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Lo sfacelo del sistema di salute mentale

Le strutture pubbliche che in Italia si occupano di salute mentale sono allo sfascio. Lo sostiene uno psichiatra, Manlio Converti, in una lettera al direttore pubblicato su quotidiano sanità

Avevo già riferito di altre lettere al direttore pubblicate sullo stesso giornale on line. Mi sembrano spesso molto interessanti. E pertanto ho voluto di nuovo utilizzarle.

E, in effetti, anche le considerazioni del dottor Converti mi sembrano piuttosto interessanti, anche perché provengono da chi quotidianamente lavora nell’ambito di una struttura pubblica che si occupa di salute mentale e, forse, ha delle conoscenze che talvolta non emergono in studi spesso realizzati da soggetti esterni alla sanità pubblica, che non comprendono fino in fondo i veri problemi esistenti.

Lo sfacelo del sistema pubblico di salute mentale deriva soprattutto, secondo Converti, dai tagli imposti dal ministero della Salute, tramite le Regioni, e “della volontà politica di mandare a carte quarantotto tutto il sistema già precario di ‘assistenza, inserimento sociale e familiare e contrasto al disagio’, che era il fiore all’occhiello del nostro Paese nel mondo”.

Così prosegue Converti:

“Il sistema era già precario perché applicato a seconda delle risorse delle Asl e dei Comuni a macchia di leopardo. Una volta, c’era una volta, i centri di salute mentale erano appunto al centro di un sistema che coordinato con l’assistenza sociale avrebbe dovuto garantire il reinserimento sociale dei pazienti ricoverati in manicomio e poi seguire tutti quanti quelli che emergevano ex-novo nelle famiglie italiane impedendo che ne venissero espulsi e in ogni caso garantendo loro la migliore integrazione possibile ed il migliore recupero funzionale”.

Ora invece tutta una serie di servizi sono stati completamente negati ai pazienti in alcune aree oppure cancellati laddove erano attivati fino a pochi anni fa.

Qual è la causa di tale situazione, secondo Converti?

“Questa condizione scandalosa è dovuta alla precisa volontà politica di rendere i sofferenti psichici redditizi come posto letto nei manicomi privati, ma anche nelle Rems che godono di fondi speciali, tutti molto esosi, mentre l’assistenza sociale è stata abolita anche là dove c’era e quella sanitaria subirà ulteriori dieci miliardi di tagli lineari in tre anni”.

E così continua nel descrivere ciò che avviene attualmente:

“L’assenza dei centri di salute mentale sulle 24 ore, 7 giorni su 7, dotati di adeguati servizi residenziali e semiresidenziali, centri diurni e cooperative sociali, è solo uno dei tasselli che stanno distruggendo, eliminando alla fonte il personale necessario: medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali, sociologi ed altre figure professionali.

L’assenza dell’assistenza sociale, per garantire un alloggio, un vitto, una pulizia periodica della casa, dei badanti nei casi maggiormente indifesi, è l’ulteriore tassello di quella distruzione violenta della persona che è oggi reso evidente da questo episodio in modo scandaloso (n.p.: fa riferimento alla vicenda di Andrea Soldi morto durante l’esecuzione di un trattamento sanitario obbligatorio), ma che è invece una pratica sotterranea mostruosa che procede nell’indifferenza pubblica e nell’impossibilità da parte dei sofferenti psichici di reclamare i propri diritti, incluso quelli all’emancipazione e al lavoro, tanto sdegnati da chi li vuole solo vedere come soggetti pericolosi o da tutelare, e che invece restano ancora un obiettivo possibile per la maggioranza assoluta quando e laddove ci siano appunto servizi adeguati”.

Non so se Converti abbia completamente ragione nell’individuazione delle cause che determinano la situazione dei servizi pubblici di salute mentale.

E’ indubbio che quella situazione è davvero insostenibile e assolutamente inadeguata rispetto alle giuste esigenze dei malati e delle loro famiglie.

E si crea, fra l’altro, un’evidente disparità di trattamento tra i malati, tra coloro i quali dispongono, soprattutto tramite le loro famiglie, di un reddito elevato e coloro che hanno un basso reddito.

I primi sono assistiti, in modo quanto meno sufficiente, da strutture private. I secondi si devono rivolgere ai quello che resta dei servizi pubblici.

E i secondi non vengono curati come necessario ed anche le loro famiglie incontrano notevoli difficoltà.

Questa situazione, davvero molto negativa, dovrebbe spingere le autorità preposte, in primo luogo il ministero della Salute, a “cambiare verso”.

Ma per il momento non si individua nemmeno l’inizio di un cambiamento rilevante di tale situazione.

Sarebbe anche sufficiente per il momento, almeno in alcune realtà territoriali, un ritorno al passato.

Ma neanche un ritorno al passato sembra possibile.

 

Foto: Elena Gatti/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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