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La tempesta e la schiappa. Per non nominare Berlusconi

"Non si tratta di sostituire il vecchio timoniere; il timone, quel millantatore, non ha mai neppure voluto prenderlo tra le mani: era, al massimo, un capitano da bel tempo".

Sono un marinaio, per così dire, di seconda mano. Animato da una grande passione per il mare, ma, ostacolato dalle più banali tra le ragioni, ho navigato assai meno di quanto abbia letto e sentito parlare di vela e di mare.

Alcuni miei amici, però, sono marinai di primo ordine; gente più a suo agio in un pozzetto che in un salotto, con decine di traversate atlantiche alle spalle.

Uno di loro, in particolare, un vero gentiluomo del mare e velista di gran fama, perlomeno ai suoi bei tempi, ha navigato su qualunque specchio d’acqua del mondo che valga la pena navigare o quasi; tutti e sette i sette mari e decine di laghi, compreso quello di casa mia, di cui ricorda perfettamente i venti, Breva e Tivano, partecipando, per un trentennio, a tutte le principali manifestazione veliche, olimpiadi comprese, dagli anni ’50 in poi.

Proprio mentre ero in barca con lui, cinque anni fa, ho avuto il mio unico assaggio di quel che potrebbe essere una tempesta atlantica; in realtà era solo un temporale, ma, per i miei occhi di navigante mediterraneo e ferragostano, l’altezza delle onde e la forza del vento erano del tutto inusitate.

Ero io al timone quando incocciammo in quella sacca di maltempo, mentre Kim, anzi, ul Kim come lo chiamano i suoi conterranei catalani, nonostante le onde di tre o quattro metri del mare di fondo lasciato dal vento teso dei giorni precedenti, schiacciava un pisolino sotto coperta.

Verificò che tutto fosse in ordine, prima di lasciarmi solo, mentre soffiava una brezza leggera che, come le onde, proveniva da meridione, ma, come accade quando deve accadere, appena lui se ne andò il vento rinforzò ed iniziò a girare.

Mi trovai subito in difficoltà; ebbi il buon senso di avvolgere il fiocco e di ridurre la randa, ma timonare in quelle condizioni non era pane per i miei denti; messo da parte l’orgoglio, che porto con me in dosi minime su una barca, pensai di andare a chiamare il vecchio lupo di mare.

Non ce ne fu bisogno; bastò che prendessi male un’onda perché Kim apparisse al mio fianco. Non mi disse nulla; prese il timone dalle mie mani come se fosse la cosa più ovvia del mondo, e lo era, e, mentre iniziava a piovere, mi fece correggere la vela.

Un’ora dopo o poco più eravamo gia fuori dal temporale; il vento era calato e aveva smesso di piovere.

Io non mi ero mai divertito tanto in via mia; sentire tutta quell’energia attorno a me, sentire la barca impennarsi e precipitare tra le onde, era stato elettrizzante.

Con Kim al timone, non ebbi mai il minimo timore; lui sapeva quel che faceva, ne aveva vista d’infinitamente peggio, e, con la sua voce ed il suo comportamento calmissimi, lo comunicava senza bisogno di proclamarlo.

In realtà, mi disse poi, aveva avuto dei momenti di difficoltà; mi aveva chiesto una sigaretta, ad un certo punto, di cui era riuscito a fumare un paio di boccate prima che fosse completamente zuppa e, mi fece notare, lui non fumava mai.

Nessun pericolo, mi spiegò, ma una situazione che aveva richiesto, come ogni tempesta, tutta la sua attenzione.

Finché si può mantenere un po’ di vela al palo, finché la barca ha una sua velocità rispetto alle onde, mi ripeté, un bravo timoniere può navigare in qualunque mare; basta mantenere la calma e... averne viste un po’.

“E un timoniere con le mie capacita, che potrebbe fare, davanti a un vero uragano?”.

Mi sorrise: “Ammainare tutto, scendere sotto coperta, chiudere il tambuggio e pregare cha passi”.

Perché vi ho raccontato questa storia di mare?

Perché il timoniere della barca Italia si è comportato, davanti alla tempesta finanziaria come una schiappa par mio al timone di un 48 piedi.

Si è trovato subito in difficoltà, con la barca che è stata colta dal mal tempo quando era già alla deriva, con le vele della crescita economica già ammainate e con il PIL già fermo e, davanti all’incalzare del vento, anziché lottare per mantenere la rotta si è rinserrato sottocoperta.

Ha chiuso il boccaporto dell’informazione per impedire al resto dell’equipaggio di vedere quel che accadeva là fuori, ha raccontato prima a se stesso e poi agli altri che tutto andava al meglio, e ha sperato che per un qualche miracolo il tempo volgesse al bello.

Prima che la barca vada a fondo, se non vogliamo essere ridotti a pregare, dobbiamo trovare un Kim da mettere al timone.

Non si tratta di sostituire il vecchio timoniere; il timone, quel millantatore, non ha mai neppure voluto prenderlo tra le mani: era, al massimo, un capitano da bel tempo.

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