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Napolitano: l’inevitabile, stucchevole, retorica di fine anno

Giorgio Napolitano alle ore 8,30 del 31 dicembre 2013, ci consegna a reti unificate il suo atteso (e boicottato) discorso di fine anno; per la cronaca l'ottavo del suo mandato come Presidente della Repubblica. Confesso che ho faticato a seguirlo, percependo un sottile fastidio pur sapendo che fa parte del suo ruolo istituzionale.

Il "discorso di fine anno" alla nazione è uno di quegli appuntamenti che cerca di rendere percepibile la vicinanza delle istituzioni ai cittadini. Proprio in ragione della sua natura istituzionale è fatalmente scontato che cada nella retorica, a volte stucchevole come in questo caso, altre volte irritante come quando a pronunciarlo era un premier al di sotto di ogni sospetto quale Silvio Berlusconi. Per fortuna almeno questo ce lo siamo risparmiato.

Inevitabile quindi che la sintesi di un anno di vita sociale si riduca alla mera denuncia di ciò che si poteva fare e non si è fatto, all'elenco dei passi necessari da intraprendere per uscire dalla crisi economica più grave del dopoguerra, ai buoni propositi per il futuro e quindi gli auspici a risolvere gli spinosi problemi esistenziali che affliggono molti cittadini. Insomma, quel tono del buon padre di famiglia, a tratti però deciso e quasi minaccioso, nel clima ovattato delle festività natalizie, che non deve tuttavia trarre in inganno. Siamo pur sempre sul piano delle parole, i fatti purtroppo sono un'altra cosa.

Ma la novità di quest'anno è che Giorgio Napolitano ha esordito in stile Mario Pio, personaggio televisivo e radiofonico di sordiana memoria, leggendo alcune lettere inviate da cittadini disperati. Quella di Vincenzo, disoccupato a 61 anni dopo una vita da imprenditore, che nella sua disperazione lancia l'appello" che non siano i semplici cittadini a fare sacrifici, ma che anche i politici facciano la loro parte ". Daniela che è in pena per il suo fidanzato che a 44 anni è troppo vecchio per trovare un lavoro e troppo giovane per la pensione. Poi c'è quella di Marco che denuncia la gravità della situazione degli "esodati" oppure quella di un padre di famiglia che ha il dilemma se pagare le tasse o comprare il minimo per la sopravvivenza dei suoi due figli (io non avrei dubbi, ndr). Insomma il Presidente Giorgio Napolitano, in questa fatidica ricorrenza, ha voluto rendere partecipi gli ascoltatori (circa 7 milioni solo sulle reti RAI) dei casi di disperazione che attraversano il paese da nord a sud, come se i cittadini fossero ciechi e sordi o che non provassero direttamente sulla loro pelle, a differenza della casta a cui anche "Re Giorgio" appartiene, tutte quelle disgrazie che poche letterine non possono certamente elencare.

E' evidente che non ho mai nutrito particolare simpatia per questo presidente, già comunista quando io ho iniziato ad essere comunista, ma di una specie particolare che potremmo definire antesiniana a quella che poi è stata la linea guida del partito che ha prodotto per quasi mezzo secolo una finta opposizione alla peggior destra europea. Era l'uomo dei compromessi, degli equilibri col bilancino, dei distinguo, insomma un "equilibrista politico" con i fiocchi che non poteva non piacere a tutti, destrorsi e sinistrorsi. E difatti così è stato, se persino Silvio Berlusconi, che vede i "comunisti" come il fumo negli occhi (Putin a parte) lo aveva santificato come "il miglior presidente", salvo poi rimangiarsi tutto quando si è accorto che la sua strumentale manovra di "pacificazione" non approdava all'agognato salvacondotto giudiziario. Adesso ne chiede le dimissioni. 

