Ma dove è finito Schuman?

Una volta che ti fermi a pensare, ecco che trovi tanto niente in tanto molto, in troppo molto; un giorno vedo che la culla del nostro pensiero, la Grecia, non ce la fa, un altro che la verde Irlanda non ha più domeniche da vivere al di là di quelle insaguinate dategli dall’oppressione secolare, un altro dì mi fermo e mi accorgo che il nostro Sud non guarda più all’insù, ormai gli altri sono troppo in alto, lontani anche solo per seguirne la scia.

E chi conta? La Germania, con la sua industria pesante, il suo know how e le sue materie prime, la perfida Albione con la sua finanza, globale come l’ex impero vittoriano, la Francia che è sempre meno illuminata, divenuta la copia gradevole del turbocapitalismo weberiano di Francoforte.

Un’Europa che si dimentica degli esploratori portoghesi, che induce la Spagna ad una recessione indiretta, costringendola a vedere del suo federalismo solo la dimensione fiscale, l’Est che si è da poco accomodato ed ha trovato la tavola dell’opulenza già spogliata. Una condizione di genti che non hanno in comune la lingua, ma nemmeno la sorte. I popoli dove sono finiti? A me non pare di scorgerli, sono troppo bassi rispetto ai soldi, quelli sì che si notano, si distinguono e luccicano, di lontano, quello che serve perchè tu ed io ce ne accorgessimo, desiderandoli ci siamo fermati a guardarli.

Una volta che ti fermi a pensare, ecco che trovi tanto niente in tanto molto, in troppo molto, ma questo è solo il mio pensiero.