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Liberi di informare

Viviamo in un paese che si è arreso alla sua inesorabile deriva. Scandali quotidiani, sequenze di vergogne che cedono il passo ad accadimenti tanto conclamati quanto deprecabili. Un paese afflitto dalla piaga dell’adesione acritica. Una piaga che investe a 360 gradi tutta la società civile moderna. Talmente devastante da obbligare a passare dallo strumento della visibilità di qualcuno, delegando ai VIP, per avanzare una qualsiasi istanza sociale .

Siamo impegnati in una lotta contro ogni forma di censura che, nelle sue varie accezioni e metodologie, è ancora più diffusa e tangibile di quanto si possa credere e presumere. La censura come forma di annullamento delle coscienze, subita non solo dai giornalisti, ma anche dai fruitori dell’informazione e comuni cittadini nell’ambito della loro esperienza sociale e di vita, privati del proprio diritto inviolabile di informarsi.

Crediamo che la libertà d’informazione possa essere un buon presupposto da cui poter ripartire. Un piccolissimo tassello verso un cambiamento della società civile che speriamo radicale e profondo.

Diciamo basta censura, basta manleva (la clausola in cui ci si impegna a sollevare l´editore da qualunque responsabilità legale in solido e che un giornalista freelance è spesso costretto a firmare per lavorare), basta chiudere blog scomodi, basta acriticità, basta giornalisti sfruttati e malpagati. Basta perquisizioni inquisitorie (dovere del giornalista è informare. Non esiste alcuna rivelazione di segreto d’ufficio che tenga. Le fughe di notizie non le compiono i giornalisti, che hanno il dovere di pubblicare qualsiasi notizia di interesse pubblico). Basta ad un sistema che sta trascinando, ogni giorno sempre più, il nostro paese verso un destino di declino inesorabile.

Riprendiamo nelle nostre mani la delega che per troppo tempo abbiamo ceduto ad altri.

Crediamo che ogni considerazione rimanga sterile senza il dovuto sforzo propositivo per trasformare una giusta critica in un’opportunità di miglioramento. Abbiamo pensato, discusso e ragionato su cosa potesse davvero risultare incisivo per questo scopo. 

Chiediamo quindi:

1. SCUOLE DI GIORNALISMO PUBBLICHE
Ogni cittadino deve avere il diritto alla frequenza. Iscrizioni più economiche, tasse più basse, borse di studio per i meno abbienti, frequenza obbligatoria. Sarà il merito a stabilire se la strada intrapresa è quella giusta.

2. CORSI DI AGGIORNAMENTO E SPECIALIZZAZIONE
Ogni giornalista deve potersi occupare solo di un settore dell’informazione, specializzarsi in una materia particolare preferibilmente scegliendo mediante appositi corsi di specializzazione. Non può essere la specializzazione a scegliere il giornalista in base agli articoli e/o servizi che egli pubblica e alle varie situazioni che gli vengono imposte durante le sue esperienze lavorative, ma viceversa è il giornalista stesso a dover scegliere la materia da trattare. Frequenza obbligatoria di corsi di aggiornamento sulla materia e sulle questioni giuridiche, in modo da poterne salvaguardare la professionalità.

3. REGOLAMENTAZIONE DELLE ASSUNZIONI E DEL PRATICANTATO.
Obbligo per gli editori di mantenere una percentuale di assunti pari al 40%, di praticanti pari al 20%.

4. STAGE E TIROCINI RETRIBUITI.
Il mondo dell’informazione resta uno degli ultimi settori in cui stage e tirocini non vengono retribuiti. Come accade per ingegneri, architetti, avvocati, notai, medici (la cui specializzazione può essere considerata alla stregua di uno stage), [...], anche gli apprendisti dell’informazione hanno diritto a una retribuzione.

