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Lance Armstrong: un uomo come tanti

Questa è un'altra conferma che i Campioni sono prima di tutto uomini. E come uomini, hanno delle debolezze che, prima o poi, hanno la meglio sugli ideali, sulla passione e sul sacrificio. Lance Armstrong voleva tutto, e per andarselo a prendere ha sbagliato. Questa è l'ennesima storia di uno sportivo che sbaglia, e che si confessa in tv per redimersi. Ma perché proprio tu, Lance?

Pensare che è stato tutto meraviglioso. Dopo il dramma, la rinascita, il sogno che ricominciava. Il cancro, e poi la voglia di vivere, di correre veloce, più veloce del male che ha sconfitto, e Lance che torna in sella alla sua bicicletta. 

Dopo il 1998, tutte le vittorie, i tour, i sogni che si realizzano, la fondazione “Livestrong”. Ma anche i primi sospetti, le prime dichiarazioni contro il campione texano, i primi attacchi pubblici. Chi siamo noi per giudicare quello che ha fatto Lance Armstrong? Che potere abbiamo per decretare la sua colpevolezza, la sua buonafede, la sua innocenza?

Nella prima parte di intervista mandata in onda su OWN, il canale di Oprah Winfrey, Lance si nasconde dietro un “lo facevano tutti, non mi sembrava sbagliato. Assumere doping era come mettere acqua nelle borracce, una cosa del tutto normale.”

Com’è possibile che un uomo che sopravvive a un cancro, che dà vita a una fondazione per combattere questo male, si perde nell’uso di sostanze stupefacenti per vincere, per andare un po’ più veloce, per arrivare prima di tutti? Soldi, gloria, fama. Ma anche arroganza: ”Mi aspettavo che tutto andasse come dicevo io”.

“Su duecento corridori, forse cinque o sei non si dopavano. Non puoi vincere sette tour senza doparti”, altre delle parole che escono dalla bocca dell’ex detentore di sette Tour de France. E’ vero, probabilmente nessuno può giudicare quello che è stato fatto da Lance Armstrong e da tanti altri ciclisti. Nessuno può cancellare quelle pagine della storia dello sport, macchiate indelebilmente dallo scandalo del doping e da uomini diventati macchine al servizio dello spettacolo. 

Gli anni ’90, non solo nel ciclismo, sono stati gli anni dell’Epo, sono stati gli anni delle truffe, a volte mai risarcite. Sono stati gli anni delle bugie, che piano a piano vengono a galla. “Credo che da te stesso non ci scappi neanche se sei Eddy Merckx”, si recitava in un vecchio film. Eh già, Lance. Le bugie sono come un boomerang, prima o poi ti tornano indietro.

Tutti noi nella nostra vita abbiamo sbagliato, abbiamo detto delle bugie, abbiamo deluso qualcuno, abbiamo provato a scappare da quello che avevamo fatto. Nel nostro piccolo, anche noi ci siamo sentiti Lance Armstrong.

A tutti va concessa una seconda possibilità, un tentativo di redimersi, a un patto però: Lance, raccontaci tutto. Non dire solo ciò che può farti comodo, che può renderti migliore agli occhi della gente, non fare la parte di chi ha sbagliato e tenta subito di riconquistarsi la fiducia dei suoi tifosi. Spiegaci chi sei davvero, se hai una coscienza o reciti solo una parte davanti agli schermi, impassibile e determinato. In queste situazioni però i dopati non confessano per le tv, per ammettere i propri errori o perché scoperti dai controlli. Di solito si confessa perché il peso sulla coscienza è troppo grande, troppo pesante per un uomo.

Certo, il doping non lo scopriamo certo oggi, né capiamo in questi giorni che molti sportivi usano delle sostanze per migliorare le prestazioni. Però ogni volta si rimane sconvolti, si prova pietà per dei mostri che in fondo abbiamo creato noi, invece ognuno deve pagare per i propri errori. I soldi, il successo, la fama, non valgono quanto la fiducia delle persone, gli incitamenti dei tifosi, i cori a ogni tappa, gli applausi dopo un trofeo.

I veri sportivi sono quelli che magari non hanno vinto tanto, ma sono rimasti integri fino alla fine. La carriera finisce, e quello che resta è l’uomo e la sua coscienza. E di te, Lance, cosa resterà? Sicuramente non questo mio pensiero, mescolato agli altri diecimila che in questi giorni imperverseranno sul web o sui giornali, né il tuo pentimento.

Rimarrà la delusione della tua gente, il sorriso amaro di chi ti ha sostenuto contro tutto e tutti, di chi credeva in te. La domanda però è sempre la stessa: chi sarà il prossimo campione che verrà scoperto? Quanto è nero lo sport che noi tutti seguiamo? Ma soprattutto, ci interessa davvero o siamo vittime del sistema e dello spettacolo?

I quesiti sono sempre gli stessi, ma nessuno è riuscito a dare loro una risposta. Perché?

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