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Nico Orengo è morto stamane: “La Stampa” lo piange con tutta la città

Lo scrittore sessantaquattrenne è morto nelle prime ore di oggi all’ospedale delle Molinette per una crisi respiratoria: grande cordoglio in città e a Ventimiglia, sua città d’origine. 

Era nato a Torino nel 1945, l’anno che riportò in Italia la pace dopo una guerra lunga, sanguinosa ed insensata che aveva visto il capoluogo subalpino, già allora la vera città industriale del paese, ridotto ad un ammasso di macerie. Nelle prime ore di oggi ha lasciato questo mondo soprafatto da una crisi respiratoria che lo ha stroncato in un letto del maggiore ospedale della sua città, le Molinette. Scrittore, cresciuto nel capoluogo piemontese mentre vi impazzavano i grandi miti della letteratura italiana del dopoguerra, da Fenoglio a Pavese, da Calvino alla Ginzburg, da Primo Levi a Soldati, fece in tempo a respirare l’aria di quella fantastica ed unica esperienza editoriale rappresentata dalla casa editrice Einaudi che, per molti, fu sana palestra ove apprendere le gioie di una scrittura libera ed anti-retorica. Corteggiato ovviamente dall’unico vero quotidiano cittadino: La Stampa, che pur operando in un regime di monopolio sul mercato piemontese della carta stampata, grazie al mecenatismo della famiglia Agnelli, garantì libertà d’espressione ai suoi giornalisti tenendoli al riparo delle lusinghe del potere politico, alla fine vi entrò a far parte come si entra in una grande famiglia sino a diventare il responsabile dell’inserto letterario settimanale Tuttolibri”.

Mai però dimenticò la piccola città di provincia in cui risiedevano le sue radici e cioè Ventimiglia, ultimo lembo occidentale di Liguria prima della Francia, legata al capoluogo piemontese da un’ardita ferrovia che per Orengo rappresentò il cordone ombelicale che unisce la madre al figlio. Alla frontiera italo- francese di Ventimiglia, nella frazione di Latte, la famiglia dello scrittore possedeva un’antica magione, retaggio del suo antico rango. Qui Orengo tornava spesso e qui ambientò alcuni dei suoi romanzi più noti come “Ribes”, “Dogana d’amore” e, soprattutto, “La curva del Latte”, ultima sua grande fatica letteraria. Oggi, al pari di Torino, tutta Ventimiglia lo piange, conscia di aver perso una delle sue ultime grandi voci critiche dopo che, non molti anni fa, perse l’altro grande letterato intemelio, quel Francesco Biamonti “coltivatore di rose” che della “città di confine” fu pure bibliotecario.



Orengo era pervaso da una profonda passione civile e politica che lo spinse anche a cercare fortuna come consigliere comunale nella città ligure. Uomo di sinistra dai profondi convincimenti mai riuscì a sfondare politicamente nel piccolo mondo provinciale intemelio ma sempre, con il suo acuto intelletto, rappresentò per la sinistra dell’imperiese un punto di riferimento. Oggi non è più tra noi, ha abbandonato questa brutta Italia soffocata dal cemento nei giorni in cui il dibattito politico prima di un’importante scadenza elettorale è dominato dal gossip. L’incultura delle veline, dei lustrini, di quello che, Orengo giovane, si chiamava avanspettacolo ha avuto aggio sulla Cultura con la c maiuscola: davvero sono tempi duri per i letterati. 

 

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