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Liberalizzazioni: i protetti, gli esposti e la politica che sarà

Ognuno divide l’Italia a modo suo. Quasi tutti lo fanno tra nord e sud; molti, forse, con l’occhio più rivolto al passato che al presente, tra destra e sinistra. Per me, la divisione fondamentale della nostra comunità nazionale è quella che corre tra i protetti e gli esposti; tra chi deve affrontare ogni giorno le leggi dell’economia di mercato e chi può ignorarne l’esistenza.

Sono esposti quasi tutti quelli che lavorano, a qualunque titolo, nel mondo della produzione; chi manda avanti quelle aziende, spesso piccole e talvolta microscopiche che, esportando nel mondo, procurano i denari di cui viviamo tutti quanti. Sono esposti anche molti che si guadagnano da vivere con il turismo, gli albergatori ed i ristoratori, e tanti dei piccoli commercianti.

Gli esposti sono costretti ad innovare costantemente per rimanere competitivi; ogni loro successo è frutto della loro intelligenza, del loro lavoro e della loro capacità di rischiare. Sono, guarda caso, i rappresentanti di quell’Italia che si ostina a funzionare; che continua a restare aggrappata, con le unghie, al primo mondo.

I protetti operano invece in oligopoli o monopoli con alte e spesso invalicabili barriere d’ingresso. Siano signori delle bollette o tassisti, assicuratori o notai, non vi è nulla che li costringa a migliorarsi; restano padroni dei propri mercati lavorando con i metodi ed i ritmi dei nonni da cui molti hanno ereditato il mestiere e forniscono, in generale, a prezzi carissimi, servizi di dubbia qualità.

E’ un'Italia immobile, la loro, che vive di rendita e ha come massimo obiettivo la conservazione dello status quo. Si proclamino di destra o sinistra, vivano a nord o a sud, sono la parte reazionaria della nostra società.

Non ho il minimo dubbio che solo riducendo al minimo queste rendite di posizione il paese potrà tornare a crescere; che solo costringendo tutti a confrontarsi con il mercato potremo costruire un sistema economico efficiente. Le liberalizzazioni introdotte dal governo Monti sono passo in questa direzione; un passo però assai timido e solo il primo che dovremo compiere per uscire dalle sabbie mobili della recessione sostanziale in cui ci troviamo, crisi o no, da decenni.

Se davvero misure così poco incisive basteranno a far crescere il PIL dell’1,4%, come sostiene il Cermes-Bocconi, viene naturale chiedersi che risultati si sarebbero avuti con un po’ più di decisione. Questa domanda non contiene un atto di accusa nei confronti di Monti, che credo abbia fatto tutto il possibile; è rivolta a quella parte del parlamento che ne ha limitato l’opera e a quelle categorie che, dopo aver assistito in silenzio allo sfacelo del paese, hanno fatto sentire in modo tanto clamoroso la propria voce non appena si sono messi in discussione i loro privilegi.

Qualche inguaribile ottimista saluta come rivoluzionaria l’introduzione di 1.500 notai in più in tre anni o il fatto che vi saranno più licenze di taxi, forse, e che i tassisti saranno esposti alla concorrenza di colleghi provenienti da altre aree. A me, invece, viene da squotere la testa: perché mai, se i notai davvero servono (nel resto del mondo, penisola iberica a parte, non ci sono e si va avanti benissimo), questa professione deve essere riservata ad un numero chiuso?

Esiste una sola ragione, se si guarda all’interesse del Paese, per cui chi ha un automobile, non deve potere farvi istallare un tassametro e incominciare, il giorno dopo, a fare il tassista? Chi produce sedie o macchine utensili, dopo tutto, ha a che fare con concorrenti che possono spuntare ovunque e in ogni momento; perché mai dovrebbe pagare per le tutele che la Repubblica offre a questa o quella corporazione?

Non auspico una de-regulation reaganiana del nostro sistema economico. Regole, e severe devono essere mantenute perlomeno in certe aree chiave. I controlli per garantire la sicurezza, non solo vanno conservati, ma resi reali e non limitarsi, come oggi, ad esistere solo sulla carta (basti pensare al numero elevatissimo dei nostri morti sul lavoro e alla quasi completa assenza di controlli nelle aziende).

Soprattutto non si deve credere che il mercato si regoli da sé; le norme, però, non devono servire tanto ad ingabbiarlo, quanto a liberarlo: mentre settori fondamentali come quello della telefonia restano dominio di pochi operatori in regime di concorrenza solo apparente, (la situazione della nostra informazione ha, poi, risvolti che vanno molto ad di là di quello economico), una normativa anti-monopoli ed anti-cartelli è più che mai urgente.

Qualcuno innalza osanna a Monti. Si arriva a ipotizzare che quella dei governi tecnici sia la strada da seguire anche in futuro. Si parla di “liberare le istituzioni dai partiti” come se fosse normale, in una Democrazia, avere alla Presidenza del Consiglio un nominato dal Capo dello Stato in un processo che, per quanto legittimo, conserva solo un vago riflesso di quella che è la volontà popolare.

Io, che pure di Monti penso tutto il bene possibile, ritengo che i magri risultati che ha conseguito nel campo delle liberalizzazioni, pur notevoli rispetto al nulla fatto fino ad ora, dimostra ancora una volta il carattere temporaneo, di emergenza, di questo suo governo a cui auguro, ad ogni modo, di arrivare fino alla fine della legislatura.

Il paese, però, potrà avviarsi davvero sulla via delle riforme solo dopo essersi dotato di un Parlamento che tali riforme voglia fare; solo dopo che i cittadini abbiano eletto una maggioranza che del completamento dell’opera avviata da Monti faccia l’elemento centrale, fondante, del proprio programma. Una coalizione ancora tutta da definire che potrebbe violare la tradizionale geometria dei nostri schieramenti e che potrebbe attrarre il voto di tanti, tra gli appartenenti ai nostri ceti produttivi.

Italiani esposti al mercato che, se ne avessero avuto bisogno, proprio dal dibattito sulle liberalizzazioni, hanno avuto l’ennesima conferma che PdL e Lega tutto fanno tranne rispecchiare i loro interessi.

Che, al di là dei proclami, sono stati e sono, più che mai, i partiti dei protetti.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.3) 23 gennaio 2012 21:22

    Sono assolutamente d’accordo che "chiunque possieda un’auto deve potere farvi istallare un tassametro e incominciare, il giorno dopo, a fare il tassista" ho scritto anch’io un articolo a riguardo.


    Pero’ non credo che "le liberalizzazioni introdotte dal governo Monti sono un passo assai timido": poniamo che tu debba decidere dell’apertura di una diga, hai fatto degli studi e hai capito che per il bene del territorio l’acqua debba fluire libera. Ebbene tu apriresti forse la diga di colpo oppure faresti defluire pian piano l’acqua in eccesso? bada bene l’obiettivo finale é quello di aprire tutta la diga, su questo non ci piove, ma penso che le cose vadano fatte con gradualità. Mettiti nei panni di chi tre mesi fa ha acquistato una licenza di taxi: non ha fatto il furbo, ha fatto una cosa consentita e prevista dallo Stato! Questa é la mia opinione, ma posso sbagliare. Diego 

    Le leggi dell’economia sono leggi di natura 

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