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"Le iene": un gioco al massacro tra black humour e iperviolenza

In occasione del venticinquesimo anniversario dall'uscita, (ri)scopriamo insieme Le iene, il film d'esordio di Quentin Tarantino, visionario e cinefilo regista papà di Pulp Fiction e Bastardi senza gloria

 

 

A Los Angeles un eterogeneo gruppo di sei rapinatori professionisti è reclutato da Joe Cabot (Lawrence Tierney) e da suo figlio Eddie “il Bello” (Chris Penn). Scopo dell’ingaggio è una rapina che potrebbe fruttare un consistente bottino. Per fare in modo che il piano abbia successo, Cabot impone ai sei una ferrea regola: non parlare mai delle loro identità, chiamandosi tra di loro solo con il nome in codice assegnato a ciascuno e corrispondente a singoli colori. La rapina è compiuta ma ben presto si trasforma in tragedia: due rapinatori, Mr. Blue (Edward Bunker) e Mr. Brown (Quentin Tarantino), rimangono uccisi, Mr. Blonde (Michael Madsen) spara contro i poliziotti e prende in ostaggio un agente, Mr. Pink (Steve Buscemi) fugge con l’incasso mentre Mr. Orange (Tim Roth) rimane ferito ma viene messo in salvo da Mr. White (Harvey Keitel). I superstiti si rintanano in un capannone abbandonato cercando di capire cosa sia andato storto. Ma il sospetto che nella squadra ci sia un infiltrato porta ad un crescendo di diffidenza e violenza pronta a esplodere.

Venticinque anni fa uno sconosciuto regista proveniente dal Tennessee, cresciuto a pane e cinefilia maniacale, segnava il suo fulminante esordio con uno dei più sorprendenti e inaspettati noir di inizio anni Novanta. Lo sconosciuto è Quentin Tarantino e la sua opera primis è Le iene (Reservoir Dogs, 1992). Incredibile e pirotecnico exploit Le iene diventa, fin da subito, un cult controverso ma vastamente apprezzato, che in poco tempo riesce a creare il mito Tarantino. Sagace miscela di generi, il film dell’autore di Knoxville sprizza da tutti i pori un immenso amore nei confronti della cinefilia, radicando la sua stessa struttura su quel saccheggio filmico che sta alla base di ogni lungometraggio tarantiniano.

Fortemente influenzato dalla cinematografia di serie b, dai poliziotteschi italiani degli anni ’70 e dagli heist movie, senza dimenticare le sicure e poi non tanto nascoste fonti di ispirazione, ovvero Rapina a mano armata (The Killing, 1956) del maestro Stanley Kubrick e gli hongkonghesi City on Fire (id., 1987) di Ringo Lam e A Better Tomorrow II (Ying huang boon sik II, 1987) di John Woo, Le iene è l’esordio in media res di un visionario e folle regista, un’opera che ha la capacità di mettere in nuce tutti i tratti distintivi (lo schema narrativo non lineare, i dialoghi veloci e surreali), i feticci (l’onnipresente violenza qui più reale e brutale rispetto alle opere a seguire come Pulp Fiction e Kill Bill Vol. I e II) e i manierismi (come l’inquadratura dal bagagliaio delle auto) successivamente ricorrenti nell’intera filmografia del regista dal 1992 a oggi. Se a primo acchito Le iene può sembrare un banale e poi non tanto originale film di rapina, questa impressione crolla – rovinosamente – dopo l’umorale e altamente grottesco incipit nel quale i protagonisti, seduti a fare colazione in uno dei tanti locali losangelini, sproloquiano sulle origini del brano Like a Virgin dell’icona pop Madonna per poi, con molta strafottenza e sicurezza di se stessi, andare incontro alla loro stessa rovina.

La grandiosità di un film come Le iene risiede nella capacità di Tarantino di non radicare le sue pellicole in un unico e identificabile genere cinematografico, variando di continuo registro e spaziando dalla commedia grottesca al film drammatico, dall’action noir al thriller senza mai cadere nel banale o nel ridicolo e riuscendo ad affermare come l’opus n. 1 del cinemaniaco Tarantino sia un gioco al massacro tra black humour e iperviolenza. Ebbene tra una battuta sagace e un’altra al vetriolo, la rapina al centro de Le iene si trasforma in un inferno dantesco, costellato da morti ammazzati, proiettili in mezzo agli occhi e nella pancia, sangue a fiumi e una tortura shock rimasta negli annales della cinematografia, mentre la diffidenza e la paranoia crescono nell’ambiente chiuso del rifugio dei rapinatori, dove le teorie sul potenziale traditore portano ad una letale escalation destinata a implodere in un fiammante mexican standoff finale.

Feroce, violento, tagliante e accattivante noir, Le iene è il battesimo del fuoco di Mr. Pulp Fiction, un film di esordio che è stato capace di scuotere l’immaginario collettivo di cinefili e non, portando sul grande schermo un connubio tra emozioni forti, humour, grottesco alto e basso, citazionismo e cultura pop aggiudicandosi, a mani basse, un posto di tutto rispetto in quella cinematografia postmoderna di cui lo stesso Quentin Tarantino è uno dei fieri rappresentanti.

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