Tuttavia ho trovato piuttosto becerotto l'invito dei soliti sfascisti nazionali, mi riferisco soprattutto al neoeletto segretario della Lega Matteo Salvini e al leader dei grillini Beppe Grillo, a "boicottare" Napolitano. Nessuno mette in discussione la legittima scelta di ognuno di ascoltare o meno, quindi nulla da dire se Salvini dichiara in una intervista a Sky: "Ho già in programma di vedere Peppa Pig in tv con mia figlia di un anno", così come è legittimo che Beppe Grillo organizzi in contemporanea al discorso del Presidente un suo personale contro-discorso rivolto ai cittadini intriso dei soliti luoghi comuni, peraltro in una cornice scenica da rivoluzionario sudamericano, in cui torna a ribadire l'intenzione di portare in votazione al Parlamento la proposta di "impeachment di Napolitano". Fatti loro, ma ci sono momenti in cui sarebbe dovuto il rispetto istituzionale, non verso l'uomo in quanto tale ma verso il ruolo che rappresenta. Non foss'altro per cercare di salvare quel minimo di senso di appartenza e di unità nazionale che ancora rimane, senza sbracare nello sfascismo totale. Una democrazia matura è tale se sa salvaguardare quello che nella forma di "garbo istituzionale" si traduce in sostanza nel rispetto dei ruoli istituzionali.

Comunque l'invito al boicottaggio mediatico, stando ai resoconti di agenzia, è miseramente fallito, dal momento che oltre dieci milioni di cittadini hanno ascoltato la diretta a reti unificate (Sky e La 7 compresi).

Resta tuttavia un senso di disagio latente per un appuntamento di fine anno che sta inevitabilmente scivolando nella retorica più scontata, a volte anche indisponente, che invece di raccogliere i cittadini attorno alle istituzioni, in primis quella massima della Presidenza della Repubblica, tende ad esacerbare gli animi. Inevitabile cioè quella subconscia percezione del "senti da che pulpito viene la predica" che accompagna il tribuno di turno, anche quando riveste un ruolo istituzionale fondamentale come nel caso specifico. Trovi sempre l'obiezione facile ma graffiante: "Parla dei duri sacrifici fatti dagli italiani, ma quali italiani? Cominci lui a rinunciare ecc...". E' inevitabile che succeda quando politica ed istituzioni vivono distaccati dal paese reale. Due mondi parallelli che non si incontrano mai, che non riescono a trovare una sintesi comune.

Quindi meno proclami altisonanti, per quanto autorevoli, e più fatti concreti porterebbero certamente più acqua al mulino della credibilità istituzionale e tarperebbero le ali a tutti gli sfascisti che prosperano in questo paese.

Commenti all'articolo

  • Di GeriSteve (---.---.---.94) 2 gennaio 2014 20:43

    Non ho ascoltato quel discorso, poco mi interessa quel che dice Napolitano.
    Mi interessa quel che ha fatto:
    ha firmato tutte le leggi indegne prodotte da berlusconi, lodo Alfano compreso
    ha protetto Mancino e tentato di far avocare il processo stato mafia
    non ci ha fatto sapere cosa si è detto con Mancino
    non ha sostenuto i magistrati antimafia minacciati dalla mafia
    ha calpestato e continua a calpestare la costituzione
    sta tentando di attuare le modifiche costituzionali perseguite da Gelli
    vuole stravolgere la costituzione (che proprio lui dovrebbe difendere) usando un parlamento eletto con il porcellum e il meno votato nella storia d’Italia.
    E lo dovrei pure ascoltare?

    GeriSteve

  • Di paolo (---.---.---.204) 2 gennaio 2014 23:11

    Caro Geri ,visto come la pensi direi che hai fatto benissimo a non ascoltarlo.

    E’ una tua scelta legittima .Situazione però del tutto diversa da chi ,facendo parte delle istituzioni (vedi per es.un parlamentare o un capo partito ) invita pubblicamente i cittadini a fanculare il Presidente della Repubblica .
    Sono cose che succedono solo da noi ed è uno dei motivi per cui più che un popolo siamo diventati una accozzaglia .
    E quella mancazza di rispetto istituzionale , che non è soltanto formale , che poi ti ritrovi puntualmente dappertutto . Vedi , tanto per citarne una , chi sputtana il magistrato di turno dandogli dell’ubriacone malvestito e disonesto oppure dando del vecchio rincoglionito ad un Presidente della Repubblica . Sarei curioso di vedere le stesse cose negli "States " o magari sentire un rappresentante della Camera dei lord che da pubblicamente della rincoglionita alla regina d’Inghilterra , per vedere poi come va a finire .
    Da noi invece queste cose succedono come niente fosse ,direi che sono diventate cose normali , routine quotidiana .
    E’ anche e forse soprattutto per questo che siamo nella merda. Un popolo che non ha rispetto per le istituzioni produce pessimi rappresentanti delle istituzioni e quindi pessime istituzioni .
    grazie -ciao

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