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Morire per Maastricht?

Si può (e si dovrebbe) morire di Euro? I rapporti poco chiari e le recenti politiche in campo economico e militare non lasciano molti dubbi al riguardo.

Nel 1997, l'attuale Presidente del Consiglio Enrico Letta, pubblicava un suo libro dal titolo a dir poco inquietante: “Euro sì. Morire per Maastricht”.

Ma chi è costui? Chi è Enrico Letta? Non è difficile soddisfare questo interrogativo. Egli è l'allievo di quel Beniamino Andreatta che gettò il “debito pubblico” italiano nelle fauci della speculazione finanziaria. Ma è anche l'allievo di Romano Prodi, il quale nel 1999 legalizzò la pratica usuraia bancaria. Egli appartiene inoltre alla cerchia degli “illuminati” frequentatori del famigerato Club Bilderberg, dell'Aspen Institute e della Commissione Trilaterale.

L'alienazione perorata da Letta nel suo libro è che valga la pena, anzi che sia necessario, morire per l'euro e per Maastricht, proprio come valeva la pena morire per la Polonia nel 1939. Dimostrando così di aver deliberatamente taciuta la pericolosità di quella autentica trappola denominata “Trattato di Maastricht”, il quale sancisce, fra l'altro, l'autarchia finanziaria imposta dai vincoli di bilancio. D'altra parte, la partitocrazia, della quale Letta rappresenta la più genuina promanazione, può salvarsi soltanto tutelando gli interessi dell'oligarchia finanziaria e non certamente quelli della gente. In questo contesto, nel 2006, il Presidente Napolitano firmava con Prodi la riforma dello statuto della Banca d'Italia, decretandone così la sua privatizzazione. Sempre il Presidente della Repubblica, nel 2011, in ottemperanza alle direttive tedesche, aveva sostituito il governo Berlusconi con il posticcio governo Monti, nonostante fosse evidente la sua pericolosità sociale.

Coloro che avevano riposto ancora un minimo di fiducia nell'operato del Capo dello Stato, illudendosi che egli avesse potuto anteporre gli interessi del popolo a quelli della finanza, hanno provato un profondo senso di frustrazione quando lo stesso, il 24/4/13, ha conferito a Letta l'incarico di formare il nuovo governo. Attraverso queste iniziative, la sempre più delegittimata partitocrazia ha desistito dalla attuazione delle riforme invocate dalla base per orientarsi verso quelle modifiche normative volte a consolidare i suoi privilegi.

Seguitando lungo questa strada, fra non molto la casta politicante dovrà rendere operativo il convenuto programma di repressione poliziesca opportunamente approntato per poter fronteggiare la montante rabbia popolare.

Gli strumenti per poterlo fare, sono pronti da tempo: dal Trattato di Lisbona all'Eurogendfor, la quale non è un ordinario corpo militare, ma un organismo bellico autonomo, essendo indipendente da ogni sorta di interferenza. Questo corpo speciale, così vicino nella memoria ai temibili apparati nazisti, è autorizzato a impiegare qualsiasi tipo di arma nella repressione popolare: dai gas nervini alle armi elettromagnetiche. La richiesta di intervento di questo speciale apparato repressivo, sarà affidata al Cimin, ossia al Comitato dei Ministri degli Esteri Europei, quando nei rispettivi territori si manifesteranno tensioni sociali nei confronti delle misure economiche e fiscali imposte dall'oligarchia finanziaria: infatti, Eurogendfor è l'esercito dei banchieri ed è incaricato di sottomettere i popoli debitori. Non a caso, la sua sede italiana si trova a Vicenza. Sicuramente, per assicurarne l'obbedienza agli ordini della NATO e/o dell'OCSE, a seconda delle evenienze.

Giova ricordare in proposito che, nel 2003, la NATO pubblicava una ricerca condotta l'anno precedente, la quale delineava preoccupanti scenari futuri. Quello studio, conosciuto come “Rapporto NATO sulle Operazioni Urbane 2020”, contemplava, fra l'altro, un contesto di ingravescente militarizzazione delle aree urbane quale preludio alla militarizzazione dei singoli Stati, attuata anche mediante il ricorso all'impiego di armi non convenzionali, nell'intento di assicurare la sopravvivenza dello stato capitalista. Stando a quella ricerca, sarà nelle città dove nel futuro la vita diventerà più difficile, dato che al loro interno esploderanno le contraddizioni del modello capitalista.

