• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Cronaca > ’Ndrangheta in Lombardia: dopo "Vieni via con me" gli arresti, e (...)

’Ndrangheta in Lombardia: dopo "Vieni via con me" gli arresti, e poi?

Ma quegli arresti che per qualche settimana hanno scosso l'Italia facendo (ri)scoprire le mafie al nord e che tanto hanno fatto discutere per la querelle di "Vieni via con me", che fine hanno fatto? A che punto sono i processi? Sappiamo pochissimo di uno dei procedimenti di mafia più importanti d'Italia.

13 luglio 2010. Dalle prime ore del mattino la Lombardia scopre il segreto di pulcinella della mafia al nord. 300 arresti da Reggio Calabria a Milano, di cui 175 nella stessa Lombardia. Le due operazioni che portano ai 300 arresti si chiamano "Il Crimine" per quanto riguarda quella coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria e "Infinito" invece per la DDA di Milano.

Oltre 40 summit in due anni, 500 affiliati in tutta la Lombardia, 60 milioni di euro di beni sequestrati, 55 perquisizioni, armi e quantitativi di droga sequestrati. Quella mattina sono impegnati nelle operazioni 3.000 uomini delle forze dell'ordine.

“Qua siamo venti locali e cinquecento uomini”, dice uno degli affiliati intercettato il 30 giugno del 2008. I lombardi devono sbattere il muso contro una realtà ad alcuni inedita, una realtà che parla di organizzazioni mafiose, di conferimenti di "cariche" e "doti", una realtà fatta di imprese strozzate, intimidite, di singoli minacciati, di affiliati alla 'ndrangheta nati in Lombardia e di entrature all'interno di amministrazioni, istituzioni, sanità e addirittura le stesse forze dell'ordine.

Di locali, l'inchiesta ne conterà 15 e le indagini individuano delitti, traffici illeciti di armi e stupefacenti, detenzione di esplosivi, attentati, tentativi (riusciti) di acquisizione di attività economiche, appalti pubblici e privati e condizionamenti della libertà di voto.

A uscire con forza è la cosiddetta 'zona grigia' folta di personaggi come Carlo Chiriaco (ex direttore dell'ASL di Pavia),il consulente tributario Pino Neri, l'ex assessore comunale di Pavia Pietro Trivi, accusato di corruzione elettorale, Antonio Oliviero ex assessore della Provincia di Milano nella giunta di centrosinistra guidata da Filippo Penati e poi gli imprenditori Francesco Bertucca e Ivano Perego.

Ma quegli arresti che per qualche settimana hanno scosso l'Italia facendo (ri)scoprire le mafie al nord e che tanto hanno fatto discutere per la querelle di "Vieni via con me", che fine hanno fatto? A che punto sono i processi? Proviamo a fare un punto della situazione senza perderci nei rivoli dei verbali e delle ordinanze che abbiamo fin qui sempre cercato di analizzare dall'inizio di questa lunga e complessa inchiesta.

Sono indagini complesse quelle che portano agli arresti del luglio 2010, indagini svolte dalle forze dell'ordine con molti mezzi, uomini e tecnologie. Se ne sono occupati essenzialmente gli uomini dell'Arma dei Carabinieri, in particolare quelli del Nucleo Investigativo del Gruppo Carabinieri di Monza. “Il procedimento - si legge nell'ordinanza firmata dal gip Ghinetti - è stato iscritto fin dall'ottobre 2006”.

Il primo dato rilevante è il 'censimento' delle cosiddette locali e della loro dislocazione. In tutto, le indagini ne individuano quindici: Milano, Cormano, Bollate, Bresso, Corsico, Legnano, Limbiate, Solaro, Piotello, Rho, Pavia, Canzo, Mariano Comense, Erba, Desio e Seregno.

Tra queste 'locali' e la casa madre in Calabria vi è la struttura intermedia denominata "Lombardia". I rapporti tra la struttura "Lombardia" e la Calabria non sono stati sempre idilliaci visti i desideri di indipendenza totale più volte manifestati da alcuni esponenti di spicco, tra cui appunto quel Carmelo Novella ucciso nel 2008.

La sostituzione di Novella è decisa nel summit di Paderno Dugnano in cui viene designato Pasquale Zappia come nuovo referente della 'ndrangheta in Lombardia. Al summit partecipano tutti gli uomini più importanti dell'organizzazione criminale che ha messo le radici in Lombardia, portandosi appresso anche qualche imprenditore 'lumbard' più che compiacente.


