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La principessina, il rospo Silvio e la nostra "democrazia"

Probabilmente avrete sorriso con me, vedendo Maria Carmela D’Urso detta Barbara, principessina un po’ frolla dei pomeriggi televisivi, “baciare” il plasticoso e gonfio batrace che si è ridotto ad essere Silvio Berlusconi, nel tentativo di farlo ridiventare quel principe azzurro che, a tempi suoi belli, neppure cinque anni fa, era arrivato a far innamorare di sé, anche secondo i sondaggi più imparziali, il 60% degli italiani.

Forse quel vostro sorriso avrà come il mio piegato gli angoli verso il basso, diventando di compassione, vedendo il poveretto recitare, sotto uno strato di cerone di spessore geologico, il solito repertorio, dalla persecuzione giudiziaria al pericolo della vittoria “delle sinistre”, come accade per certi cantanti di una sola estate, costretti a ripetere per tutta la carriera il loro unico successo. Addirittura patetica vi sarà sembrata la scontatissima battuta sull’abolizione dell’Imu: gli italiani avranno ormai capito, vi sarete detti, che i soldi non nascono dal nulla e quel che non si paga oggi si rischia di doverlo pagare moltiplicato domani.

Se così è stato, avete commesso il mio stesso errore; non avete considerato che quella comparsata era solo l’inizio di una campagna martellante, tanto più efficace perché avverrà in un paese dove quasi non si leggono quotidiani (una copia ogni undici abitanti su tutto il territorio nazionale; una ogni ventiquattro in alcune zone del meridione) e dove la televisione generalista, che avrà pure i decenni contati, resta determinante nella formazione delle intenzioni di voto di circa settanta cittadini su cento.

Secondo una ricerca condotta dal Censis dopo le europee del 2009, erano addirittura il 78,7%, tra i pensionati, quelli che decidevano che votare in base alle informazioni ricevute dalla TV. E la Rete, questo strumento meraviglioso, che ci fa sentire tutti protagonisti? Sarà importantissima domani, ma nel 2009, sempre secondo quello studio, la usava per informarsi solo il 2% di noi; di che dire che per il momento, fosse pure raddoppiata quella percentuale, continua a contare davvero poco e quasi nulla presso quegli anziani, in larghissima maggioranza analfabeti informatici, che rappresentano la fascia demografica più ampia della nostra società.

“La televisione non conta”, disse l’intelligenza più sopravvalutata delle sinistra. Che invece conti ancora moltissimo, lo affermano proprio i dirigenti Mediaset, quando promettono ai propri clienti di cambiare, con la pubblicità, le abitudini di consumo degli italiani. Votare non è scegliere una marca di tonno o di maionese? Certo che no, e spero sia più difficile indurre un elettore a cambiare il proprio voto che convincerlo a provare un nuovo dentifricio. Le elezioni, però, si decidono per pochi punti percentuali e per vincere basta spostare da una parte all’altra solo qualche indeciso: qualcosa ampiamente alla portata della TV, soprattutto quando maschera da informazione quella che è di fatto pubblicità elettorale.

Detto questo e ricordate quelle cifre, non abbiamo più alcun motivo di sorridere. Silvio Berlusconi, per pessimo che sia stato come presidente del Consiglio, per ridicola che sia potuta apparire la sua esibizione accanto alla signora D’Urso, resta l’uomo più potente del nostro paese; è il monopolista della televisione privata, controlla buona parte di quella pubblica e può decidere delle uniche informazioni, e degli unici commenti, a cui ha accesso la maggioranza dei cittadini. Un potere già dimostrato in troppe occasioni. Una? Quando Romano Prodi, un vero galantuomo, fu trasformato in uno zimbello, arrivando ad essere, agli occhi degli italiani, l’incarnazione di tutti i mali del paese.

Un potere costituitosi grazie al padrinaggio del peggio della prima repubblica e che va demolito (con una legge antimonopolio sulla pubblicità?) alla prima occasione. Per odio verso Berlusconi? No, per amore dell’Italia e della democrazia. Mediaset, infatti, è quotata in borsa. Oggi la controlla la famiglia Berlusconi; domani potrebbe finire nelle mani di personaggi, magari finanziati da paesi ostili, che la usino a danno del nostro. Un rischio al momento remoto, ma certo non impossibile; esattamente il tipo di eventualità di cui avrebbe già dovuto tener conto la politica, se avesse avuto a cuore esclusivamente gli interessi a lungo termine dell’Italia.

La democrazia, inoltre, funziona solo se più fonti, dando una rappresentazione quanto più possibile completa della realtà e delle sue possibili interpretazioni, concorrono a formare quell’opinione che i cittadini esprimono col voto. La nostra, fino a che durerà il monopolio (o al massimo il duopolio) televisivo resterà una “democrazia” ostaggio del padrone delle tivù e dei suoi amici. Non tutti, necessariamente, dentro il suo partito.

Commenti all'articolo

  • Di Andrea Prati (---.---.---.246) 18 dicembre 2012 22:03
    Andrea Prati

    È profondamente vera l’analisi proposta dall’autore nell’articolo: molte persone formano la propria opinione politica 5 minuti prima di votare guardando la tv. Ora per tanti avverrà questo collegandosi al web, dove problemi complessi vengono spiegati in un tweet.. Però rispetto ad anni fa la disillusione di tante persone è maggiore e credo/spero che tutte le falsità proposte da Berlusconi non troveranno il consenso che lui spera..

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