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La privatizzazione della politica estera

La politica estera italiana è un affare privato o una scelta politica? Le rivelazione di wikileaks hanno posto con prepotenza questo problema sul tappeto.

Per i diplomatici americani:

  • “tra Berlusconi e Putin intercorre una relazione stretta che include anche regali generosi,contratti energetici redditizi”;
  • “Berlusconi sembra essere il portavoce di Putin.

E certamente questi sono solo rumors, chiacchiere, sono solo giudizi di un funzionario, e per di più non impegnano il governo americano. Riesce difficile immaginare un Presidente del Consiglio al servizio di Putin per amicizia e per danaro. Troppo gravi le accuse per essere vere. D’accordo, ma se ai giudizi seguono azioni coerenti dell’esecutivo, vuol dire che valutazione del funzionario viene condivisa e fatta propria dal Governo. E in tal caso, i report diplomatici acquistano ben altro peso, diventano macigni. Mai come in questo caso, vale il detto le parole sono pietre, specie se confortate da iniziative politiche.

E allora qualche dubbio comincia a insinuarsi e a rodere come un tarlo la mente delle persone, e viene in mente il conflitto di interessi nei media. Ciò che è impensabile diventa plausibile: un conflitto di interessi in politica estera. Ma per quanto privati del loro valore politico, i report dei diplomatici son pur sempre il frutto di indagini serie a cui bisogna dare un minimo di credibilità, o quantomeno ritenere che essi aiutino a capire il significato e il valore delle iniziative politiche dell’esecutivo americano.

Partiamo dunque da un fatto anticipato dal sito wikileaks e pubblicato dal settimanale Der Spiegel, fino ad oggi non smentito. Il fatto che Hillary Clinton ha chiesto alle ambasciate americane a Roma e a Mosca informazioni su eventuali investimenti personali di Putin e Berlusconi, che possano condizionare le politiche estere o economiche dei rispettivi Paesi.

Quale il significato e il valore di tale richiesta?

Per vederci chiaro, basta leggere l’intervista al Corriere dell’ambasciatore americano David H.Thorne del 16 settembre 2009, nella quale si ricordava il suo intervento davanti alla Commissione Esteri del Senato Americano: ”Anche se Usa e Italia cooperano su numerosi temi, ci sono comunque alcune posizioni della politica estera italiana che continuano a preoccuparci”.

Si riferiva al ruolo attivo dell’Italia nella determinazione sulla dipendenza energetica dell’Europa da un’unica fonte: la Russia.

Una lettura ragionata di questa intervista, dei giudizi dei diplomatici americani, ci consente di capire le ragioni e il significato della richiesta. In sostanza segretario di Stato USA voleva sciogliere due interrogativi: la politica estera italiana è cambiata da filoccidentale a filorientale? È figlia di una scelta politica o di un interesse personale?

La preoccupazione statunitense riguarda:

  • il rischio che la Russia, un Paese per di più considerato in mano alla mafia, possa scalzare gli USA nella posizione egemonica in Europa;
  • l’incontrollabilità politica del ruolo attivo dell’Italia in questa operazione.

Una preoccupazione fondata, giacché la dipendenza economica da un’unica fonte energetica diventa dipendenza politica. E d’altra parte se connotazioni personali motivano la posizione italiana, diventa difficile per non dire impossibile ogni rimedio politico.

 E ciò significa un USA fuori dal gioco politico europeo.

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