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Maroni: non un razzista, peggio

Dopo la sua esibizione di cinismo, spero che la Lega, con i suoi malati e chi è tanto ignobile da sfruttarli, resti sola, anche a livello locale, fino a scomparire nelle fogne della nostra storia.

I razzisti mi inducono pena e disgusto. Sono malati dell’anima, contagianti sin dall’infanzia, spesso direttamente dai propri genitori, in una di quelle catene di dolori che, generazione dopo generazione, si trasmettono nelle famiglie più sfortunate. Soffrono di un male tra i più ripugnati: di una lebbra che non ne sfigura i lineamenti, ma lo spirito; che non corrode le loro membra, ma gli fa perdere la ragione.

Il 13 di questo mese, Maroni, l’ex ministro dell’ Interno, ci ha detto di non essere un malato; di non essere un razzista, ma, con il suo partito, di avere sfruttato il razzismo presente nella nostra società per ottenere qualche voto in più. “Ci abbiamo marciato”, ha detto letteralmente. Immagino il suo sorrisetto furbo, da ragazzino che confessa una marachella. Una marachella che ha rovinato la vita di intere famiglie e per cui sono accadute stragi. Uno stratagemma elettorale che ha portato all’approvazione della più infame legge della storia repubblicana: quella sui respingimenti in mare che ha consegnato alla Libia di Gheddafi, ai suoi lager, alla tortura e a morti orribili, centinaia di uomini e donne che avrebbero avuto diritto d’asilo nel nostro paese. Mi vergogno di questa precisazione: centinaia di uomini e donne, come me che scrivo e te che leggi. Se hai la mia età, come le nostre compagne o il tuo compagno e come i nostri figli.

Con quella loro furbizia, Maroni ed i suoi accoliti hanno reso il nostro paese primo responsabile, esecutore e mandante, di un crimine contro l’umanità. Un crimine per cui ora siamo sanzionati dalla Corte Europea, ma di cui spero, prima o poi, i nostri responsabili politici di allora saranno chiamati a rispondere davanti al tribunale internazionale dell’Aja. Un macchia sull’onore del nostro paese e sulla nostra bandiera; un peccato originale con cui dovranno confrontarsi e di cui dovranno dare conto, ne sono purtroppo certo, le future generazioni d’italiani.

Non credo d’avere il cuore tenero e per certo non sono un santo, ma sapere che tutto questo, tutto quel dolore, tutti quei morti, è accaduto solo per un pugno di voti in più, mi dà letteralmente il voltastomaco. Davanti a tanto cinismo, mi vergogno di me stesso; non di essere compatriota, ma di appartenere alla stessa specie di chi freddamente, senza neppure la scusante della follia razzista, ha, con perfetta coscienza di quel che sarebbe loro accaduto, rimandato madri e bimbi a morire, o peggio, nel deserto.

Non so che accadrà nella nostra politica di domani, ma spero, se è rimasto un briciolo di umanità nell’anima degli altri suoi protagonisti, che venga steso un cordone sanitario nei confronti della Lega. Che quel partito sia lasciato solo, con i suoi malati e con chi è tanto ignobile da sfruttarli, a livello sia nazionale che locale. Che gli sia praticato, fino a che scompaia nelle fogne della nostra storia, lo stesso trattamento che la Repubblica aveva riservato al MSI.

In quel caso si trattava di affermare con forza che volevamo essere la democrazia nata della resistenza. Ora si tratta di decidere che razza di uomini vogliamo essere. Di più: si tratta di decidere che cosa vogliamo che siano gli uomini.

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