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Finalmente l’alba

 E finalmente l'alba arrivò, quando il mattino rischiarò le cose e i pensieri della ventenne Mimosa, fece sparire le brutture della notte. S'incammina verso casa dopo una notte fuori, una cosa mai accaduta a questa ragazzina pudica e ligia alla disciplina di “mammà”, alle convenzioni di una famiglia popolare. Ricorda per l'ambientazione temporale l'altro film recente, C'è ancora domani

Di fatto però il racconto di Costanzo “avviene” nel 1953, quando si trova il corpo di Wilma Montesi, 21enne, sulla spiaggia di Capocotta nominata in questo film (delitto o morte irrisolta e dalle cause mai acclarate, che interessò lungamente la stampa, la politica e personaggi equivoci): vien da pensare che il regista abbia voluto inserire il caso a mò di monito per la nostra protagonista Mimosa, il pericolo al frequentare ambienti sconosciuti e mai percorsi.

La accompagna nel chiarore dell'alba una tigre maestosa e mansueta, fuggita dalla gabbia dove ruggiva come comparsa in un film. Sono finiti i clamori del film storico che ha ricreato l'Egitto a Cinecittà: l'accostamento di queste due creature a quel mondo fà pensare a delle vite semplici, naturali, che contrastano con le finzioni e il fragore del mondo degli attori o della gente “in”. (Altro accostamento: La grande bellezza). Fuori dal popolo di un set cinematografico, lontani dalle brutture che possono esserci dietro alla pellicola di un film, da quelle persone che lo popolano, non tutte specchiate ma volte a propri traffici e interessi privati: i produttori che ci mettono i soldi, i notabili - politici? quelli che fanno avere finanziamenti all'opera? - in cerca di nottate dove cogliere qualche trofeo femminile, la cocaina che forse “tiene sù” le notti di quel mondo, le rivalità e gelosie tra gli attori, le “primedonne”, le bizze e i capricci di costoro. Altro accostamento: la chiusura del film La dolce vita, dove la giovanissima Valeria Ciangottini, barista che in un'altra alba e in riva alla spiaggia chiama Mastroianni, il quale non sente e si allontana con il resto della troupe.



Si è trovata senza la sua volontà come comparsa nel film, voluta dalla protagonista Josephine, americana che funge da faraona nella recita e che la nota casualmente. Forse l'ha voluta perché attratta dal viso pulito di una ragazza comune. Mimosa stava cercando sua sorella in realtà, scelta insieme ad altre comparse per la sua avvenenza, da un finto-agente che in realtà l'ha vista e la corteggia all'uscita da un cinema, dopo un film in bianco e nero sulla fine della guerra a Roma, un po' triste, come la loro mamma dice: “Nun ce fosse bastata a guera!”. Ma è Mimosa la sincera amante del cinema, ne coglie le emozioni e i sogni che offre. Si trova suo malgrado nella troupe del film egizio, accolta e poi respinta. Una persona semplice in un mondo artificiale.

Mai banali i film di Saverio Costanzo, cito quelli visti: In memoria di me, Private e questo, dedicato a suo padre. Urge vederne altri suoi anche più noti.

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