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La vera dittatura

Verso la metà degli anni novanta, la stesura del Trattato di Maastricht, disponeva le modalità di accesso, per i singoli Stati, alla cosiddetta Zona Euro. Una di quelle disposizioni, stabiliva, per ciascuno dei Paesi membri, l'obbligo del contenimento del deficit di bilancio al di sotto del 3% del PIL o Prodotto Interno Lordo, oltre che un rapporto tra il debito pubblico e il PIL inferiore al 60%.

Nel 1977 si procedette alla verifica di quella normativa. Emerse così che alcuni Paesi, come l'Italia o la Spagna o il Portogallo, risultavano insolventi nei confronti di quelle direttive. Pur tuttavia, ne fu decretata l'ammissione. Il loro ingresso serviva per il contenimento di determinati equilibri politici. I Paesi piloti dell'Unione Europea, adottarono quella strategia nell'intento di soddisfare le esigenze di alcuni Paesi che, come la Francia, temevano un eccessivo sbilanciamento verso nord del baricentro dell'Unione.

Nei primi anni duemila, anche la Grecia entrò a far parte dell'Unione Europea. Naturalmente, neppure nel suo caso venivano rispettati i criteri di Maastricht, tenendo presente che il suo rapporto tra il debito pubblico e il PIL sfiorava il 100%.

La deriva dei conti pubblici greci non è pertanto una questione recente. Essa conferma l'incapacità delle autorità europee di far rispettare precise regole di bilancio ai Paesi membri, oltre che di non essere in grado di somministrare adeguate sanzioni nei casi di inadempienza. Per questo, la situazione economica greca ha conosciuto un progressivo deterioramento, e con essa quella dell'intera comunità.

Intorno al 2005, venne elaborato il Patto di Stabilità e di Crescita, che fu concepito al fine di assicurare una più organica coordinazione delle politiche economiche e di bilancio dei Paesi dell'Unione Monetaria. In quell'ottica, vennero contemplate apposite sanzioni nei confronti degli Stati inadempienti.

Nonostante la situazione determinatasi preoccupasse la Germania e la Francia, nessuna iniziativa venne intrapresa nell'intento di rendere operative quelle disposizioni. Un così strano comportamento si inscriveva nell'ottica dell'intrinseco funzionamento delle istituzioni europee. La consuetudine voleva infatti che l'applicazione delle sanzioni fosse subordinata al relativo voto favorevole espresso dagli Stati membri. I quali, però, non avevano nessun interesse a renderle operative, potendo essi stessi versare in futuro nella medesima contingenza. Per questo, il Patto di Stabilità e di Crescita, previamente caldeggiato da tutti, non ebbe mai corso. Soltanto alcuni Paesi cercarono in seguito di uscire da quello stallo, mentre altri, come l'Italia e la Grecia, non se ne preoccuparono.

Attualmente, si vorrebbe far ricadere sul governo greco l'intera responsabilità della situazione determinatasi. Si sente ripetere che l'eccessiva debolezza economica del Paese dipenderebbe dalla mancanza di un adeguato apparato industriale o dalla pressoché totale assenza di adeguati servizi o al fatto di disporre soltanto di qualche piccola banca. Nessuno si preoccupa di ricordare invece che lo stabilirsi di quella situazione sia avvenuta perché i governi europei, e non soltanto quelli!, abbiano ceduto a una distorta ottica nella valutazione della situazione ellenica. Molti si ostinano ancora a ritenere la Grecia una nazione industrializzata per il solo fatto di appartenere all'Unione, al pari di altri Paesi analogamente privi di un congruo apparato industriale. Non bisogna dimenticare inoltre la sua pesante penalizzazione causata da una consistente evasione fiscale e da una corruzione palesemente sottostimata. Soprattutto per questo, è a dir poco scarsa la fiducia riscossa dalla classe politica greca.

Come se non bastasse, agli inizi degli anni 2000, si scoprì anche la dolosa manomissione dei bilanci greci. Ma, anche in quel caso, soprattutto grazie al contributo venuto dalla banca Goldman Sachs, la Grecia riuscì a contenere il suo deficit, nonostante neppure quell'espediente bastasse per farle rispettare i criteri di Maastricht.

Nel 2009, in seguito all'ennesimo cambio di governo, i greci ricorsero ad altri espedienti per far quadrare i loro conti pubblici: ecco perché, attualmente, viene ritenuta inaffidabile la classe politica greca, al di là delle appartenenze politiche dei singoli governanti.

La responsabilità di questo paradosso, ricade comunque sulle spalle dell'Unione Europea. Basti considerare che, sempre nel 2009, dopo l'attuazione del primo piano di salvataggio, trascorsero ben sei mesi prima che costoro trovassero un nuovo accordo. Questo, dal momento che l'Unione Europea abbia sempre sofferto in sede decisionale proprio per la mancanza di un suo effettivo peso politico, che è poi il solo capace di rendere effettivamente operative certe decisioni.

