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Le urla di Silvio B., una fiducia che crolla e il plebiscito che verrà

E' normalissimo che si lancino alti strilli mentre si rotola giù per un dirupo ed è esattamente quello che, mentre va a picco la fiducia che gli italiani hanno in lui e nel suo governo, sta facendo Silvio Berlusconi.

Secondo il sondaggio di Ipr Marketing pubblicato l'altroieri da Repubblica, infatti, solo il 31% degli italiani si fida, oggi, del proprio Presidente del Consiglio e meno ancora, un risibile 23%, mostra di credere ancora, in tutto o in parte, nel governo da lui presieduto.

Una caduta verticale dei consensi, rispetto ai vertici raggiunti subito dopo la vittoria elettorale del 2008, che trova riscontro nelle intenzioni di voto espresse dagli intervistati: per la prima volta un'ipotetica colazione di sinistra (Pd, Sel, Idv, Psi, Verdi e radicali) otterrebbe la maggioranza relativa dei voti (il 41,5%) superando la destra (PdL, Lega e frattaglie) scesa al 41% dei consensi.

Sono dati che Berlusconi non ignora come sa per certo, e infatti lo ribadisce, che dal risultato delle prossime elezioni comunali dipenderanno sia il futuro del suo governo che il proprio, personale e dei suoi eredi, futuro politico.

Le farneticazioni allucinate a cui si è lasciato andare in questi giorni appaiono, in quest’ottica, come il suo estremo tentativo di giocare le carte che gli hanno permesso, fino ad ora, di vincere.

Incapace di presentare proposte credibili, ridicolizzato come uomo di governo e come statista, Berlusconi ha abbassato al minimo il livello (politico, culturale e morale) del proprio discorso nel tentativo di spaccare, una volta ancora, il Paese.

Si è riproposto come ultimo baluardo contro il dilagare dei comunisti (tutti coloro che non sono pronti a riconoscere la sua autorità, indipendentemente dal loro credo e dal loro passato)  a beneficio della parte più arteriosclerotica dell’elettorato (se si riesce a credere all’esistenza di un Pericolo Rosso, oggi, in Italia, quando Rifondazione arriva sì e no all’1%, si ha perlomeno qualche problema di lucidità mentale) ma, soprattutto, si è presentato come paladino del rinnovamento: un immacolato cavaliere della modernità che lotta, solo o quasi, contro le malefiche forze della conservazione.

E’ Berlusconi il rivoluzionario, questo, non poi così nuovo, che se la prenda con i giudici, il Presidente della Camera e qualunque altro potere italiano, dentro e fuori lo stato, che non sia il suo; è questa, la lotta contro i poteri forti, la bufala che sta cercando di spacciare per convincere qualche punto percentuale dei suoi vecchi elettori, che ora sono entrati a far parte della legione degli indecisi (sono il 40% dell’elettorato) a tornare votare per lui.

Non ha rispetto per nulla e per nessuno il Berlusconi di questi giorni; v’è in lui la ferocia di chi sa di lottare per la propria sopravvivenza unita alla completa mancanza di scrupoli del narcisista che vede in sé i confini del mondo.

Se da sempre il politico Berlusconi non ha mai neppure capito il funzionamento di una democrazia liberale, se da sempre ha scambiato il successo elettorale come la licenza di fare quel che più gli pareva, il Berlusconi uomo di potere pare disposto a qualunque cosa pur di rimanere tale: anche a distruggere lo Stato, dato che ancora non gli è riuscito di farne una mera scenografia, o perlomeno a impedire di funzionare agli altri poteri dello stato che il suo dovrebbero limitare e controllare.

E’ un Berlusconi golpista, quello di questi giorni, cui, se si presta fede a quel che dice, manca solo la forza militare per spazzare via quelle istituzioni che, a parole, delegittima ormai costantemente.

Non sono un o stregone e non posso prevedere il futuro, ma posso affermare che Berlusconi, con le proprie scomposte azioni, ha già ottenuto due risultati sicuri.

Ha delineato in modo chiaro e netto il perimetro delle forze d’opposizione: vi appartengono tutti quelli che non si piegano al suo volere perché, se anche Fini è diventato un comunista e, fidatevi sentiremo anche quello, il Vescovo di Milano non è abbastanza cattolico, allora solo questo conta.

Ma, se chi non è con lui è contro di lui, dovrebbe essere evidente anche ai più ciechi che, allora, chi non è con lui è con noi.

Noi? Sì, noi, gli altri, il resto d’Italia: quelli che non ci stanno.

Non staremmo mai dalla stessa parte, probabilmente, date le nostre differenti storie personali e politiche,  ma a lui e ai suoi alleati leghisti è riuscito il miracolo di farci riscoprire le ragioni, vere e profonde, del nostro stare insieme; del nostro essere, prima d’ogni altra cosa, cittadini della Repubblica Italiana.

L’altro risultato che Berlusconi sta ottenendo, l’altro suo miracolo, è quello di dare a tutti noi, anche ai meno interessati alla cosa pubblica, una ragione per andare a votare; magari non ci sarà in lista il nostro candidato del cuore, magari non sopportiamo per questo o quel motivo il candidato dell’opposizione, ma sappiamo che se vogliamo disfarci del nostro sovrano da operetta e rimandare dove si meritano i suoi lacché, a maggio dobbiamo andare a votare contro di lui.

Un voto contro di lui che non è un voto contro, ma è un voto per la Repubblica Italiana e per la sua Costituzione.

Sta trasformando le elezioni municipali in un plebiscito, il nuovo Duce.

Rischia, proprio così facendo, di perderlo.

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