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Le malattie mentali sempre più diffuse

L’importanza delle malattie mentali viene sottovalutata. In Italia, ad esempio, le strutture pubbliche sono del tutto inadeguate rispetto alle dimensioni che tali malattie da tempo hanno assunto.

E la loro diffusione sarà ancora maggiore nel prossimo futuro. Si prevede che, in tutto il mondo, il costo delle malattie mentali, tra il 2011 e il 2030, sarà di oltre 16 trilioni di dollari, in termini di mancata produzione, più di patologie oncologiche, cardiovascolari, respiratorie croniche e del diabete.

In pratica la diffusione di tali malattie, principalmente per le assenze dal lavoro, determinerà una riduzione della ricchezza economica prodotta di dimensioni molto elevate, ben superiore ad altre malattie che, usualmente, da questo punto di vista, vengono considerate più dannose.

Inoltre i disturbi mentali, intesi sia come patologie psichiatriche quali ansia, depressione o disturbi bipolari, che neurologici, come Alzheimer e demenze, sono già nei Paesi ad alto reddito la principale causa di perdita di anni di vita per morte prematura e disabilità (17,4%), seguiti dal cancro (15,9%), dalle malattie cardiovascolari (14,8%), dagli infortuni (12.9%) e dalla malattie muscolo-scheletriche (9,2%).

Questi dati sono contenuti in un articolo pubblicato su agenziafarmaco.gov.it e ripreso su quotidianosanità. 

La principale fonte è un rapporto dell’Harvard School of Public Health e del World Economic Forum.

Poi, secondo i dati forniti dall’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, nel suo focus “Fare i conti con la salute mentale”, la depressione grave, il disturbo bipolare, la schizofrenia e le altre malattie mentali gravi riducono la speranza di vita in media di 20 anni rispetto alla popolazione generale, in modo analogo alle malattie croniche come le malattie cardiovascolari.

Il 5% della popolazione mondiale in età lavorativa ha una severa malattia mentale e un ulteriore 15% è affetto da una forma più comune.

Una persona su due, nel corso della vita, avrà esperienza di un problema di salute mentale e ciò ridurrà le prospettive di occupazione, la produttività e i salari.

I costi diretti e indiretti della malattia mentale, secondo le statistiche Ocse, possono superare il 4% del Prodotto Interno Lordo (Pil). I costi indiretti includono le spese mediche, dovute a una maggiore necessità di assistenza sanitaria, e i costi per servizi sociosanitari come l’assistenza a lungo termine.

Circa la metà degli adulti con malattia mentale l’ha sviluppata prima dei 15 anni, per cui l’identificazione e il trattamento precoci possono contribuire anche a ridurre i costi.

Quali sono alcune conseguenze che dovrebbero derivare dall’analisi di questi dati?

Per i sistemi sanitari questi dati dovrebbero confermare la necessità di far fronte all’impatto di queste patologie non solo sulla salute e sulla qualità della vita della popolazione, ma anche sulla sostenibilità dei costi dell’assistenza, delle terapie farmacologiche e di supporto, anche in considerazione dei livelli ancora troppo bassi di aderenza ai trattamenti che si registrano ad esempio in Italia.

Infatti, con riferimento alla depressione, diversi studi condotti sul territorio italiano hanno dimostrato che la quota di pazienti che assumono antidepressivi in modo continuativo e appropriato è appena il 20%, mentre circa il 50% sospende il trattamento nei primi 3 mesi di terapia e oltre il 70% nei primi 6 mesi.

Questo comporta una ridotta efficacia del trattamento farmacologico con conseguente aumento di complicanze, nonché un aggravio di spesa per il servizio sanitario nazionale.

Dai dati epidemiologici emerge che in Italia la depressione maggiore colpisce circa il 12,7% della popolazione, di cui solo il 33,1% assume farmaci antidepressivi; le quote maggiori di pazienti non trattati farmacologicamente sono localizzate al Sud, nella popolazione maschile e tra i pazienti più giovani.

Io vorrei aggiungere altre brevi considerazioni riguardanti l’Italia.

Le malattie mentali, sia quelle più lievi, sia quelle di maggiore rilievo, sono curate in modo inadeguato anche perché le strutture pubbliche, diversamente da quanto avviene per altre patologie, dispongono di risorse umane e finanziarie del tutto inadeguate.

Spesso le uniche possibilità di cura veramente efficaci vengono offerte da operatori e strutture private, il cui costo per i malati e per le loro famiglie è molto elevato.

Ciò comporta che molti malati non sono curati adeguatamente o non sono curati affatto.

Quindi anche solo la situazione attuale riguardante la diffusione delle malattie mentali in Italia dovrebbe indurre a modificare radicalmente, ampliandole, le dimensioni delle strutture pubbliche destinate alla loro cura, migliorando anche sensibilmente la qualità dei servizi erogati che, attualmente, non è, spesso, molto elevata.

La validità di tali cambiamenti è ancora più evidente se si considerano le previsioni circa la futura, crescente, diffusione delle malattie mentali, a cui si è fatto riferimento in precedenza.

Nella sanità italiana ci sono ancora molti sprechi, che devono essere eliminati, riducendo in questo modo la spesa pubblica. Ma ci sono settori in cui la sanità pubblica va sviluppata, come in quello della cura delle malattie mentali, utilizzando almeno in parte le risorse finanziarie che si potranno liberare tramite la riduzione, se non proprio l’eliminazione, degli sprechi.

 

Foto: Matteo Paciotti/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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