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La parola a... Alessandro Gassman

Tra un’ora si va in scena, Alessandro è seduto in platea, discute gli ultimi dettagli e osserva il palcoscenico. L’interruzione non lo indispone, da perfetto padrone di casa crea subito un clima piacevole.

"La parola ai giurati", il suo ultimo lavoro, in scena al Teatro Manzoni di Milano fino a fine mese, è un successo di critica e pubblico, uno spettacolo corale dai meccanismi perfettamente oliati. Eppure lui, il regista, ancora perfeziona. A differenza di suo padre, Alessandro ragiona sui dettagli. Certo anche Vittorio era pignolo, detestava la dizione imperfetta, ma lavorava più di pancia.

Abbiamo 20 minuti di tempo per parlare e finiamo a discutere del rapporto tra suo padre e Luchino Visconti. Perchè Gassman, Alessandro, col suo rendere le atmosfere al dettaglio, ha molto di Visconti.

Del Maestro e di suo padre la letteratura racconta di un amore-odio, di un rapporto conflittuale, che avrebbe visto due caratteri forti scontrarsi in più occasioni.

La collaborazione tra Vittorio e Luchino inizia nel 1945 e prosegue a fasi alterne per 13 anni. Poi basta; entrambi passano al cinema, smettono di cercarsi professionalmente. Voci di corridoio dicono che non fosse facile per due protagonisti come loro convivere. Verò è che Vittorio ha rifatto l’Oreste di Luchino passando da protagonista a regista, che Luchino era uno che odiava i mattatori - e chi più di Vittorio era degno di questo appellativo? - , ma altrettanto vero è che, pur di averlo come primo attore, Luchino ha tradito la sua vena realista per dirigere opere compromesso, espressamente richieste da Vittorio, con un impianto quasi barocco.

Alessandro incarna i geni paterni e la meticolosità viscontiana. Sfata il mito che vorrebbe i due in contrasto, la componente dominante nel rapporto tra i due, dice, era la stima. Due caratteri forti inevitabilmente stridono, ma i rapporti sono sempre stati ottimi, di amicizia.

Mi racconta un aneddoto, che suo padre gli riportò a proposito del personaggio Visconti e che aiuta a capire il livello di confidenza tra i due: Vittorio, sul letto di morte di Luchino, per alleviarne la tristezza, scherzando e alludendo all’omossessualità di Visconti, chiese perchè non gli avesse mai fatto avance. Visconti, moribondo, rispose ironicamente "Sciocco, è che non te ne sei mai accorto"...

La distanza professionale potrebbe essere dipesa dalla frustrazione che suo padre provava, soprattutto a teatro, dal non avere totale libertà interpretativa. Alessandro tradisce in questo affinità col carattere paterno: anche lui è passato alla regia perché soffre le imposizioni, per poter scommettere su se stesso come forse non farebbero altri. In quest’ultimo lavoro si è riservato un ruolo di buono, che normalmente la sua fisicità allontanerebbe.


Le atmosfere retrò invece, più vicine all’epoca paterna, sembrano essere un fil-rouge, adatte a lui, così come la vicinanza a un tipo di teatro di impronta cinematografica. Sia questo spettacolo che "Delitto per delitto", lavoro teatrale del 2002 con Giuseppe Fiorello, per la regia di Benvenuti, rispecchiano queste caratteristiche.

Alessandro spiega che questo tipo di ambientazione, oltre ad attirarlo da un punto di vista estetico, gli permette di effettuare un’operazione di attualizzazione.

La parola ai giurati
è un testo sulla necessità liberarsi da sovrastrutture per formarsi un’opinione sull’altro. Attraverso la storia di un processo parla di razzismo e di come la scelta relativa a una condanna o un’assoluzione non possa essere operata in presenza di pregiudizio. Parla della pena di morte, parla della necessità di una giustizia uguale per tutti, certamente temi politicamente ed eticamente attuali, se si pensa alla questione Rom o al discusso Lodo Alfano.

Alessandro è consapevole e cerca in parte questo contatto. Il teatro è mimesi e deve far crescere lo spettatore. Il contatto forse lo trova, perché il pubblico all’uscita è visibilmente toccato. L’opera è ben costruita, ha ritmo e contenuto, tutti e 12 gli attori meritano i lunghi applausi finali.

La scommessa di Gassman su se stesso è in questo caso sicuramente vincente.

 

"La parola ai giurati" di Reginald Rose - Regia di Alessandro Gassman è in cartellone al Teatro Manzoni di Milano fino al 30 novembre
 

Di Ilaria Di Napoli

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