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No alla pena di morte

“La pena di morte continua a essere utilizzata come strumento della cosiddetta ‘guerra alla droga’, con un allarmante numero di Stati in tutto il mondo che mette a morte persone condannate per imputazioni legate alla droga, in palese violazione del diritto internazionale”, ha dichiarato Amnesty International in occasione della giornata mondiale contro la pena di morte, il 10 ottobre.

Infatti almeno 11 paesi in tutto il mondo – tra cui Cina, Indonesia, Iran, Malesia e Arabia Saudita – hanno emesso condanne capitali o messo a morte persone per reati legati alla droga nel corso degli ultimi due anni, mentre decine di Stati mantengono la pena di morte per questi reati.

Chiara Sangiorgio, esperta di Amnesty International sulla pena di morte, ha dichiarato: “E’ sconfortante che tanti Paesi siano ancora attaccati all’idea sbagliata che uccidere le persone possa in un modo o nell’altro porre fine alla tossicodipendenza o ridurre la criminalità. La pena di morte non fa nulla per affrontare il crimine o permettere alle persone che hanno bisogno di aiuto di accedere ai trattamenti per la disintossicazione”.

Così ha proseguito Chiara Sangiorgio: “Il diritto internazionale limita l’uso della pena di morte ai ‘reati più gravi’, definizione che generalmente include solo l’omicidio volontario.

I reati di droga non rientrano in questa categoria. Il diritto internazionale inoltre stabilisce per gli Stati l’obiettivo di muoversi verso l’abolizione della pena di morte. Eppure molti Stati giustificano l’uso della pena di morte come un modo per affrontare il traffico di droga o l’uso problematico delle droghe.

Questi Stati stanno ignorando il fatto che una risposta basata sui diritti umani e sulla salute pubblica, compresa la prevenzione dell’abuso di sostanze e l’accesso al trattamento, risulta efficace per porre fine ai decessi per droga e prevenire la trasmissione di malattie infettive.

Anche in relazione a crimini violenti, non c’è uno straccio di prova che la minaccia dell’esecuzione costituisca un deterrente maggiore rispetto a qualsiasi altra forma di punizione”.

E nell’aprile 2016 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il principale organo deliberativo dell’Onu, si riunirà in una sessione speciale sulle droghe per discutere le priorità di controllo della droga nel mondo, incluso l’uso della pena di morte per reati legati alla droga. L’ultima volta che una sessione speciale sulla droga si è svolta è stata nel 1998.

Quindi ha così concluso Chiara Sangiorgio: “La sessione speciale del prossimo anno dell’Assemblea generale dell’Onu offrirà un’opportunità fondamentale per gli Stati affinché garantiscano che le politiche sulla droga a livello nazionale e internazionale rispettino i diritti umani. Gli Stati membri devono una volta per tutte porre fine all’uso della pena di morte per reati legati alla droga come primo passo verso la sua completa abolizione”.

Condivido in pieno quanto dichiarato da Chiara Sangiorgio. Io sono contrario alla pena di morte in ogni caso.

Ma i motivi che dovrebbero impedire l’uso della pena di morte per i reati legati alla droga mi sembrano ancora più evidenti rispetto a quelli che possono essere addotti per negare l’uso della pena di morte per altri reati.

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