L'attuale governo greco sta insistendo sulle privatizzazioni: reputa infatti di poter raddrizzare le sue sorti attraverso l'alienazione delle pubbliche imprese. Il guaio è che, anche in questo senso, stia muovendosi in ritardo: infatti, qualsiasi piano di aiuti non può aver senso senza il riavvio della produttività. Quella delle privatizzazioni poteva forse anche essere una soluzione del problema; ma oggi, con il Paese soverchiato dai debiti, le imprese sono tutte sottostimate, per cui, i relativi benefici economici, risulterebbero trascurabili. Qualcosa forse si poteva ancora fare nel 2010: ma allora pesarono le catastrofiche previsioni diffuse dalle agenzie economiche, le quali penalizzarono la già precaria situazione dei conti pubblici greci.

A questo punto, l'aiuto promesso alla Grecia dagli Stati europei potrà soltanto aiutarla a tirare avanti ancora per poco, con la conseguenza di comprometterne ulteriormente l'impulso produttivo. La crisi greca è ormai profonda e irreversibile. Così come profonda e irreversibile è la crisi dell'euro: vale a dire di quella fallace illusione motivata dall'esclusivo impulso economico, e di conseguenza priva del pur minimo supporto politico. Per questo la disfatta greca si profila come l'anteprima della ancor più grave e prossima disfatta europea.

Questa drammatica situazione si inserisce in un ben più ampio e preoccupante contesto mondiale: è infatti di unanime acquisizione la macroscopica manipolazione subita dai mezzi di informazione da parte del potere finanziario. Abbiamo di fronte un progetto volto a imporre severe coartazioni alla conoscenza delle autentiche motivazioni comportanti la restrizione della sovranità nazionale in molti Stati.

Da questo omertoso intento, qualcosa è riuscita comunque a trapelare: riguarda in particolare l'operato del GAA Audit o Governement Accountability Office, il quale non è poi altro che l'organismo deputato alla verifica contabile degli USA. Il più preoccupante elemento desumibile da questi dati, è che, mai prima d'ora nella ultracentenaria storia americana, sia stata condotta una qualsivoglia verifica sull'operato della Federal Reserve. Nel senso che, prima d'ora, mai nessuno aveva avuto modo di vagliare quei conti, essendo la stessa reputata al di sopra di ogni possibile accertamento.

Adesso però questo mito è stato sfatato: adesso sono emersi alcuni preoccupanti risvolti sull'operato della Federal Reserve. Ciò è stato possibile grazie al determinante contributo offerto da Alan Grayson e da Ron Paul, i quali hanno consentito l'approvazione di un emendamento alla legge Dodd Franck, mediante il quale è stato finalmente possibile verificare direttamente l'operato della Federal Reserve. I due senatori incaricati di esperire i dovuti accertamenti, sono stati Bernie Sauders e Jim De Mint, i quali hanno svelato quel che invece doveva rimanere occultato. Tanto il responsabile della banca centrale americana, quanto i banchieri, si sono adoperati in tutti i modi nell'intento di impedire la divulgazione di quelle informazioni, nel timore di poter gravemente turbare l'andamento dei mercati finanziari. Ma per fortuna non ci sono riusciti. Soprattutto grazie all'onestà dimostrata dai due senatori in questione.

E questo, nonostante l'intera vicenda sia stata scientemente ignorata dai principali mezzi di informazione mondiali. Si è così appurato che che tra il mese di dicembre del 2007 e il mese di giugno del 2009, all'insaputa di tutti, e quindi persino all'insaputa del Congresso americano!, la Federal Reserve abbia elargito in ogni recesso del globo la ragguardevole somma di 16 mila miliardi di dollari. A chi li ha dati? Ma alle banche e a diverse corporazioni! L'esborso di quella astronomica cifra, è stata capziosamente mimetizzata sotto la voce di bilancio “Programma onnicomprensivo di prestiti”.

Come è intuibile, di quei 16 trilioni di dollari, non è rientrato neppure un centesimo. In pratica, essi sono stati “prestati” a “tasso zero”! Sono stati cioè elargiti gratuitamente! Tanto per avere un'idea sull'ammontare di quella operazione, basta tener presente che il prodotto lordo annuo degli USA sfiora i 14,2 trilioni di dollari!

Quale è pertanto il significato di quella manovra? Essa dimostra chiaramente che, in maniera a dir poco arbitraria, un gruppo di banchieri abbia assunto decisioni di portata planetaria. In quel modo, essi hanno comprato e ricattato governi, banche e associazioni di ogni genere. Quel loro estremo intento è tuttavia foriero di un sistema giunto ormai al collasso e che costoro cercano di mantenere disperatamente in vita ricorrendo all'unica strategia ancora possibile: quella di sostenerlo con denaro fittizio. Per far questo, non esitano a ricorrere al ricatto e alle minacce, condizionando e cambiando i governi dell'intero globo. Quella che hanno instaurato è pertanto una autentica dittatura. Anzi, essa è la peggiore delle dittature, poiché in questo modo un manipolo di banchieri condiziona le sorti di tutti gli Stati attraverso lo strumento del denaro virtuale. E' bene infatti tener presente che quei 16 trilioni di dollari non consistono in banconote regolarmente battute, ma sono semplicemente soldi “non stampati” e quindi aleatori! Nati da nulla! Di conseguenza, lo svolgimento di quelle operazioni, non esigeva nessuno strumento particolare: bastava soltanto premere un tasto del computer e il gioco era fatto! In barba alla pletora di allocchi agevolmente abbacinati dalla frottola sulla presunta “tracciabilità” dei movimenti finanziari!

Nell'ambito della stessa inchiesta, è inoltre emerso che il TARP o Troubled Asset Relief Program, fissato in 800 milioni di dollari, era in effetti destinato ad ammortizzare le esigenze dei contribuenti americani così subdolamente raggirati. Peccato soltanto che pure quell'importo fosse aleatorio! Era soltanto un numero! Eppure, ottenne il corrispettivo in denaro liquido! Un denaro liquido destinato a foraggiare ulteriormente una accozzaglia di truffatori che è poi la stessa che pretende di essere risarcita per i crediti illegali che esige! Con l'aggravante che, alla fine, quella cifra risultò maggiorata di ben 20 volte! Dove finirono tutti quei soldi? Non è difficile appurarlo. Ecco l'elenco di alcuni dei beneficiari:

Citigroup: 2,5 trilioni di dollari;

Morgan Stanley: 2,04 trilioni di dollari;

Merrill Lynch: 1,949 trilioni di dollari;

Bank of America: 1,344 trilioni di dollari;

Barclays PLC (United Kingdom): 868 bilioni di dollari;

Bear Sterns: 853 bilioni di dollari;

Goldman Sachs: 814 bilioni di dollari;

Royal Bank of Scotland (UK): 541 bilioni di dollari;

JP Morgan Chase: 391 bilioni di dollari;

Deutsche Bank (Germany): 354 bilioni di dollari;

UBS (Switzerland): 287 bilioni di dollari;

Credit Suisse (Switzerland): 262 bilioni di dollari;

Lehman Brothers: 183 bilioni di dollari;

Bank of Scotland (UK): 181 bilioni di dollari;

BNP Paribas (France): 175 bilioni di dollari.

Diventa così agevole individuare i banchieri responsabili di quella sciagurata operazione, i quali sono poi i medesimi che si ritrovano in periodiche riunioni per tramarci contro.

E non è finita! Perché ora stanno elaborando una nuova carta di identità, che hanno chiamato “strumento biometrico”, la quale, essendo dotata di chip elettronici, garantisce loro la più assoluta “tracciabilità” di ogni nostro movimento, non soltanto finanziario! Essa gli assicura un salto di qualità rispetto alla mera “tracciabilità” economica postulata dalle nostrane cricche di potere. Anche quest'altro subdolo espediente autoritario, in un fisiologico consesso socioantropologico, costituirebbe un attentato senza precedenti alle fondamentali libertà individuali. Questo, nella più rigorosa ottemperanza al mondo descritto da Orwell nella sua opera “1984”.

Qualora ricorresse veramente uno Stato di diritto, costoro sarebbero arrestati immediatamente. Ma attualmente questo non si può fare. Nessuno lo può fare! Dal momento che tutti i governi ne sono complici, e con essi le famigerate agenzie di rating. Paradossalmente, proprio da questi pulpiti, grazie alla sempre più vergognosa complicità dei mezzi di informazione, proviene la predica che ci vuole aver consumato più del dovuto, quando loro stessi promuovono sistematiche e fuorvianti campagne pubblicitarie volte a incrementare vertiginosamente i consumi.

Proprio in questi giorni, un manipolo di usurai sta costringendo la Grecia a svendere la propria sovranità nazionale. A breve, essa diventerà una colonia a tutti gli effetti. E dopo? Dopo sarà la volta di altre parvenze di Stato: dopo toccherà all'Italia, insieme con la Spagna, il Portogallo e altre parodie di Nazioni!

A questo punto, viene da domandarsi se sia ancora possibile difendersi da questi criminali. Probabilmente, si. Magari addossandogli i debiti che hanno artificiosamente creato. Anche perché, di fronte all'ingravescenza della situazione determinatasi, o ci si organizza per sconfiggerli, oppure loro stritoleranno tutto e tutti. Perché il loro reale obiettivo è quello di schiavizzare tutti! Non resta pertanto altro da fare che rispondere alla loro dichiarazione di guerra. A patto, però, di poter contare sulla indispensabile maturità civica per poterlo fare. Ma gli italiani in particolare, dispongono di questa maturità? Stando all'opinione espressa da un grande giornalista come Indro Montanelli, sembra di no. Egli, infatti, così si esprimeva in proposito: “A me l'Italia attuale non piace affatto. Non ha una coscienza morale. Non ha una coscienza civile. E' un Paese di mafie”. Come molti italiani, avevo ritenuto Montanelli troppo severo. Ma oggi mi sono ricreduto, e debbo purtroppo ammettere che aveva ragione.

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