• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tribuna Libera > Mameli nelle scuole tra le proteste dei leghisti

Mameli nelle scuole tra le proteste dei leghisti

Quando si hanno problemi di autostima, si può sempre contare sull’aiuto dei leghisti, per trovare di che riconciliarci con noi stessi; a volte può accaderci di dire qualcosa che reputiamo poi non esser stato troppo brillante, ma certe loro baggianate, tiriamo un sospiro di sollievo, a noi non uscirebbero.

La notizia, prima di tutto, altrimenti non ci capiamo. Ieri il Senato ha approvato a larghissima maggioranza (208 voti a favore, 14 contrari e 2 astenuti) la norma che, in ricordo di quello del 1861, fa del 17 marzo la giornata nazionale dell'Unità d'Italia, della Costituzione, dell'inno nazionale e della bandiera. Non una festa nazionale, badate bene, quindi niente vacanza; solo un giorno dedicato alla riflessione sui valori della cittadinanza e dell’identità italiane. Non fosse bastato questo a rovinare la digestione ai senatori leghisti, la stessa norma prevede anche che nelle scuole sia insegnato l’inno di Mameli.

State sgranando gli occhi? Pensavate che lo si facesse già come in tutto il resto del pianeta, salvo rare e spesso non commendevoli eccezioni?

Per il fine intellettuale Massimo Bitonci, capogruppo della Lega in Commissione bilancio alla Camera (e di cui, sia detto, ignoravo fino ad oggi l’esistenza) si tratta, invece, nientepopodimeno che dell’arrivo della “educazione di Stato, come in Unione Sovietica”.

Massimo, ascolta, io in Unione Sovietica ci sono stato solo di sfuggita, ma negli Stati Uniti, (e a me la cosa lascia perplesso, a dire la verità; non stiamo parlando solo di imparare le parole di una canzone) in 45 stati su 50, i bambini iniziano la giornata giurando fedeltà alla bandiera. E in Canada, in tutte le scuole, si canta l’inno nazionale ogni mattina; a Montreal, a quanto mi raccontano gli amici di lì, due volte: una in francese ed una in inglese. Senza contare che la maggioranza degli inglesi e dei francesi conosce il proprio fino all’ultima parola (no, i secondi non fanno tatta tara tara ta dopo allonsenfant de la patriiii, per capirci, come tanti di noi dopo il s'è desta o, massimo, il cinta la testa) e che lo stesso potrei dire di danesi, ungheresi … insomma, di quasi tutti gli europei, dovrebbero bastare quegli esempi nordamericani a farti capire che hai detto una bojata pazzesca; un inno è un simbolo dell’unità di qualunque nazione e sapere il proprio non ha nulla a che vedere con l’essere sovietici, ma solo con il sentirsi parte di una comunità.

Cosa? Non ti senti italiano? Lo ha detto anche Roberto Castelli (che pure avrei giurato essere stato ministro della Repubblica) che ha precisato di sentirsi altro “fin da bambino”. Affari vostri, se permetti; noi, che siamo larghissima maggioranza, continuiamo a sentirci italiani anche in piena crisi (cos’è? Siete di quelli che cambiavano squadra appena quella per cui tifavano andava in B?) e abbiamo piacere che ai nostri ragazzi siano insegnate, assieme a tante altre cose, anche le parole dell’Inno di Mameli. Punto. Piuttosto, visto che siete ospiti nel nostro paese, schiaffatevi sull’attenti e ammutolite mentre suona, esattamente come faccio io, in segno di rispetto, quando sono in giro per il mondo e mi capita di sentire l’inno del paese in cui mi trovo. Ah, e guarda che negli USA basta andare a vedere una partita perché dagli altoparlanti arrivi The Stars Spangled Banner. (Una consolazione per te; il testo del loro inno non lo conoscono per intero anche molti americani: dicono sia difficile da ricordare).

Una questione, invece, mi piacerebbe sottoporre a te, al tuo amico Castelli e a chiunque capisca qualcosa più di me di diritto costituzionale. La nostra Costituzione, quella della Repubblica Italiana, all’articolo 67 dice: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”.

Mi spiegate come fate a rappresentare una Nazione, tutta, dalle Alpi alla Sicilia, di cui non vi sentite parte? Complicato, vero?

Forse, diciamocelo, il nostro Parlamento, per voi, non è il posto più adatto.

Commenti all'articolo

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares