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La stolta miopia che uccide l’Europa

Mario Monti, nella conferenza stampa di sabato a Cernobbio, alla presenza del presidente del Consiglio UE Herman Van Rompuy, ha annunciato la richiesta italiana di una riunione dei Capi di Stato e di governo dei paesi dell’Unione per affrontare l’ondata di anti-europeismo che si sta alzando in questi anni difficili.

E’ una tendenza naturale dell’uomo, quella di barricarsi quando avverte un pericolo. L’ha fatto nelle proprie caverne, ville rustiche, castelli e fortezze nel corso della storia e non è sorprendente che molti, davanti ad un futuro tanto incerto, vogliano tornare a farlo, dentro i confini tribali, solo un parzialmente allargati, dello stato nazionale.

Altrettanto ovvio è che molti, specie tra chi ha meno strumenti per comprendere la realtà delle cose, cerchino dei capri espiatori cui attribuire la responsabilità dei propri problemi. L'Europa, intesa come l’ente astratto di cui parlano tanti euroscettici, in questo è, anzi, un passo avanti rispetto a streghe, untori e "perfidi" giudei del passato.

Non rappresenta, invece, alcun progresso il ritorno all’uso di stereotipi, peraltro mai dimenticati, da parte anche di chi si dice europeista.

E’ questo, in particolare, che nei mesi scorsi mi ha riempito d’amarezza.

Leggere, anche da parte di penne della sinistra, commenti sulla natura dei “tedeschi”, nientemeno che sul loro desiderio innato di dominare il mondo, mi ha fatto tanto male quanto sapere oggi che secondo Alexander Stubb, ministro finlandese degli affari europei, i popoli mediterranei sarebbero “inguaribilmente pigri”.

Se è con questa forma mentale che si vuole contribuire alla costruzione dell’Europa, per i nostri figli e nipoti, ci sono ben poche speranze; saranno costretti a scannarsi, prima o poi, in un’altra inevitabile guerra fratricida o, nella migliore delle ipotesi, a sopravvivere degli avanzi che cadranno dalle mense delle grandi potenze del mondo di domani.

Ho, da sempre, il massimo disprezzo per quei politicanti che, sfruttando le paure e i pregiudizi, si atteggiano a eredi spirituali dei dittatori cui l’Europa si affidò per uscire dalla sua ultima crisi prima di questa. Ho però anche pochissimo rispetto per l’intelligenza di chi, magari senza volerlo, ripropone i loro stessi ragionamenti. Di più, mentre al prezzo di due guerre mondiali e un centinaio di milioni di morti, l’opinione pubblica europea sembra ver sviluppato degli antidoti alla propaganda nazionalista e razzista più becera, è grazie a questi “utili idioti” che blaterano di “francesi” o “inglesi”, anche quando trattano questioni economiche e politiche, che si perpetuano incomprensioni e ostilità. Sono i loro messaggi, fondati su risaputi luoghi comuni, che si fanno strada nella coscienza dei cittadini.

Ignorare la complessità e diversità delle posizioni, all’interno delle grandi democrazie europee e ridurre tutto a identità nazionali è semplicemente volgare. Arrivare ad attribuire colpe collettive a un intero popolo, sulla base del comportamento degli antenati, anche nell’ipotesi assurda che questi siano stati una massa assolutamente omogenea, è semplicemente razzista; frutto di uno pseudo-ragionamento che vale, dal punto di vista logico, quanto quello nazista a proposito delle colpe storiche e del carattere irredimibile della “razza ebraica”. 

Esagero? Certe valutazioni sono dovute a semplice leggerezza? Ma è proprio in questa facilità ad affrettare giudizi che risiede il pericolo più grave per l’unità europea, oltre che nella superficialità di chi riduce il dibattito sull’Europa a una mera questione di convenienze nel brevissimo periodo; ai politicanti che fanno dipendere un processo di portata storica dalla salita o discesa di questo o quell’indice dei mercati, degni rappresentati di tanti cittadini che ancora non hanno capito d’essere, in prima persona, l’Europa.

Non so quali misure potranno prendere i Capi di Stato e di governo per reagire al diffondersi dei movimenti ultra-nazionalisti. So che bisognerebbe trovare il modo di infilare sul naso di tanti europei, e specie di quelli che hanno delle responsabilità, nel mondo dell’informazione come nella politica, un bel paio di occhiali. Di quelli con lenti bifocali: per guardare un po’ più lontano nel futuro e un po’ meglio, da vicino, ai propri pregiudizi.

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