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La pigrizia e la sottovalutazione. Quei giornali “di razza” che si perdono la vera notizia su Lady Gaga

Un po’ di disattenzione, molta pigrizia. E poi presunzione. Se si analizza con lucidità il sistema informativo italiano alla fine tutto si riduce a questo. Perfino, e soprattutto, per quei giornali che (e qui la presunzione) pretendono di essere voce libera, fucina di talenti di buon giornalismo. E invece, travolti dalla vanità, si perdono queste testate autonominatesi libere a rimirarsi davanti allo specchio. Disattenzione, pigrizia e presunzione. E poi incapacità di leggere le notizie, percepire davvero cosa si muove nella società. Non voglio dare lezioni a nessuno. Ma non posso non constatare la “nostra” pochezza.

Faccio l’esempio di una vicenda che sto seguendo molto da vicino per ragioni professionali. Da alcuni giorni è iniziato a Roma l’Europride 2011. Si tratta della più grande manifestazione del movimento Lgtb europeo che, non a caso, si svolge quest’anno in Italia. Non a caso perché è davanti agli occhi di tutti che in Italia la politica, i media e perfino il mondo dell’impresa considerino milioni di cittadini omossessuali, lesbiche, trans e perfino bisessuali come italiani di serie B. Dove una legge di buon senso come quella sull’omofobia non passa e dove si lascia un sottosegretario del calibro di Giovanardi senza museruola. Non a caso, quindi, l’Europride a Roma. Nell’era del bunga bunga e delle barzellette sui “froci”. Una roba questo Europride, profondamente politica. Di quella politica alta che parla di diritti e cittadinanza. Una roba maledettamente seria. E come lo trattano i media, quando lo trattano? Come un fenomeno di costume, se c’è qualche nome da spendersi come un evento di spettacolo. Si sa, i gay sono tutti modaioli e bravi a dare e fare spettacolo. Party e sfilate, icone e pop. Come i negri che hanno il senso del ritmo o i romeni che sono tutti criminali, i mussulmani tutti terroristi e i latinoamericani che senza la siesta quotidiana sono persi.

A dire il vero anche un settore non marginale del mondo gay si è adattato all’immaginario semplificato dei giornali e delle televisioni italiane e ha dismesso le bandiere dell’orgoglio e dell’impegno civile per i diritti per cercare di occupare spazi nel flusso informativo attraverso un’immagine leggera, festaiola, patinatamente trasgressiva quando dice bene. Trovare uno spazio nella rappresentazione attraverso una riduzione. Perdendo di vista la politica per ricercare una sorta di accettazione attraverso un’immagine rassicurante di eccentricità presunta. Non credo che sia stata una scelta, però. Credo che sia stato inevitabile dare di sé una rappresentazione così semplificata davanti alla sordità della politica e del sistema dell’informazione italiano. Adattamento che poi è diventata prassi. E i diritti? E la rivendicazione di esistere per ciò che si è e non per ciò che si cede? Quelli dopo, se c’è tempo. Se ce lo concedono.

Fortunatamente non è così per la stragrande maggioranza delle persone (preferisco chiamarli cittadini) Lgtb. Il movimento c’è, le persone ci sono, la politica è e rimane una cosa seria, centrale. Si tratta di una questione di civiltà. Di diritti umani e civili irrinunciabili. Una questione che riguarda tutti e non solo una “minoranza”.

Ma andiamo a vedere da vicino l’esempio, o meglio il caso, che mi ha spinto a scrivere queste righe. Lady Gaga. Wow! Lady Gaga, la super pop star all’Europride! Che titolo! “Lady Gaga all’Europride”. Che meraviglia. Se andava al family Day si titolava “Lady Gaga al Family Day”. Tutti uguali e allineati, confusi e disinformati negli articoli. Pop, costume, qualche prurito in attesa di qualche exploit della “ragazza d’oro”. Fine. Europride diventa solo un luogo, quasi il nome di un club. Di un palasport riadattato per l’esibizione. Non è più la parata dell’orgoglio e della rivendicazione della propria esistenza. I diritti negati sono oscurati. Si parla invece di corpi di ballo (che non ci sono), di un esercito di accompagnatori (che non ci sono), di assegni milionari (che non ci sono), di esclusive televisive (che non ci sono). Show biz. Business. Costume. Tutto il resto? Leggendo i titoli non c’è.

E invece c’è. Eccome se c’è. Ma il sistema dei media italiani (e in particolare di quelle testate che uno vedrebbe amiche e comunque attente a quello che si muove nella società) si perde. Collaboro con l’ufficio stampa del Pride (così chiariamo la questione “professionale”) e ieri mi sono ritrovato a rispondere a domande “ma quanto è stata pagata?”, “va in televisione? E dove? Da Conti o a Mediaset?”, “quante persone di scorta ha?”, “dove dorme?” e così via da colleghi di testate che pur definendosi amiche e attente da settimane ignorano il Pride, non mandano giornalisti, non fanno interviste, non chiedono informazioni, ignorano programmi e documenti. Cioè, dei gay ne parlo solo se ho tempo dopo aver raccontato per mesi del colore delle mutande di Ruby, ma se mi porti Lady Gaga corro a chiederti… stronzate.

Allora chiariamo un paio di cose. Lady Gaga viene gratis, non ha nessuna corte che l’accompagni se non un ridottissimo numero di collaboratori, si è messa a disposizione del comitato organizzatore dell’Europride per esprimere vicinanza con le istanze Lgtb. Punto. Tutto questo avviene a sue spese. Neanche il rimborso per sé e per i suoi. Lo fa perché è una “militante” ancor prima che una pop star, e utilizza la sua enorme visibilità per sostenere, in Italia, a Roma, le richieste legittime della comunità Lgtb.

Inoltre. Nel creare le condizioni della sua partecipazioni alla parata dell’11 giugno ha giocato un ruolo e non marginale l’ambasciata statunitense a Roma, o meglio l’intervento diretto dell’ambasciatore Thorne, di concerto e con l’assenso implicito del Dipartimento di Stato (quella roba piccola piccola guidata da una certa Hillary Clinton), accogliendo un appello dell’associazionismo Lgtb italiano e (sarà un caso?) il tutto è avvenuto proprio nei giorni in cui il parlamento italiano bocciava una norma di semplice buonsenso sull’omofobia e i gay diventavano obiettivo denigratorio della campagna elettorale in corso per le amministrative in compagnia dei magistrati, dei comunisti/ladri di macchine/terroristi e dei “negher” e “marocchini” che sono buoni solo se vanno alle feste del premier in perizoma.

Questa roba qua (ammessa perfino parzialmente in un comunicato dell’ambasciatore Thorne) avrebbe scatenato qualsiasi giornalista e testata non pigra e autoreferenziale. Perché la notizia c’è. E non è la presenza di Lady Gaga all’Europride. La notizia ed è enorme e devastante nello scenario sociale e politico italiano è il “come” Lady Gaga sia arrivata all’Europride. A dire il vero qualcuno se n’è accorto, ma non chi si presume (o meglio pretende) di dare lezioni di buon giornalismo. Ieri ha vinto il mestiere. Cioè l’istinto del buon cronista (ci sono degli ottimi articoli in rassegna stampa) e non quello dell’autonominatosi “grande giornalista”. Il “grande giornalista” duro e puro ha continuato a occuparsi delle mutande di Ruby e delle crostate di Bossi. Anche se il piatto della notizia, quella vera, era stata offerta su un piatto d’argento.

Poi non lamentiamoci della pochezza della nostra politica quando il “cane da guardia” non trova neanche l’adesivo della dentiera.

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