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Niente diplomati ISEF al concorso per presidi. Polemiche e ricorsi

È stato bandito, finalmente, il concorso per preside (rectius Dirigente scolastico) - figura singolare, un portio viscerum tirato fuori dalla “eccelsa” mente della sinistra – e, come sempre, sono iniziate le solite polemiche. Chi discute sul metodo di reclutamento; chi sui requisiti; chi sulla esiguità dei posti messi a concorso, ecc.

La polemica assume una connotazione particolare in relazione ai titoli necessari per accedere al concorso. I titoli di accesso, come è noto, vengono fissati dal bando che è la legge che regola il concorso. L’amministrazione deve procedere all’ammissione o meno del candidato alle prove sulla base del riscontro del possesso dei titoli stabiliti. In presenza di dubbi o perplessità, la stessa amministrazione, con interpretazione autentica può, anzi deve, chiarire i termini del corretto utilizzo dei parametri indicati nel bando.

È quello che l’amministrazione ha giustamente fatto con la nota n. 6012 del 19 luglio 2011 avente come oggetto: Concorso per il reclutamento di dirigenti scolastici - Titoli di accesso – Chiarimenti.

È ciò che uno Stato di diritto dove correttamente fare e, correttamente, i destinatari devono uniformarsi alle indicazioni fornite dall’amministrazione. Le valutazioni di merito circa l’opportunità o meno di fissare quei criteri non possono essere oggetto di valutazione ai fini della pretesa all’ammissione.

A proposito della nota sopra richiamata evidenzio l’interpretazione autentica in merito alla validità del diploma ISEF, infatti, sono intervenute sentenze del Consiglio di Stato, secondo le quali è priva di fondamento l’equiparazione del diploma ISEF al diploma di laurea. Con la Legge n. 136 del 2002, è stata riconosciuta l'equiparazione tra il diploma ISEF e la laurea (triennale) in Scienze motorie. Le sentenze n. 3528/2006 e n. 209/2008 del Consiglio di Stato hanno, tuttavia, sostanzialmente svuotato di valore il riconoscimento di cui alla Legge 136 del 2002 ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi e all'esercizio delle attività professionali, ritenendo che la Legge n. 136 non abbia avuto effetto ricognitivo dell'equiparazione predetta, e che comunque la laurea (triennale) non sia sufficiente per la partecipazione ai pubblici concorsi per i quali sia richiesta la "laurea" (ad esempio, a quelli per dirigente scolastico) statuendo che, ai sensi della Legge 18 giugno 2002, n. 136, "tale diploma equivale a laurea triennale e non già quadriennale, magistrale o equivalente". Si ritiene che, per la partecipazione al concorso di cui trattasi, sia necessario che coloro che abbiano conseguito il diploma di laurea in scienze motorie e sportive debbano conseguire un’apposita laurea specialistica oggi denominata laurea magistrale.

Da quanto precede appare evidente che chi possiede un diploma ISEF non può accedere a questo concorso. Ora, se da un lato l’amministrazione chiarisce ed esclude i docenti di educazione fisica e tutti coloro che hanno una laurea triennale dal concorso per dirigente, dall’altro lato, invece, in palese contraddizione, immette in ruolo con la qualifica di dirigente quegli stessi soggetti che oggi non avrebbero potuto accedere al concorso per mancanza dei presupposti. Si tratta ovviamente dei docenti di educazione fisica del precedente concorso (2004) recentemente concluso(?) per i quali la Commissione, tra le altre cose, ha valutato come titolo ulteriore i due anni integrativi facendo schizzare alcuni in posizione utili in graduatoria, mentre altri, in possesso del solo diploma ISEF, pur non avendo maturato gli anni di ruolo, sono stati tranquillamente, dalla stessa amministrazione riconosciuti meritevoli ed immessi di recente in ruolo.

È bene precisare che per tali soggetti non è stata emessa alcuna legge in sanatoria, ma sono stati "sanati" dal mancato o erroneo controllo dei titoli da parte dell'ammnistrazione. Per altri, invece, sempre la stessa amministrazione, pur in assenza di una sanatoria, ne ha sanato le posizioni non coltivando i giudizi pendenti.

La cosa peggiore per uno Stato è la perdita del senso della legalità, che si acuisce quando dallo stesso Stato, da chi, cioè, deve fare le regole e farle rispettare, vengono sapientemente somministrati i concetti aberranti delle sanatorie. È questa idea che spinge alla violazione della legge. È questa idea del sanare che ti induce ad “osare l’inosabile" e che porta a situazioni chiaramente inique ed assurde.

È quello che accade con le sanatorie fiscali, con le sanatorie edilizie dove il cittadino onesto e perbene, che ha pagato le tasse ed ha edificato nel rispetto degli strumenti urbanistici, viene penalizzato dal furbo che non ha pagato il dovuto ed ha edificato l’inedificabile, coscienti entrambi del potere occulto (ma non tanto) della solita legge di sanatoria.

Certamente lo Stato non ci fa una bella figura anche perché, in presenza dei soliti ricorsi circa la legittimità delle regole del bando, con il TAR quasi obbligato a dare una sospensiva, non cura poi i giudizi che, superata la fase del provvedimento cautelare, dovrebbero in pochi anni sfociare nella decisione di merito che dovrebbe decretare la palese infondatezza del ricorso.

Il rifiuto delle regole e la tendenza alla violazione della legge sono, dunque, elementi che fanno armai parte dal nostro sistema, che ci inducono a contestare la validità e l’efficacia degli stessi principi basilari, tanto, prima o poi, una sanatoria verrà comunque fuori.

Ma le regole? Il loro rispetto? Ah, ma questo vale solo per gli allocchi!

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