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Le isole del tesoro delle multinazionali e dei bankster

“Le isole del tesoro” (Feltrinelli), è un saggio di Nicholas Shaxson, un valoroso giornalista inglese che racconta in modo magistrale dove sono custoditi i soldi incassati con i vari raggiri finanziari.

In questo libro pubblicato nel 2012, accuratamente evitato dai giornalisti carrieristi, emerge un quadro angosciante: ai ricchi tutto è permesso, anche far credere che “un chilogrammo di carta igienica proveniente dalla Cina è stato venduto a 4121 dollari” (si chiamano prezzi di trasferimento), pur di aggirare le leggi e detassare quasi tutto. Nel mondo anglosassone esistono i trust di origine medievale e alla fine dei conti “solo il popolino paga le tasse” (Leona Helmsley, milionaria newyorkese che non è sfuggita alla giustizia americana).

In realtà il sistema offshore riguarda quasi tutte le multinazionali, più della metà del commercio mondiale, circa l’85 per cento delle emissioni bancarie e obbligazionarie internazionali, e “oltre la metà di tutti gli attivi bancari e un terzo dell’investimento diretto estero effettuato dalle imprese multinazionali vengono dirottati offshore”. I trust (anche quelli revocabili), consentono di evadere o eludere il fisco, mantenendo la segretezza e aggirando le normative di molti stati nazionali.

Però le Bermuda, Gibilterra, Malta, l’Isola di Man, le Isole Cayman o le Isole Vergini (britanniche e non), non sono i principali luoghi dei traffici più loschi. Con le deregolamentazioni degli ultimi anni anche in grandi stati europei come i Paesi Bassi e l’Inghilterra si ricicla denaro sporco o si realizzano grosse operazioni bancarie più o meno segrete. Londra è da molti decenni la capitale mondiale dei più grossi traffici finanziari defiscalizzati e gli Stati Uniti sono diventati il più vasto paradiso fiscale del pianeta (anche se all’interno dei vari stati ci sono leggi molto diverse).

Infatti, nonostante i numerosi giri di carte a Panama, Mauritius, Sark, Jersey o alle Isole Marshall e alle Isole Turks e Caicos, il vero malloppo è nascosto nei forzieri e nei conti correnti delle banche londinesi e newyorkesi. I buffi diversivi servono anche a far credere ai funzionari governativi di non poter mettere le mani sui soldi della casta finanziaria. Oramai l’uno per cento della popolazione mondiale detiene circa il 66 per cento della ricchezza e la vera isola del tesoro è Manhattan, una strana isola molto a portata di mano, bagnata da un banale fiume e da un piccolo braccio di mare.

Comunque Kennedy avviò delle indagini su alcuni sistemi finanziari nel 1961, che si conclusero il 22 novembre 1963, il giorno della sua misteriosa morte. Su www.luogocomune.net trovate il filmato della confessione del carcerato James Files (pubblicato il 20 novembre 2013), ex soldato e autista del mafioso Charles Nicoletti (potete cercare James Files su Wikipedia e YouTube). D’altra parte, l’assurdo attentato alle torri gemelle è forse servito a cancellare le pratiche finanziarie molto compromettenti di qualche banda di bankster. Infatti un moderno pirata finanziario può nascondere per sempre quasi tutti i crimini se riesce a fondere o a polverizzare le memorie di numerosi computer nei principali centri di controllo, centri economici e centri di spionaggio (tutti presenti nei tre edifici crollati).

In molti casi “l’offshore è un covo di falsari dediti a truccare i conti delle società” (Jack Blum), e nel regno della finanza selvaggia “Gli effetti ideologici più stabili sono quelli che, per agire, non hanno bisogno di parola, ma del lasciar fare e del silenzio complice” (Pierre Bourdieu, sociologo francese).

Per approfondimenti: http://treasureislands.org; www.internationaltaxreview.com (rete che ha pubblicato una lista nera dei paradisi fiscali); www.gfintegrity.org (Global Financial Integrity); http://michael-hudson.com (economista specializzato nella finanza parassitaria); www.ctj.org (Citizen for Tax Justice); www.globalwitness.org (organizzazione che denuncia gli affari immorali).

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