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Misericordia

Emma Dante ci ha raccontato – con la sua preziosa presenza e il piacevole discorrere col pubblico dopo la proiezione al cinema Edera di Treviso il 6 novembre scorso - il film Misericordia, un'altra perla o g-Emma delle sue creazioni dopo Via Castellana Bandiera e Le sorelle Macaluso.

Anche questo film è uno sviluppo del suo lavoro teatrale dove si recita la stessa vicenda. Qui è ambientato in una baia rocciosa del mare di S. Vito Lo Capo nella Sicilia nord-occidentale, dove vive in catapecchie di fortuna una “comune” di donne, una località dove si sono stabilite,“controllate” da uomini che le prostituiscono, traendone ed amministrandone i ricavi. Fabrizio Ferracane (indimenticabile in Anime Nere, Aria ferma, L'arminuta) è qui Polifemo, orbo da un occhio, figura memorabile e minacciosa spesso per il protagonista. Che è Arturo (Simone Zambelli, ballerino nella realtà), il bimbo che vediamo a inizio film, da poco partorito da una mamma che viene uccisa. Piange, posto al riparo di una roccia dell'incombente Monte Monaco – le cui rocce si sbriciolano cadendo nel mare quando sembra voler punire gli umani che vi abitano sotto. Solo una pecora è vicina al neonato, parrebbe voler consolare quel pianto disperato. Le piccole urla ci vengono fatte udire a continuazione del ringhio delle onde che si infrangono sulla baia: un accostamento geniale, poetico.

Arturo cresce con due “madri” acquisite, Betta (Simona Malato) e Nuccia (Tiziana Cuticchio), che ricordano ancora quando affettuose se lo cullavano al petto. Ora il ragazzo è un “diversamente abile”, nel senso che si comporta e si muove stranamente, sfoga spesso le sue inquietudini con movimenti inconsulti e scoordinati, ma non si può non provare affetto per lui. La sua “diversa abilità” gli fa sentire di esser voluto bene (Polifemo escluso), è attratto dai bambini che giocano in gruppo e a cui si unisce volentieri, fa festa a tutto e tutti, in specie alle pecore che vengono portate in gregge.

Un film geniale, che fa star bene chi lo guarda, c'è amore in questo borgo fatiscente. Un'altra piccola perla: alla fine del film, quando un Arturo ripulito ma un po' in ansia e pensieroso viene portato a una struttura protetta che si chiama Misericordia, c'è la canzone Avrai di Baglioni, le cui frasi sono un bell'augurio per lui che sentiamo come “nostro” beniamino.

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