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Londra: terrore nei confronti dell’untore romeno. In pericolo la libera circolazione umanitaria

È stato il popolare tabloid britannico "The Sun" a lanciare l'allarme tra i sudditi di sua maestà.     

In Gran Bretagna comincia a diventare una vera e propria psicosi collettiva ma ben presto lo stesso potrebbe accadere in Olanda e, finanche, nella declinante Italia che, messa alla prova da una devastante crisi economica che non è solamente globale, sta scontando pure il periodo istituzionalmente più caotico e tormentato di tutta la storia della Repubblica.

La fobia generalizzata è quella dell'immigrato romeno che, a far data dal primo gennaio dell'anno prossimo, potrà stabilirsi in un qualsiasi dei ventotto stati membri per lavorare.

Sino ad ora si credeva che tale paura fosse dettata solamente dagli alti tassi di disoccupazione giovanile che, un po' dappertutto, interessano il territorio dell'Unione europea.

Bruxelles già da tempo, però, aveva messo le mani avanti ed aveva precisato che il principio di libera circolazione intracomunitaria dei propri cittadini non sarebbe mai stato messo in discussione. Per aggirare i paletti innalzati dalla Commissione europea, allora, i britannici hanno innescato un meccanismo basato sull'astuzia ed hanno cominciato ad orchestrare una ben congegnata campagna – sostenendo che i romeni rappresentano per gli altri popoli europei un grave pericolo sanitario in quanto portatori del bacillo di Koch, cioè dell’agente patogeno responsabile del cosiddetto "mal sottile", la Tbc in poche parole.

"Gli immigrati romeni sono un pericolo mortale per gli altri europei" ha affermato il popolare tabloid inglese "The Sun" assai letto tra i sudditi di sua maestà. Il giornale ha dato soprattutto voce ad un antropologo medico, che si occupa di epidemiologia, americano, tale Johnatan Stillo, che ha condotto un'indagine sulla diffusione della tubercolosi, specialmente di quella che si manifesta nelle sue forme più gravi e cioè in quelle resistenti ai farmaci, in Romania.

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"Se non chiuderemo in tempo le porte ai romeni possiamo aspettarci un vero e proprio disastro sanitario", ha esposto Stillo.

Dall'anno prossimo dunque la grande Londra sarà destinata a tornare indietro negli anni ai tempi di Charles Dickens o ad essere paragonata alla Parigi di Mimì, musicata da Giacomo Puccini nella Bohème a causa degli untori romeni?

È vero che la Romania è il paese dell'Ue maggiormente esposto alla diffusione di tale malattia infettiva, a fronte di un bassissimo tasso d'incidenza della Tbc nei paesi confinanti come Serbia o Bulgaria, ma è anche vero che ciò è dovuto ad una serie di fattori che, in parte, sono simili a quelli che hanno determinato in Italia una recrudescenza della malattia a cavallo degli anni ottanta e novanta del secolo scorso.

Innanzitutto un invecchiamento generale della popolazione, comune alle due nazioni, ha fatto sì che persone anziane già venute in contatto in età giovanile con il bacillo di Koch una volta, a causa dell’età, venute meno certe barriere immunitarie si siano ammalate e, poi, l'incidenza dell'Aids nelle due nazioni ha portato ad una più rapida diffusione del morbo. Non bisogna, infatti, dimenticare che, alla caduta del comunismo, a causa della derelitta situazione economica, a cosa aveva ridotto la Romania la cosiddetta "dittatura del proletariato".

Frequente era tra la popolazione l'uso ripetuto di siringhe con lo stesso ago. Ciò ha contribuito alla diffusione della "Sindrome da Immunodeficienza Acquisita" a tassi elevati, sconosciuti all'Europa orientale, soprattutto a livello pediatrico.

A ciò si sommano almeno tre fattori tipicamente romeni, come spiega al pneumologa di Bucarest Cristina Popa. Innanzitutto le campagne di prevenzione in Romania vengono ora condotte a livello provinciale, e non più dirette dalla capitale, per cui si determina un'illogica dispersione di denaro e professionalità senza conseguire risultati efficaci. In secondo luogo la quasi totale privatizzazione della sanità pubblica, voluta dal presidente Traian Basescu, ha fatto sì che la prevenzione raggiungesse solamente gli strati benestanti della popolazione e non i molti derelitti come i due milioni di zingari che vivono in condizioni miserevoli. Da ultimo un fattore culturale negativo e cioè l'eccessiva vergogna per la malattia, inesistente nei confronti di altri morbi, provata dai romeni che, una volta infetti, invece di curarsi tendono a nascondere la propria situazione clinica contagiando altre persone.

Nonostante tutto ciò, assicura l'Oms, la situazione non è certamente allarmante come descrive la stampa britannica e negli ultimi mesi si sta assistendo, pure in Romania, ad una diminuzione dei casi di Tbc. Sicuramente l'interdetto desiderato da molti politici in Europa nei confronti dei cittadini romeni, se giustificato sotto il profilo sanitario, e non economico, non potrà trovare alcuna censura da parte di Bruxelles.

Per questi politici, allora analisi quali quella di Johnatan Stillo od in Italia quella del dottor Mauro Martini sono funzionali alle proprie ideologie esclusive.            

Sergio Bagnoli

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