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La tortura anche in Italia, ma non il reato

In occasione della giornata internazionale per le vittime di tortura Amnesty International Italia ha sollecitato per il 23° anno l’introduzione del reato di tortura nel codice penale e ha annuncia l’organizzazione di una manifestazione nazionale a Roma, il 6 ottobre, per chiedere alla polizia diritti umani e trasparenza.

Amnesty International Italia ha rinnovato la richiesta alle istituzioni italiane affinché si colmi un ritardo di quasi un quarto di secolo e s’introduca nel codice penale il reato di tortura.

Colmare questa lacuna legislativa non è un’opzione ma un obbligo che l’Italia ha assunto con la ratifica, nel gennaio 1989, della Convenzione contro la tortura delle Nazioni Unite.

Amnesty ha definito questa la cuna legislativa “grave, incomprensibile e dolorosa”.

Secondo l’organizzazione per i diritti umani “Questa inadempienza è una delle principali cause della sostanziale impunità di cui hanno goduto i rei, e della giustizia negata per le centinaia di vittime delle violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di polizia durante il G8 di Genova del 2001, in particolare all’interno del centro di detenzione di Bolzaneto”. E Amnesty ha aggiunto

“Molti casi, negli 11 anni trascorsi dai fatti di Genova, hanno continuato a chiamare in causa le responsabilità delle diverse forze di polizia per uso eccessivo della forza, inclusi i maltrattamenti in custodia, e per utilizzo improprio delle armi.

Quest’anno, le sentenze della Corte di Cassazione hanno confermato la condanna per l’omicidio colposo di Federico Aldrovandi e quella per l’omicidio volontario di Gabriele Sandri, mentre sono in corso i procedimenti per la morte di Aldo Bianzino, Giuseppe Uva, Stefano Cucchi e Michele Ferrulli”.

E Amnesty International ha anche predisposto un appello indirizzato al presidente del Consiglio e ai presidenti di Camera e Senato, già firmato da 15.000 persone, i cui contenuti saranno al centro di una manifestazione nazionale indetta a Roma sabato 6 ottobre da Amnesty International Italia, insieme alle famiglie di vittime di violazioni dei diritti umani.

Il testo dell’appello che può essere firmato visitando il sito www.amnesty.it è il seguente:

“A undici anni dal G8 2001, che ebbe luogo a Genova dal 19 al 21 luglio, Amnesty International constata con disappunto che le centinaia di vittime delle gravi violazioni dei diritti umani compiute in quei giorni da funzionari e agenti delle forze di polizia non hanno ottenuto piena giustizia, anche a causa della mancanza del reato di tortura nel codice penale e di misure di identificazione degli agenti durante le operazioni di ordine pubblico, come l’uso di codici alfanumerici sulle uniformi.

Diversi casi emersi negli anni trascorsi da quegli eventi hanno continuato a chiamare in causa le responsabilità delle forze di polizia, confermando l’urgenza di misure legislative e istituzionali per la prevenzione delle violazioni.

La condanna definitiva, confermata dal 21 giugno in Cassazione, per omicidio colposo degli agenti responsabili della morte di Federico Aldrovandi durante un fermo nel 2005; la sentenza definitiva per omicidio volontario dell’agente di polizia stradale che nel 2007 esplose il colpo di pistola che uccise Gabriele Sandri; i procedimenti in corso per la morte di Aldo Bianzino, Giuseppe Uva e Stefano Cucchi mentre si trovavano in stato di custodia; le accuse di lesioni, aggressione, sequestro di persona e calunnia agli agenti della polizia municipale che tennero in stato di fermo Emmanuel Bonsu; sono fatti che dovrebbero interrogare profondamente le istituzioni italiane e che confermano l’urgenza di misure legislative e istituzionali per la prevenzione degli abusi.

Le forze di polizia sono attori chiave nella protezione dei diritti umani in ogni paese: hanno, tra le proprie responsabilità, quelle di ricevere denunce su abusi dei diritti umani, svolgere le indagini e garantire il corretto svolgimento delle manifestazioni, proteggendo chi vi partecipa da minacce e violenze. Perché questo ruolo sia riconosciuto nella sua importanza e svolto nella piena fiducia di tutti, sono essenziali il rispetto dei diritti umani, la prevenzione degli abusi, il riconoscimento delle responsabilità e una complessiva trasparenza.

Amnesty International chiede agli Stati di assicurare che le forze di polizia operino nel rispetto degli standard internazionali sull’uso della forza e delle armi, di prevenire violazioni dei diritti umani e di assicurare indagini rapide e approfondite e procedimenti equi per l’accertamento delle responsabilità, quando emergano denunce di violazioni.

In Italia mancano tuttora importanti strumenti per la prevenzione e la punizione degli abusi, quali organismi di monitoraggio sul rispetto dei diritti umani e sui luoghi di detenzione, misure di identificazione degli agenti impegnati in operazioni di ordine pubblico e la previsione del reato di tortura nel codice penale”.

Io invito tutti a firmare l’appello promosso da Amnesty International. E mi sembra particolarmente importante la manifestazione prevista per il 6 ottobre prossimo. E spero che sia l’appello che la manifestazione si rivelino utili per ridurre il fenomeno della violazione dei diritti umani, da parte delle forze di polizia, che appunto anche in Italia esiste e che va combattuto con decisione.

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