scritto su China Daily da Hu Yumin – ricercatore presso l’associazione cinese per il controllo degli armamenti e il disarmo – tende di fatto a limitare l’importanza dell’accordo Start-2: la politica degli annunci di Obama non determina sostanziali cambiamenti nello scenario nucleare. Usa e Russia possiedono il 90% dell’arsenale complessivo e le armi nucleari continuano a essere parte fondamentale delle rispettive strategie di difesa.


E altrove, si definisce meramente “simbolico” il nuovo corso.

Hu Yimin insiste sul fatto che la “stabilità” – parola chiave per comprendere l’attuale politica cinese – si ottiene solo cedendo alle Nazioni Unite il controllo del disarmo, che deve comunque essere più accentuato.
Insomma, la svolta di Obama e Start-2 non significano stabilità.
Ma tale stabilità deve essere anche economica, in un rapporto dialettico vincente con la sfera politica: meno tensioni permettono più crescita, che a sua volta consente di ridurre ulteriori tensioni.

E infatti altri articoli commentano il viaggio di Geithner dal punto di vista della ritrovata armonia nei rapporti economici Usa-Cina, accennando solo di sfuggita al tema spinoso della rivalutazione dello yuan e ribadendo la posizione cinese.

A cosa punta Pechino?
Probabilmente a fare qualche concessione agli Usa senza destabilizzare (appunto) la ricetta del proprio boom economico.
Rivalutare lo yuan penalizzerebbe infatti tutto il settore legato all’export e attirerebbe speculazioni. Sì, in prospettiva crescerebbe la domanda interna, ma questo è un processo più lungo. Ci vorranno infatti almeno 10 anni prima che il mercato domestico possa rimpiazzare i mancati ricavi delle esportazioni.

La Cina ha bisogno di acque calme per nuotarci dentro.
Probabilmente, secondo molti analisti, prima o poi rivaluterà. Ma non vuole farlo su pressione Usa o, quanto meno, non vuole che così appaia. In cambio, si aspetta più potere nella stanza dei bottoni.
Dal punto di vista cinese, anche l’accordo Start-2 rientra in questo tourbillon diplomatico di più ampio respiro.

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