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Morto "U malpassotu", alias Giuseppe Pulvirenti

Di Carmelo Di Gesaro.

Un incidente ha stroncato la vita del settantanovenne boss Giuseppe Pulvirenti, detto U MALPASSOTU, ex uomo di fiducia di Benedetto Santapaola, divenuto collaboratore di giustizia diversi anni fa.

La notizia è del 2 Febbraio ma è stata diffusa solo adesso.

U malpassotu faceva il guardiano notturno di un parco giochi, sotto identità segreta, è morto in un incidente stradale a Cerveteri (Roma). Era alla guida della sua motoape, a Palermo detto LAPINO, si stava recando a lavoro quando si è scontrato con una Volkswagen Golf.

Ma chi era Pulvirenti?

Tarchiato, con la barba incolta, i capelli rasati a zero, andamento stanco e sofferente. L’ immagine che offre Giuseppe Pulvirenti, "’ u malpassotu", non e’ quella glaciale di Toto’ Riina o quella quasi sfottente di Nitto Santapaola. Il suo è l’aspetto di un contadino svegliato di soprassalto nel cuore della notte, alla Binnu Provenzano.

Boss sanguinaro della mafia catanese, detentore di un esercito di militari mafiosi, si mise a disposizione di Benedetto Santapaola. Partecipò alla faida che si aprì in cosa nostra catanese negli anni novanta, una faida da 100 morti all’anno.


Fu arrestato nel 1993 ,“operazione mito”, nascosto sottoterra nella campagne di Belpasso, dopo 11 anni di latitanza e pochi mesi dopo la cattura di Nitto Santapaola. Viveva, con il suo guardaspalle, in un vano sotterraneo di sedici metri quadrati nascosto da una botola. Nel rifugio, due lettini, la pistola, una radio sintonizzata sulle frequenze delle forze dell’ordine e una manciata di denaro. Quando entrarono nel covo i carabinieri gli gridarono "E’ lei Pulvirenti?" e lui "Perche’ non mi conosce?". Al momento dell’ arresto il boss portava al dito un anello con dodici diamanti e al centro un rubino. I pentiti lo definiscono "l’ anello dei dodici capi" che porterebbero tutti i capi mandamento di Cosa Nostra. Il boss ostentava anche un Rolex d’ oro ed una pesante collana con una testa di leone.

Alcuni mesi dopo l’arresto decise di collaborare con la giustizia facendo scattare diverse operazioni antimafia.

Ma la vita del mafioso Pulvirenti non era fatta solo di estorsioni, omicidi e traffico di droga. Nel portfolio del boss c’erano anche i voti della provincia di Catania, controllava interi pacchetti di preferenze, era a capo di un vero e proprio traffico elettorale scoperto 4 giorni dopo le elezioni regionali siciliane del 1991.
Ci fu una operazione che portò in carcere 41 persone, fu la notte del 20 giugno ’ 91 , coinvolto anche il deputato repubblicano Aristide Gunnella, in manette ,oltre ai componenti del clan Pulvirenti , anche altri 6 politici tra cui il candidato dc Giovanni Rapisarda e il parlamentare regionale del Pri Alfio Pulvirenti, usciti poi sconfitti dalla competizione elettorale.
Ai due candidati "u malpassotu" avrebbe garantito il seggio nel Parlamento siciliano. In cambio i politici avrebbero versato denaro e si sarebbero impegnati a favorire la cosca una volta eletti.
Ma "u’ Malpassotu" non avrebbe condizionato soltanto le elezioni regionali siciliane del 1991. Nel decreto di scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune di Misterbianco, del 1992, il prefetto di Catania sottolineò la forza intimidatoria del clan nei confronti del municipio e scrisse che il boss avrebbe "condizionato pesantemente" la vita dell’ intero paese.

Nella sua seconda vita, quella da “pentito”, trovarono spazio anche alcuni pettegolezzi. Abbandonato dalla moglie e dai figli per la sua scelta di collaborare con la giustizia , l’ex “leone di Belpasso” nel 1996, chiese il divorzio per seguire una donna, sua amante già dal 1992, ma la moglie non glielo concesse.
Il Malpassotu, predicava bene e razzolava male ,“non rispettava le regole del decalogo del buon mafioso”, protagonista, per ironia della sorte, di una di quelle storie a luci rosse che lui puniva con il sangue. "Scappatelle" e relazioni "illecite" che non erano concesse ai picciotti, e che da buon “cristiano” era solito scoraggiarle. Come nel caso di Giuseppe Conti, cantante alle feste rionali con il nome d’ arte di Pippo Lopes, assassinato nel novembre dell’ 84 perche’ aveva una relazione extraconiugale con la moglie di un affiliato del suo clan. Stessa sorte per un impiegato dell’ Enel, Angelo Ficarra, ucciso nel marzo dell’ 88.

Di Giuseppe Pulvirenti adesso è rimasto un cadavere, con l’immagine smorta di leone tatuata sul petto, un simbolo per ricordare a tutti che solo lui fu il "leone di Belpasso".

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