Dal momento che si tratta di un documento afferente a un organismo come l'ONU, bisogna prenderlo sul serio: infatti, quel che esso anticipa è qualcosa capace di travalicare l'ambito del mero complotto. Si tratta di operazioni studiate a tavolino e finalizzate a schiavizzare i popoli. Nello stesso documento, si legge ancora che, nel 2020, il 70% della popolazione mondiale si concentrerà nelle aree urbane. Allora, il pianeta avrà superato i 7,5 miliardi di abitanti: il che comporterà una spaventosa esplosione demografica responsabile di stridenti conflitti sociali. In un simile contesto, la peculiarità delle “Operazioni Urbane”, sarà quella di assicurare una imponente presenza militare per prolungati periodi di tempo.

E siccome i futuri conflitti scoppieranno nelle aree metropolitane, i militari nelle strade fungeranno da congruo deterrente per la gente. I governi e i cittadini, di fronte a una simile precarietà sociale, saranno costretti a invocare l'intervento dei militari, che potranno così impiegare ogni sorta di armamento. Il fine ultimo di tale iniziativa, sarà quello di costituire uno stato mondiale militarizzato. Allora tutte le strade saranno pattugliate dall'esercito. Il governo proporrà questa situazione in chiave temporanea. Ma la realtà sarà diversa. Il vero obiettivo dell'operazione, sarà la militarizzazione della società. Almeno questo si evince dagli studi condotti dal Pentagono. Si tratta di studi affidati agli esperti del gruppo “SAS 30 Urban Operations in the year 2020”, al quale partecipano dal 1998 esperti di 7 nazioni della NATO (Canada, Francia, Germania, Italia, Gran Bretagna, Olanda e USA).

Cerchiamo di verificare meglio cosa preveda nello specifico lo studio NATO U.O. (Urban Operations) 2020. Esso lascia emergere uno scenario mondiale futuro che vede le città come campi di battaglia: della battaglia per la sopravvivenza della società capitalista. Per cui, sarà nelle città che la vita sarà resa più ardua, dal momento che mancheranno i servizi sociali. La scarsità di cibo e di lavoro, completeranno la miscela. Allora, l'impiego di un esercito dotato di armamenti convenzionali rischierebbe di aizzare ulteriormente le folle: perciò lo studio “U.O. 2020” suggerisce di prevedere in anticipo le operazioni con il graduale impegno dell'esercito.

Tutti i Paesi aderenti a questa sciagurata iniziativa, tra i quali figura anche l'Italia, stanno addestrando appositi reparti, specializzandoli in operazioni militari destinate al contenimento delle folle e al rastrellamento del territorio. Gli USA e la Gran Bretagna, ritengono l'Italia uno dei migliori fornitori di personale addestrato allo svolgimento di simili compiti. In Italia, una apposita esercitazione fu tenuta presso il Centro di Addestramento alle CRO (Crises Response Operations) di Cesano, dal 17 al 28 febbraio 2003.

I militari impiegati in tali operazioni, oltre alle armi convenzionali, impiegano anche altri sistemi d'arma. Questa indicazione è venuta dall'esperienza maturata con la partecipazione alle “guerre umanitarie”, oltre che da altre circostanze di ordine pubblico, come quella denominata “Vespri Siciliani”.

Il programma appositamente approntato, denominato “Non Lethal Weapons”, e redatto dallo Stato Maggiore dell'Esercito, prevede che le truppe impiegate in simili situazioni abbiano in dotazione particolari bombolette spray al peperoncino per poter intervenire efficacemente contro i manifestanti, oltre ad appositi fucili automatici dotati di un sistema di puntamento ottico, capaci di sparare “proiettili ad alta deformabilità e a energia cinetica costante”. Negli Usa invece stanno approntando l'impiego di particolari mezzi blindati in grado di sparare raggi a microonde. Guarda caso, in tutti i Paesi occidentali, le leggi sono state modificate in maniera tale che i governi possano emanare provvedimenti speciali senza l'approvazione del Parlamento.


