Le funzioni delle religioni secondo Jared Diamond
L’ultimo libro del noto saggista Jared Diamond si intitola Il mondo fino a ieri ed è pubblicato da Einaudi. Il sottotitolo, Cosa possiamo imparare dalle società tradizionali, esemplifica assai bene il contenuto del volume: un’analisi di come le comunità di interesse etnologico hanno affrontato i vari aspetti della vita, e un confronto con gli atteggiamenti diffusi nelle società occidentali. L’unico capitolo in cui il confronto è meno serrato è proprio quello — denso — dedicato alle religioni.
Diamond individua infatti sette funzioni svolte dalle religioni, e ne traccia una sorta di sviluppo nel tempo. Ritiene che due di queste, l’interpretazione sovrannaturale del mondo e il contenimento dell’ansia tramite rituali, abbiano subito una continua decadenza nel corso della storia, la seconda meno marcata della prima. Vi sono poi altre cinque funzioni che, sempre nel corso della storia, si sarebbero invece pian piano accentuate fino a toccare il vertice all’epoca degli stati confessionali del 1600: il conforto per la sofferenza o la morte, la standardizzazione organizzativa (ovvero la creazione di un corpus dottrinario che permette ai fedeli di orientarsi in ogni ambito della propria esistenza), la formazione all’obbedienza politica (quale garanzia dell’ordine sociale), un codice di comportamento verso gli estranei, la giustificazione dei conflitti. Tutte queste funzioni sarebbero a loro volta decadute negli ultimi quattro secoli, la prima (il coping della sofferenza e della morte) in maniera meno netta.
In effetti, a scorrere le inchieste di Hunsberger e Altemeyer, si scopre che l’unica ragione che, ancora oggi, spinge le persone formatesi in ambienti increduli ad abbracciare un culto (o quantomeno una credenza) è proprio la necessità di un sostegno per affrontare i problemi della vita, fossero anche gli esami scolastici. Chissà quanto ne sono consce le religioni: ne potrebbero trarre l’idea che, per prosperare, devano fare in modo che gli esseri umani siano impantanati nel maggior numero possibile di difficoltà. E questo sembra essere il pensiero dello stesso Diamond: il futuro non è scritto, ma un’umanità futura più conflittuale e più povera sarà, a suo parere, anche più propensa a tornare alla religione.
Proprio perché il futuro non è scritto, non è detto che sia così automaticamente determinabile. Il mondo moderno si caratterizza anche per la maggior diffusione di cultura e libertà di espressione: due fenomeni che — secondo una messe di inchieste — sono inversamente correlati alla pratica religiosa. Vero anche che sono a loro volta correlati a sicurezza e benessere economico: e tuttavia un mezzo come internet permette oggi, a costi assai più contenuti del passato, di accedere a una quantità di nozioni una volta impensabile. Atei e agnostici possono oggi ridurre l’asimmetria informativa in cui, seppur in misura più debole, le società continuano a cercare di confinarli: i credenti possono imbattersi in siti, come questo, che espongono punti di vista alternativi a quelli in cui sono cresciuti. E magari cambiare idea.
Il futuro della religione non è scritto, e nemmeno quello dell’incredulità: quest’ultima, evidenze alla mano, parte però avvantaggiata. Non sono molti quelli che lo negano, non sono però molti nemmeno quelli che lo ammettono. È una realtà imbarazzante per tanti, perché contrasta con tanti consolidati a priori: meglio non parlarne. Almeno finché le dimensioni della crescita non renderanno ingiustificabile ogni silenzio.
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