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Lavoratori irregolari e "sommerso": nell’economia italiana non si rispettano le regole

L’Istat, nello stesso giorno, ha fornito alcuni dati circa il peso assunto dai lavoratori irregolari e dall’economia sommersa. In entrambi i casi si può concludere che, nel sistema economico italiano, le regole non vengono sufficientemente rispettate: molti lavoratori irregolari e notevole importanza dell’economia sommersa, quindi. E questi fenomeni rappresentano due delle più rilevanti cause della consistente diffusione dell’evasione fiscale.

Adesso consideriamo i dati. In Italia i lavoratori irregolari sono 2,5 milioni, oltre il 10% di tutti gli occupati. Più precisamente nel 2010 gli irregolari erano 2.548.000 (10,3%), sostanzialmente stabili rispetto al 2009 (2.554.0000). Questi, specifica l'Istat, sono le persone che hanno lavorato nello scorso anno senza il rispetto della normativa vigente in materia fiscale e retributiva. In particolare, sono risultati irregolari 2.101.200 lavoratori dipendenti (l'11,1% del totale) e 446.000 indipendenti (il 7,7% del totale). Nel complesso nel 2010 erano occupate, tra regolari e irregolari, 24.643.000 persone con un calo di 196.000 unità rispetto all'anno prima. Un calo dovuto quasi esclusivamente all'occupazione regolare (191.000 occupati in meno), al contrario l'occupazione irregolare è rimasta stabile.

Passando ai settori, il comparto con la percentuale più elevata di irregolari è l'agricoltura: 372.000 irregolari. Il 37,4%. Il dato, viene sottolineato, è comunque in calo rispetto a vent'anni fa quando sfiorava il 48,5%. I servizi hanno il maggior numero di irregolari in termini numerici: 1.792.000 di lavoratori (il 10,6% del totale del settore), in lieve calo sul 2009 (erano 1.822.900). Nell'industria il lavoro irregolare si limita al 5,7% e 384.000 persone. Nei servizi, c'è alto tasso di irregolarità nel commercio (444.500 irregolari pari al 7,4% degli addetti del settore), l'intermediazione immobiliare e le altre attività di servizi (oltre un milione i lavoratori irregolari nel 2010) ma soprattutto i servizi domestici presso le famiglie. Per questi - anche se non c'è un dato dell'anno scorso - negli ultimi anni la percentuale di irregolarità è stata ampiamente superiore al 50%.

L'economia sommersa italiana, invece, ammonta a 255-275 miliardi, vale a dire tra il 16,3% e il 17,5% della ricchezza prodotta dal Paese. Il suo andamento negli ultimi anni è tutto sommato abbastanza omogeneo. Nel 2000 il sommerso ammontava tra i 216.514 e i 227.994 miliardi, con una incidenza sul Pil tra il 18,2 e il 19,1%. Nell'ultimo anno a cui fanno riferimento le stime dell’Istat, cioè il 2008, il sommerso si attestava tra i 255.365 e i 275.046 miliardi, cioè tra il 16,3% e il 17,5% della ricchezza prodotta.

In cifre assolute il “nero” è cresciuto, in parallelo all'innalzamento del Pil, anche se in percentuale è sceso seppur non di molto. Il maggior merito della diminuzione dell'economia sommersa va attribuita alla sanatoria degli immigrati del 2002, che ha tolto dal nero numerosi lavoratori. E infatti il sommerso è sceso da quell'anno fino al 2007, quando ha ripreso a salire. Nell'economia sommersa, poi, ha assunto un ruolo marcato non più il lavoro irregolare, bensì la correzione del fatturato al ribasso da parte delle aziende, e il rigonfiamento dei costi intermedi. Il sommerso differisce poi notevolmente tra un settore e l'altro. Nel 2008, nell'ipotesi massima, il valore aggiunto sommerso nel settore agricolo è stato pari al 32,8% del totale (9.188 milioni di euro), nel settore industriale al 12,4% (52.881 milioni di euro) e nel terziario al 20,9% (21.978 milioni). All'interno del terziario, poi, si va dal 6,4% del credito e le assicurazioni al 56,8% degli alberghi e dei pubblici esercizi.

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