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Le primarie: tre milioni e passa da ringraziare, ma non per Beppe

I nostri mali sono tali e tanti che è illusorio sperare esista un farmaco capace, da solo, di curarli tutti. Le primarie, però, possono almeno servire a restituire un po’ di salute alla nostra politica.

Per questo motivo vanno ringraziati anche da parte di chi non vota a sinistra o, come me, può arrivare a farlo solo "turandosi il naso", tanto il PD, che le ha introdotte in Italia, quanto i quattro milioni di nostri connazionali che si sono messi in fila e hanno scucito due euro per votarvi. Chi ha da ridire a riguardo, invece, dovrebbe chiedersi fino a che punto creda nella democrazia e, soprattutto, nella possibilità di fare dell'Italia un normale paese europeo.

Criticabilissime le personalità dei candidati, intendiamoci, lecito chiedersi quante possibilità reali avrà poi il vincitore di diventare presidente del Consiglio. Inaccettabile, invece, mettere in dubbio una pratica della democrazia che andrebbe piuttosto estesa, e al più presto, ai singoli collegi per la designazione dei candidati ad un seggio in Parlamento. Nessuno, che guardi spassionatamente alle cose italiane, può dubitare del fatto che all'origine della nostra crisi trentennale ci sia stata la deriva dei partiti; il loro trasformarsi in centrali di malaffari, con tentacoli estesi ad ogni ambito della nostra economia pubblica, dominate da una oligarchia fatta dei soliti noti e dei loro famigli. 

Una situazione determinatasi gradualmente nel corso della prima repubblica, che portò al fallimento, e che si è addirittura incancrenita nella seconda. Allora una parvenza di dibattitto interno ai partiti era perlomeno conservata; oggi quasi tutte le nostre forze politiche sono solo l’emanazione di un capo che manda i propri nominati in Parlamento (e nei consigli regionali e comunali, come in quelli di amministrazione di enti ed aziende pubbliche, lungo una catena di comando in cui l’unico titolo è il gradimento, non importa come ottenuto, dei superiori) senza che, grazie all’orrenda legge elettorale, i cittadini possano in realtà dire nulla. 

Le primarie di collegio, lo capiscano anche i vari indignati più o meno a comando, rappresenterebbero la più pacifica, e nello stesse tempo profonda, delle rivoluzioni: non solo leverebbero potere alle segreterie dei partiti per restituirlo ai cittadini, ma, obbligando i parlamentari uscenti a rendere conto del proprio operato agli elettori della propria città, renderebbero più difficile la creazione di cricche e dinastie (non impossibile; tutto però starebbe nella mani degli elettori) e favorirebbero un ricambio del nostro personale politico. Il trombone che pontifica di massimi sistemi nei salotti televisivi, e magari non ha mai fatto altro, dovrebbe vedersela, prima di tornare in Parlamento, con il giovane che vuole portare in politica il proprio entusiasmo o, magari, con il proprio coetaneo che ha fin lì svolto onorevolmente un altro mestiere, accumulando reali esperienze e conoscenze, e non si è limitato a stare decenni dentro il partito, a far chissà cosa e pagato chissà da chi.

La politica non sarebbe più un mestiere sicuro (uno strapuntino per i trombati, oggi, si trova sempre), ma riservato agli amici degli amici, per tornare ad essere una vocazione che tutti devono poter seguire, in qualche momento della propria vita, ma con la coscienza che cariche, onori e stipendi che ne derivano non sono eterni, ma durano solo quanto dura la fiducia dei cittadini.

Ovvio che i nominati dei vari ducetti non sopportino l’idea delle primarie. Neppure da commentare lo starnazzare che ha provocato dentro il PdL l’ipotesi di una candidatura di Berlusconi; da morire dal ridere lo spettacolo di Angelino Alfano (un tempo lo soprannominavo Starace; chiedo scusa agli eredi del segretario del PNF: Achille, in confronto, era serissimo) che, dopo aver avviato il meccanismo delle primarie nel proprio partito, proprio perché obbligatovi dall’esempio del PD, si è subito detto prontissimo ad annullare tutto: davanti al Padrone, si sa, si smette subito di giocare. E’ lui che paga.

Una parola merita Grillo, che chiama "nullarie" le primarie e cita la tardo-quattrocentesca "Das Narren Schiff", "La nave dei folli", per dire della mancanza di ragionevolezza di chi vi ha votato, dato che, come giustamente ricorda, in Italia non esiste il premierato e il prossimo pdC sarà chiunque, indicato dal Presidente della Repubblica, otterrà la fiducia del Parlamento. Bravissimo; infatti la nostra è una Repubblica parlamentare: sono sicuro che ora che l’ha imparato, smetterà di insultare Monti o di considerare illegittimo il fatto che sia in carica pur non essendo stato direttamente eletto. Piuttosto, data la sua predilezione per certi toni ed un certo eloquio, mi viene ricordargli che nell’opera satirica di Sebastian Brandt, che tanto ama, sono lungamente descritte le pratiche con cui i folli venerano Sant Grobian. Chi era? Il patrono delle grettezza e della volgarità. 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.237) 27 novembre 2012 19:16

    Sul piano teorico il tuo ragionamento non fa una piega, in particolare per le primarie di collegio, che potrebbero rappresentare un modo per introdurre finalmente un pò di sana competizione tra gli aspiranti parlamentari.

    Tuttavia vedo la cosa molto lontana e per certi aspetti anche pericolosa; le elezioni nazionali sono gestite dalla magistratura con l’aiuto dell’esercito e della polizia, e con norme penali rigidissime, ciò nonostante brogli, comparvendite di voti e inquinamento mafioso sono all’ordine del giorno ad ogni tornata elettorale. Proviamo solo a immaginare concretamente le primarie nei 945 collegi (camera e senato) per 20 partiti a collegio. L’assagio di ciò che potrebbe succedere lo abbiamo avuto a Napoli alle ultime amministrative: il PD si è visto costretto a ritirare i suio contendenti e ad affidarsi a De Magistris.

     

  • Di Daniel di Schuler (---.---.---.191) 27 novembre 2012 19:23
    Daniel di Schuler

    Obiezione tutt’altro che infondata, lo ammetto; certo che così non possiamo andare avanti per molto e qualche rischio, specie nelle aree più difficili del paese, credo dovremo rassegnarci a correrlo. 

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