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Miss violence: una violenza familiare agghiacciante

Miss Violence è un film del 2013 diretto da Alexandros Avranas, leone d’argento alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Ha inoltre ottenuto la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile di Themis Panou. Il film, come suggerito dal regista, è ispirato ad una storia vera.

Il film comincia con il festeggiamento del compleanno della giovane Angeliki, la quale, inspiegabilmente, si butta dal balcone del salone suicidandosi. La famiglia di Angeliki cerca di reagire in modo controllato all’evento sotto la guida del nonno e anche padre di famiglia.

Tuttavia, ben presto si capisce che in questa famiglia c’è che qualcosa che non va: il padre impone un’oppressione asfissiante su tutti i bambini, i quali sembrano non avere padre. Inoltre, in famiglia nessuno lavora, ma, nonostante questo, sembrano non esserci problemi economici.

Si scoprirà, più avanti nel film, che il suicidio di Angeliki in realtà aveva una causa: Myrto gli aveva confessato che il nonno la faceva prostituire, come si osserva verso la fine del film. Angeliki inoltre aveva saputo dalla zia che al compimento degli undici anni anche lei avrebbe avuto lo stesso destino di Myrto.

Myrto rivela anche ad una maestra che il padre è un violento e il padre invece di porre fine al problema fa prostituire anche la nipote di 11 anni Alkmini. Verso la fine del film il nonno viene ucciso dalla nonna e la tragedia familiare ormai è completa.

Il film mostra un clima agghiacciante, così come sono agghiaccianti le azioni che compie il nonno e padre di famiglia: un ambiente familiare oppressivo all’inverosimile che può essere paragonato addirittura ad una caserma militare. Un ambiente familiare descritto in modo asettico, luogo dove si inscena la più aberrante delle perversioni.

Le figure che colpiscono maggiormente nel film sono la nonna e la figlia Eleni, che assistono alla “violenza” quotidiana impassibili e sottomesse. Colpisce molto la scena in cui Eleni scopre il padre morto: il suo è un sorriso misto a dolore, un sorriso che esplicita la contentezza per la fine della prostituzione che devono subire lei e le sue figlie, sorriso accennato che intravediamo anche nel volto di Angeliki quando si butta dal balcone.

Quindi sottomissione e violenza familiare sono protagonisti in un film alquanto anomalo che descrive una storia realmente accaduta, una storia inconsueta e terribile, una storia che sembra indicibile per il fatto che i protagonisti della violenza sono per lo più bambini e ragazzi impotenti, impassibili e incapaci di reagire in qualsiasi modo.

Il suicidio di Angeliki apre uno squarcio in una realtà fredda e muta, una realtà quella descritta dal film all’inizio che sembra paradossale e non verosimile, una realtà che all’inizio del film sembra essere avara di sentimenti ma che poi diventa struggente, passionale, sofferta.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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