5. NO ALLA CLAUSOLA DI MANLEVA NEI CONTRATTI E DIFESA A CARICO DELL’EDITORE SIA IN AMBITO CIVILE CHE PENALE.
Per ogni servizio o pezzo pubblicato entrano in gioco le responsabilità in primis dell’autore, poi quella del redattore capo e dell’editore, i quali devono verificarne i contenuti prima della pubblicazione e/o messa in onda.
Troppo spesso in Italia i giornalisti (soprattutto i freelance) sono costretti, per poter lavorare, a firmare un contratto con annessa clausola di manleva. Questa clausola prevede l’impegno a sollevare l´editore da qualunque responsabilità legale in solido, permettendogli di poter scaricare tutte le incombenze sul giornalista, l’anello debole della catena che non può permettersi di sostenere il costo di reiterate cause. Un contratto capestro che spinge il giornalista, volente o nolente, ad auto-censurarsi per cercare di evitare ulteriori problemi legali. In qualsiasi caso, a trarne maggior profitto economico sarebbe l’editore: ha tutti i diritti sul pezzo o servizio, la possibilità di replicarlo e quindi anche i ricavi.

6. RISPETTO DEL TARIFFARIO MINIMO.
Capita troppo frequentemente che il tariffario minimo non venga rispettato. A volte si arriva a pagare anche un euro per ogni singolo pezzo, senza contare che i mass media si avvalgono spesso e volentieri di stagisti (non pagati). Come si può pretendere di avere un’informazione quantomeno decente a queste condizioni?

7. FINANZIAMENTI.
Si parla spesso di finanziamenti ai giornali, si parla spesso di abolirli. In pochi sottolineano che, così facendo, si rischia di favorire le testate più grandi, quelle che hanno risorse economiche sufficienti per potersi difendere dalle cause, fonte primaria della morte del giornalismo. Sarebbe opportuna un ridistribuzione in base alla qualità, all’efficienza e al rapporto numerico di praticanti e assunti. Il che metterebbe in una posizione di comodo anche i professionisti dell’informazione: spalle maggiormente coperte e quindi possibilità di lavorare in maggiore autonomia.
Inoltre, altro canone in base al quale elargire finanziamenti, il rapporto copie stampate / copie vendute (minore è la differenza tra i due valori, più alto sarà il finanziamento), in modo da incentivare l’efficienza organizzativa del giornale e la riduzione degli sprechi di carta.

8. ELEZIONE DEI DIRETTORI DI TESTATA.
I direttori delle singole testate dovrebbero essere eletti dai giornalisti che compongono la redazione e non nominati dagli editori; mantenuti in carica al massimo per cinque anni consecutivi (non rieleggibili), in modo da favorire un ricambio dal basso e impedire che giornali, tv e radio diventino lo specchio degli editori e dei gruppi di potere che li controllano.

9. ARCHIVIO RAI PUBBLICO E ACCESSIBILE.
La RAI è un servizio pubblico pagato a spese dei cittadini. Chiediamo quindi che si adottino le misure che consentano a tutti di accedere ai contenuti dell’archivio RAI (tenendo naturalmente conto dei legittimi diritti di terzi).

10. NESSUN VINCOLO PER I BLOG.
Il web non deve essere soggetto alle regolamentazioni che riguardano l’informazione, in quanto luogo d’incontro e di scambio. I blog non sono testate giornalistiche e ad essi non vanno applicate le leggi riservate ai mezzi di comunicazione di massa. Serve una regolamentazione che non vada ad intaccare quella che è la libertà d’espressione del singolo cittadino anche nella rete.

11. MAGGIOR IMPEGNO DI ODG E FNSI ALLA TUTELA DEL MONDO DELL’INFORMAZIONE.
Spingere per ottenere leggi a tutela del settore e dei giornalisti stessi, per fare in modo che possano esercitare il loro diritto/dovere di informare indipendentemente dalla protezione politico-economico-sociale di cui si possono avvalere. Sono quindi necessarie iniziative atte a migliorare e garantire l’indipendenza della categoria nel rispetto del codice deontologico.

 

Francesco Beato

Silvia Innocenzi

Salvatore Marcello

 

 

Per adesioni o info: [email protected]

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