A processo andrà una ‘ndrangheta che stava per mettere le mani anche sull’Expo 2015, una ‘ndrangheta che in Lombardia non smette di operare, perché spesso i rami che vengono tagliati sono quelli secchi e la riorganizzazione è sempre velocissima, una ‘ndrangheta che intacca l’economia legale con l’usura e l’estorsione.

Inizialmente l'operazione destò reazioni, indignazioni e parole. Poi dopo poco, a parte la polemica Saviano-Maroni per il monologo dello scrittore a "Vieni via con me", l'interesse cala e si annulla. Di seguito provo a raccontarvi le fasi salienti del processo che ha portato alla sbarra la 'ndrangheta lombarda.

Il 15 dicembre 2010 in una conferenza stampa congiunta tra i magistrati di Milano e Reggio Calabria si annuncia la possibilità del maxi-processo a Milano. I pm hanno infatti chiesto di procedere con rito immediato per tutti i 174 gli arrestati. È in quella conferenza stampa che il Pubblico Ministero Ilda Boccassini ricorda “Il problema a Milano, però è che le vittime di estorsione e usura continuano a non denunciare", nonostante "il fenomeno estorsivo e usuraio continui".


Poi il procedimento si divide in due tronconi. In 119 scelgono l'abbreviato che prevede lo sconto di un terzo della pena, mentre tutti gli altri imputati andranno a dibattimento durante il rito immediato. Tra questi Pino Neri, Carlo Chiriaco, Ivano Perego e anche uno dei quattro carabinieri coinvolti nell'inchiesta che avrebbero depistato alcune indagini e favorito le attività illecite delle cosche in quel di Rho. Due sono stati già condannati in primo grado a 1 anno e 8 mesi per corruzione e favoreggiamento. La posizione di un quarto carabiniere è ancora al vaglio della magistratura per il reato di corruzione.

Lo scorso aprile patteggiano in 12 con pene fino a 4 anni di reclusione e 20mila euro di multa. Per coloro che hanno patteggiato è stata esclusa l'aggravante mafiosa e rispondono a vario titolo di spaccio di droga, concorso in simulazione di reato, detenzione illegale di armi, ricettazione e danneggiamento.

La prima udienza del maxi-processo si è tenuta l'11 maggio scorso e a tenere banco sono state le costituzioni delle parti civili, in cui la grande assente in un primo momento è stata la Regione Lombardia, che poi si è costituita parte civile nelle udienze successive.

Nel corso delle prime udienze, perlopiù tecniche, non ci sono grosse sorprese, se non l'invettiva dell'avvocato Robero Rallo (legale di Pino Neri) contro le associazioni antiracket che si sono costituite parte civile. Per Rallo questi sarebbero i nuovi 'professionisti dell'antimafia', citando a sproposito Sciascia.

Una delle sorprese arriva all'inizio del dibattimento quando si cominciano le richieste di ammissione delle varie prove raccolte da parte del pubblico ministero e delle difese degli imputati. Si apprende infatti che la relazione della Commissione interna d'inchiesta disposta sull'Asl di Pavia per accertare eventuali condizionamenti da parte della 'ndrangheta è addirittura coperta da segreto di Stato. A rivelarlo è l'avvocato difensore dell'ex direttore dell'Asl pavese Carlo Chiriaco (ricordiamo che l'Asl di Pavia è un ente che dispone di un budget di circa 800 milioni di euro l'anno). Una relazione che avrebbe dovuto portare trasparenza anche all'esterno con un parere del Ministero dell'Interno rimane invece secretata. Peccato, avremmo potuto saperne di più, per esempio, su come sia stato possibile il ricovero sotto falsa identità del latitante Francesco Pelle, detto Ciccio Pakistan, arrestato alla clinica Maugeri nel 2008 e condannato di recente all'ergastolo per la strage di Duisburg.

Il processo si è fermato il 21 luglio scorso per la pausa estiva. Alla ripresa il 23 settembre il pubblico ministero Alessandra Dolci ascolterà tre componenti del Nucleo Operativo dei Carabinieri di Monza che saranno i primi a testimoniare nel corso di questo troncone del processo con rito immediato.

Nell'abbreviato invece si è arrivati alla formulazione delle richieste di condanna. Il pm Dolci ha chiesto in tutto quasi mille anni di carcere per 118 imputati e l'assoluzione dell'ex assessore provinciale Oliviero, uomo in contatto con Ivano Perego e definito dal gip "capitale sociale della 'ndrangheta". In questo troncone del procedimento la sentenza è attesa non prima dell'autunno

Sono programmate fino a dicembre poco meno di trenta udienze e alla ripresa di settembre entrerà effettivamente nel vivo proprio con le audizioni dei testi e di chi ha svolto le indagini.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares