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Monti: fiducia alla Camera e la lotta all’evasione

Una questione che non si può ridurre al mero ritorno economico

Il discorso che il neo Presidente del Consiglio Mario Monti ha tenuto alla Camera dei Deputati, in occasione del voto di fiducia di ieri, è stato onesto, pragmatico, realistico e puntuale. Si potrebbe obiettare che è mancato il pathos dei momenti storici, ma dopo anni di parole altisonanti, non seguite da pari realizzazioni pratiche, non c'è da lamentarsi troppo. Non è certo per infiammare i cuori che l'ex commissario europeo si è insediato a Palazzo Chigi. Eppure... Eppure su un punto non concordiamo con il basso profilo fin qui tenuto - e bisogna dirlo opportunamente - da Monti: il passaggio relativo alla lotta all'evasione fiscale.

Testualmente il professore varesino ha dichiarato: "Per riacquistare fiducia nel futuro dobbiamo avere fiducia nelle istituzioni che caratterizzano uno Stato di diritto, quindi si procederà alla lotta all'evasione fiscale e all'illegalità, non solo per aumentare il gettito (il che non guasta), ma anche per abbattere le aliquote". La premessa è giusta: combattere l'evasione contribuisce certamente ad aumentare la fiducia dei cittadini verso le istituzioni. Ma è anche piuttosto riduttiva, in quanto figura soltanto un rapporto verticale cittadino-Stato. Esclude, cioè, quelle forme di reciproco controllo orizzontale che sono alla base di una convivenza civile e democratica, e rappresentano gli anticorpi naturali contro i comportamenti anti-sociali di chi gode di beni pubblici senza "pagare il biglietto". Se la conclusione è: abbattere l'evasione fiscale vuol dire maggiori entrate per le casse statali, e dunque la possibilità di abbassare le aliquote, si perde di vista il principale fine del perseguimento della lealtà fiscale, che è quello di rafforzare nei cittadini il senso dello Stato, il sentimento di appartenenza a una comunità solidale.

A nostro parere, quindi, la questione della lotta all'evasione andava posta in termini di "educazione nazionale", più che di ritorno economico. L'evasione fiscale è un tradimento verso la società in cui viviamo e i valori che (a parole) tutti professiamo, è sperpero del capitale di fiducia sociale che ogni comunità accumula attraverso piccoli gesti quotidiani, è una truffa ai danni dei colleghi, amici e familiari - figli soprattutto! Suonerà strano, ma in definitiva è un comportamento autolesionista. Se la questione fosse meramente economica, allora andavano benissimo gli scudi fiscali e i vari condoni - realizzati o solo promessi - da Berlusconi&Tremonti!


Purtroppo decenni di malcostume nazionale hanno sviluppato una certa tolleranza sociale nei confronti di questo atteggiamento distruttivo. L'apoteosi di questo processo si è avuta nel 2004, quando l'allora Premier Berlusconi, sempre abile a costruire le sue fortune elettorali facendo l'occhiolino ai più bassi istinti dei cittadini, dichiarò che a fronte di una pressione fiscale troppo elevata è "moralmente giustificato evadere le tasse". Finché non si riuscirà a diffondere tra gli italiani una spiccata riprovazione sociale verso l'evasione fiscale, vincere questa battaglia sarà una chimera.

Le "attenuanti" alla scarsa enfasi che Monti ha riservato a questo tema non mancano. E' un argomento di certo scivoloso, come dimostrano le scomposte reazioni alla decisone del ministro Visco che nel 2008 fece pubblicare online le dichiarazioni dei redditi degli italiani: decisione sicuramente opinabile - come dimostra anche lo stop del Garante per la Privacy a poche ore dalla pubblicazione - ma non di quelle da stracciarsi le vesti. E in un momento teso e confuso come questo, in cui il PdL è lacerato da tensioni interne e si mostra notevolmente suscettibile di fronte a "ditini alzati" e a qualsiasi lezione, forse sarebbe stata una mossa intempestiva.

Ma ci permettiamo comunque di dare un consiglio al Professor Monti, nel momento in cui si agginge a un compito davvero arduo: tiri dritto. Segua soltanto le competenze, la professionalità e l'onestà che gli sono unanimemente riconosciute. A vederlo parlare insieme seriamente e serenamente, in quel campionario di umanità varia che è diventato il Parlamento italiano (grazie anche alla scellerata legge elettorale attuale) ci si stringeva quasi il cuore! Non è il suo habitat naturale, e si vede. Ma a maggior ragione, se non vuol finire sbranato dai professionisti del massacro politico-mediatico, può solo puntare a rafforzare le enormi aspettative che si nutrono su di lui fuori dal Palazzo più che dentro. Non avrebbe senso parlare lo stesso linguaggio di chi l'ha preceduto ( e non ci riferiamo solo all'ultimo governo). Non avrebbe speranza il tentativo di mostrarsi "uno di loro" per poter interagire meglio nell'arena parlamentare. Si presenti in Aula con misure davvero drastiche per ripulire l'aria che si respira oggi in Italia, per far emergere quel sommerso che rappresenta un quinto della nostra economia, per prosciugare la palude grigia dei rapporti tra politica ed imprenditoria. E se qualcuno lo sfiducerà su questi temi dovrà farlo in Parlamento, in diretta tv, col voto che incomberebbe a pochi mesi. Chi ne avrà il coraggio?

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