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Lealtà verso gli "amici" e verso il proprio popolo

Che Muhammar Gheddafi fosse certamente un criminale, eravamo in tanti a dirlo; si suppone altresì che il modo della sua morte abbia offeso anche parte dei suoi nemici, ma almeno, da parte di quelli che gli si sono professati sempre "amici", uno in particolare, un briciolo di lealtà - seppur in parte fuori luogo - c’era d’aspettarselo.


Già, esser leali, bella cosa! Se S.B. tratta la cosa pubblica con la stessa lealtà con la quale tratta le persone alle quali bacia servilmente e platealmente le mani, da Capo di Governo che è per poi “sputare” sul loro cadavere, l’Italia è in questo fetido mare a ragione, senza "se" e senza "ma". Nessuna meraviglia che per colpa sua ci ridano dietro. Inescusabile.

Ero appena rientrato a casa e avevo giusto acceso il pc da poco, la notizia aveva già fatto il giro del web. A sentir tutti sembrava che il raìs libico fosse stato preso e ucciso. Il tempo di accendere tv e rendersi conto che, da Al Jazeera a Press Tv, tutti davano Gheddafi per spacciato. Neanche a farlo apposta, il pensiero mi si era fermato su quell’immagine che in Italia a suo tempo, in primis, non era stata fatta passare, ossia il famoso "baciamano" da parte dell’altro socio della "Gheddaffoni S.p.A."

Che dire? Un gesto eclatante di servile amicizia e esagerata sottomissione. Qualche oretta, e non tarda ad arrivare la notizia della cinica esclamazione del grande fautore dell’amicizia Italo-libica, dove l’Italia e la Libia c’entravano davvero poco, ma c’entravano molto di più i capitali libici e gli avvoltoi della finanza italiana. Nella suddetta, il Premier esclamava, liquidando la notizia del suo amico Muhammar, "Sic transit gloria mundi" ossia “Così passa la gloria del mondo”.

Ad esser sincero, da certe persone, quando ormai ne hai sentite tante, sai più o meno cosa aspettarti, e da siffatto personaggio, visti i suoi trascorsi, non mi sarei certo aspettato la lealtà. Quel “Sic transit” suona più come una stridente pugnalata alla schiena dell’amico – post mortem, per giunta.

Ci fu un tempo in cui, perfino ai peggiori dittatori furono tributati gesti di amicizia e amore incondizionati. Donne che, pur non avendo commesso alcun crimine, scelsero di morire accanto ai loro uomini, esponenti di regime che potevano benissimo defilarsi e fuggire e che scelsero di condividere lo stesso destino dei loro capi. Non dico che l’uomo di Arcore doveva stracciarsi le vesti per il dolore, ma se proprio voleva rimanere leale alla sua tanta blaterata amicizia, tacere sarebbe stata una gran cosa. Avrebbe salvato le apparenze.

Aldilà del fatto che un uomo è sempre un uomo, qualunque cosa abbia fatto, non merita in nessun modo di esser ucciso come non si uccide quasi neanche una pecora, non tanto per rispetto alla sua intima persona, ma alla dignità dell’uomo tout court. L’uomo non può permettersi di trattare un altro essere umano così, pena: scendere allo stesso livello dell’individuo accusato dei crimini ascrittegli. La dignità umana non andrebbe mai toccata e chi lo fa, lede la propria a sua volta.

Lealtà, bella parola. Le parole spesso classificano l’uomo. Ne ha dette tante Silvio di parole; purtroppo, il più delle volte si è contraddetto, e questa volta non è stato da meno. Quest’ennesima volta ne è andata di mezzo l’amicizia, seppur, a questo punto - anche se si era capito da tempo - di interesse. Si può chiamare un tale atteggiamento “tradimento”? La risposta è sì. Un amico un giorno mi disse: “Sai, un traditore è sempre un traditore; chi ha tradito la moglie, gli amici, la famiglia, sarà pronto a tradire anche la Patria”

Già, tradimento. Non c’è parola migliore per indicare la condizione politica, economica e sociale di una Nazione prostrata, sì da una crisi economica mondiale, ma anche da congiunture interne, alle quali si lega la speculazione di individui cinici e spietati, che non si danno pena che il Paese sia allo sbando, che intere generazioni siano parcheggiate nell’oblio, che il futuro di una parte della nazione sia destinato indubbiamente al declino, con grave danno per tutti.

La cricca al potere con a capo il “signor lealtà” sta letteralmente lasciando marcire questo Paese con lo stesso cinismo con il quale gestisce i suoi più intimi rapporti. Lo stesso modus operandi che il Premier ha avuto nel gestire i suoi rapporti con il raìs è, si può dire, il medesimo che usa nel gestire la cosa pubblica. A questo punto non ci sono dubbi, e a dir il vero, non ce li avevo neanche prima.

Davvero brutte acque quelle in cui naviga il nostro Paese: “Nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello”. Vada per la gran tempesta, ma la cosa peggiore è avere siffatti capitani pronti a defilarsi cinicamente con una bella scrollata di spalle; così è, e così sarà, contateci.

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