In un così degradato contesto internazionale, vale la pena “morire per Maastricht”? Non sarebbe meglio adoperarsi per costruire una società diversa, libera dai vincoli della perversione finanziaria? Sicuramente, la migliore risposta a questo inquietante paradosso l'ha fornita l'economista Edward Luttwak, il quale replica alle conclusioni di Letta rievocando quanto da lui sostenuto sin dal 1966: e cioè che l'odierna situazione italiana, più che il contesto richiamato dallo stesso, rifletta quello del 1940, quando l'Italia “non aveva nessuna convenienza a entrare in guerra, ma l'istinto del gregge fece sì che Mussolini, che pure l'aveva intuito, facesse questo errore. Si diceva, anche allora, che tutte le potenze mondiali erano in conflitto, perché noi dobbiamo starne fuori? Forse siamo di serie B? E così l'Italia commise un grande errore”. Un errore, reiterato successivamente, ed è il caso di precisarlo, con la folle adesione all'euro.

Secondo Luttwak, l'uscita dall'euro non è semplice, ma si rende doverosa. Essa comporta un inevitabile prezzo da pagare. Come capita del resto quando si commettono errori. “Restare nell'euro”, aggiunge l'economista di Arad, significa restare in una “economia da morti viventi. Non si uscirà mai dalla crisi. Immaginate questa situazione protrarsi per 50 o 100 anni o per sempre”. Una situazione comportante sempre più tasse. “Ammettiamo però che ogni italiano accetti di diventare più povero e senza futuro. Tutto questo non basta. L'Italia dovrà ridurre il debito pubblico di 40 miliardi. Sapete cosa significhi? Equivale a 10 IMU. Non ti riprendi più”. Si potrebbero rivedere i patti con l'Europa. Ma questo ai tedeschi non conviene. “Non vogliono cambiare nessun parametro. A costo di uscire loro dall'euro. E, senza la Germania, questo euro non è più l'euro”.

All'Italia conviene allora rimanere nell'euro? Così risponde Luttwak: “Penso di no. Sarebbe come stare in un club dove i vantaggi siano pochi e il prezzo sia non soltanto alto, ma rischierebbe di cancellare il tuo futuro. Un individuo che pur di stare in un circolo esclusivo, si rovini, sarebbe stupido. Stranamente, questa regola sembra non valere per gli Stati, ma il concetto è lo stesso”. Gli interessi italiani, “non sono gli stessi del Nord Europa. L'economia italiana...sta creando guai in tutto il mondo...L'Italia morente, è un problema geopolitico grave. Da quando l'Italia è in Eurolandia, non cresce...Certo, gli italiani possono appiccicarsi la medaglietta dell'euro, ma non esportano più. Se questi politici rispettabili guardassero in giro e facessero una scelta razionale, cambierebbero subito valuta”.

A Luttwak perciò non piace l'Europa. “Non mi piace una oligarchia che trovi normale prendere i soldi dai conti correnti degli individui, di notte, come fanno i ladri”. A lui, questo non piace. Agli italiani, evidentemente sì. Considerato che, da quel che è dato obiettivare, essi abbiano già deciso, lasciandosi sedurre dalle lusinghe di politicanti senza scrupoli. Quel che appare ancor più grave, è che questo ricorra nonostante le conseguenze di una così pesante situazione gravino sulla pelle di tutti.


 

Fonti:

  1. Enrico Letta. “Euro sì. Morire per Maastricht”. Ed. Laterza, 1997;

 

http://www.rta.nato.int/pubs/rdp.asp?RDP=RTO-TR-071
http://www.ecplanet.com/sites/ecplanet.com/files/TR-071-$$ALL.pdf
http://www.ecplanet.com/sites/ecplanet.com/files/TR-071-$$TOC.pdf
http://www.ecplanet.com/node/3316
http://www.ilgiornale.it/news/interni/leuro-letale-litalia-scelga-uscire-subito-926365.html
http://www.informazionex.com/TRATTATI_E_LEGGI_%28Velsen-Lisbona-esm%29_/TRATTATO_DI_VELSEN_%28_regolamentazione_ufficiale_di_Eurogendfor%29

 

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