• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tribuna Libera > La resa di Fini, la proposta di Bertinotti e la qualità della nostra classe (...)

La resa di Fini, la proposta di Bertinotti e la qualità della nostra classe politica

"Il danno più grave della corruzione insita nella seconda repubblica sta nell’aver selezionato un personale politico per buona parte di valore assai modesto, di cui si può dire tutto tranne che sia il meglio che la società italiana può esprimere".

Mi ha lasciato esterrefatto, tra le notizie del fine settimana, quella del patto tra i partiti per presentare “liste pulite” proposto da Gianfranco Fini. Un’iniziativa che è per tutta la nostra politica (capi, partiti ed elettori) quel che dev’essere stato, per la pubblica amministrazione greca, istituire un premio per chi si presentava al lavoro in orario: l’ammissione della propria incapacità di essere anche solo normale. Una confessione che suona ancora più grave arrivando in questo momento, non tanto per gli scandali quanto perché i partiti si stanno dimostrando incapaci di affrontare i temi dell’economia, lasciati ai margini dei loro dibattiti. Una scelta dovuta non solo a calcolo elettorale (ricette indolori per uscire dalla crisi non ve ne sono; non di indolori per tutti), viene il sospetto, quanto all’impossibilità, da parte di molte delle loro figure di vertice, di comprendere, anche solo a grandi linee, i termini di tali questioni.

Il danno più grave della corruzione insita nella seconda repubblica è proprio in questo, prima ancora che negli sprechi scandalosi: nell’aver selezionato un personale politico per buona parte di valore assai modesto, di cui si può dire tutto tranne che sia il meglio che la società italiana può esprimere.

Per questa ragione, prima di ogni altra, mi trovo d’accordo (e credo sia la prima volta che mi succeda) con Fausto Bertinotti che ha proposto lo scioglimento dei partiti esistenti; una scelta estrema che però avrebbe anche il pregio di permetterci di rimediare all’errore che commettemmo dopo tangentopoli, nel gettare al vento, assieme ai partitocrati, anche i vecchi partiti e le loro storie.

Avremmo invece dovuto tenere questi, perché davano una fotografia quasi perfetta delle nostre idee politiche, e quelle, perché rendevano possibile a quasi tutti noi d’identificarsi con un partito. Non solo; la società italiana è cambiata negli ultimi vent’anni, ma non al punto da non poter essere descritta, ovviamente con percentuali tutte da vedersi, con quegli stessi aggettivi: liberale, socialdemocratica, e così via.

I movimenti politici nati dal collasso della prima repubblica, invece, senza altra storia se non quella del loro padre fondatore e, comunque, dominati da ristrette élite di soliti noti, si sono rivelati incapaci di rappresentare un’ampia fetta dell’elettorato (il nostro primo partito è quello degli astenuti). Senza radici eppure zeppi, specie a livello locale, dei peggiori tra gli esponenti della vecchio regime, appaiono ormai alla maggioranza dei cittadini come creature del tutto artificiali; merendine politiche prodotte con ingredienti stantii che si è cercato di rendere appetibili con nuove e più sgargianti confezioni.

Rifondando i partiti, e la misura sembra improcrastinabile salvo rischiare che l’attuale crisi di rappresentanza non diventi terminale per la nostra democrazia, dobbiamo cambiare radicalmente questo stato di cose. Nuovi soggetti politici nati dal nulla per offrire uno strapuntino ai comprimari della seconda repubblica sono inutili; servono invece partiti radicati nella storia politica del nostro paese e in cui i capi di oggi abbiano, al massimo, ruoli di secondo piano.

Partiti (e questo dovrebbe essere il pre-requisito per aspirare ad avere i nostri voti) dalla cristallina democrazia interna e capaci di offrire, ad ogni cittadino che desideri intraprenderlo, un percorso chiaro per la partecipazione alla vita politica attiva: l’unico modo per trasformare l’attuale pseudo-democrazia dei nominati (che tale resterebbe anche se tornassero le preferenze tra candidati scelti dai vertici dei partiti) in una democrazia degli eletti.

In una democrazia.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares